K metro 0 – Varsavia – Negli ultimi mesi le spaccature politiche presenti in Polonia si sono ampliate, contrapponendo nettamente da un lato i conservatori, che per la maggior parte sostengono il governo, e dall’altro i liberali, che accusano il governo di minacciare il sistema democratico, compresa la trasparenza della magistratura e dei media. Il
K metro 0 – Varsavia – Negli ultimi mesi le spaccature politiche presenti in Polonia si sono ampliate, contrapponendo nettamente da un lato i conservatori, che per la maggior parte sostengono il governo, e dall’altro i liberali, che accusano il governo di minacciare il sistema democratico, compresa la trasparenza della magistratura e dei media.
Il recente assassinio del popolare sindaco di Danzica Pawel Adamowicz, critico delle politiche anti-immigrazione del Partito di Giustizia e della Giustizia, ne è la dimostrazione lampante, apice di un’atmosfera di tensione politica in cui l’incitamento all’odio e le minacce ai rivali sono l’ordinaria amministrazione. Non è stato un caso che il killer del sindaco, immediatamente dopo averlo pugnalato, abbia urlato al microfono che era stato mosso da un sentimento di “vendetta politica”. Già in precedenza, comunque, Adamowicz era stato spesso preso di mira e denigrato, per la sua aperta accettazione di rifugiati e omosessuali, senza contare le minacce di morte fatte alla sua famiglia.
I polacchi stessi parlano di “due tribù” nel loro paese: percepiscono che vi sia un’oggettiva divisione interna, che è più grande di quanto non sia mai stata dagli anni ‘80 quando il regime comunista appoggiato dai sovietici cercò di schiacciare il movimento per la libertà solidale imponendo la legge marziale.
Tra problemi che toccano immigrazione, confini e aborto, fino ai diritti dei gay e delle donne e la tutela delle minoranze religiose, la Polonia non è altro che un micro-specchio delle lotte politiche di tutta Europa e dintorni. Del resto, l’attuale governo polacco si sta allineando alle politiche populiste, conservatrici o nazionaliste che si sono sviluppate negli Usa, con Donald Trump, in Israele, con il primo ministro Benjamin Netanyahu, e in Ungheria, con il tanto discusso Viktor Orban.
È probabile che l’onda d’urto dell’odio e del fomento popolare, sia partita con le elezioni del 2015, quando il partito Legge e Giustizia ha ottenuto la maggioranza, contro il partito centrista, spodestandolo dopo 8 anni. All’epoca, Il leader del partito Jaroslaw Kaczynski aveva assunto una dura posizione, sia nel contrasto della corruzione che contro i migranti musulmani, definendoli “parassiti e protozoi” pericolosi per la popolazione nativa europea. Nonostante le ampie critiche ricevute dall’opinione pubblica, per il suo linguaggio, spesso politically uncorrect, l’anno scorso si è sviluppata in Polonia un’onda di antisemitismo acuta, portata avanti anche da personalità pubbliche di spicco, rendendo normale quello che umanamente non dovrebbe essere, e provocando episodi violenti in gran numero.
Dopo l’omicidio di Adamowicz, i pubblici ministeri sono stati ampiamente criticati per non aver indagato sulle minacce di morte ai politici, che nel caso del sindaco risalivano a ben due settimane prima. Nel frattempo, il primo ministro Mateusz Morawiecki ha incontrato i leader dell’opposizione e ha sollecitato un maggiore “rispetto reciproco” nel dibattito pubblico, ma la televisione di stato continua a denigrare gli avversari ideologici: un episodio della settimana scorsa ha visto alcuni giornalisti scagliarsi contro Rafal Pankowski, un sociologo e capo di Never Again. Uno di loro lo ha definito una persona “terribile”, tra quelli “che vivono di odio per la propria patria”.
Pankowski, che sarà onorato dalla Lega Antidiffamazione la prossima settimana per il suo lavoro contro l’antisemitismo, ha criticato il “clima di odio nell’aria” e il fatto che i soldi dei contribuenti finanzieranno tale “propaganda crassa”.
di Tosca Di Caccamo