K metro 0 – Roma – Nonostante l’enorme richiesta di aiuti da parte delle famiglie affamate, la Wefaq Association for Women and Childcare (Wefaq) ha dovuto interrompere la preparazione di pasti caldi per le persone sfollate nella zona centrale di Gaza. La causa? La mancanza di combustibile per cucinare. Secondo un comunicato di ActionAid, anche
K metro 0 – Roma – Nonostante l’enorme richiesta di aiuti da parte delle famiglie affamate, la Wefaq Association for Women and Childcare (Wefaq) ha dovuto interrompere la preparazione di pasti caldi per le persone sfollate nella zona centrale di Gaza. La causa? La mancanza di combustibile per cucinare.
Secondo un comunicato di ActionAid, anche durante la tregua il combustibile è entrato in quantità inferiori a quelle concordate. Ora, almeno dieci cucine comunitarie in tutta Gaza hanno chiuso per l’esaurimento delle scorte di carburante e i continui bombardamenti, come riportato dall’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari (Unocha).
Buthaina Subeh, direttrice di Wefaq e partner di ActionAid a Gaza, descrive una realtà drammatica: “A Gaza non entra nulla: né cibo, né gas, né farina. Molte organizzazioni hanno dovuto interrompere le attività perché non c’è né gas né legna per cucinare. Con le ultime scorte disponibili, abbiamo preparato 500 pacchi alimentari e li abbiamo distribuiti. È poco, ma meglio di nulla. Sappiamo che molte famiglie non possono cucinare, ma questo è tutto ciò che possiamo offrire. Le donne e i bambini ci chiedono aiuto: soffrono la fame, i bambini urlano perché non c’è nulla da mangiare”.
Il costo del cibo è ormai fuori controllo: un semplice cesto di verdure può arrivare a 150 dollari. I magazzini sono quasi vuoti, e nei mercati i prodotti stanno scomparendo. Inoltre, la distruzione dei terreni agricoli e la mancanza di carburante impediscono la distribuzione del poco cibo coltivato.
Buthaina Subeh conferma la difficoltà della situazione: “Le merci stanno per finire e quelle che ci sono hanno prezzi inaccessibili. Nonostante questo, faremo tutto il possibile per aiutare la popolazione con le poche risorse rimaste”.
Dallo scorso martedì, con la ripresa dei bombardamenti intensivi su Gaza, quasi 800 persone, tra cui molte donne e bambini, hanno perso la vita. Dall’inizio del conflitto, il bilancio delle vittime ha superato i 50.000 morti, mentre più di 142.000 persone hanno dovuto lasciare tutto per fuggire.
Anche gli operatori umanitari sono a rischio: negli ultimi giorni, almeno otto operatori sono stati uccisi mentre cercavano di prestare soccorso.
ActionAid lancia un appello urgente: con le scorte alimentari agli sgoccioli, la popolazione di Gaza rischia di morire di fame se gli aiuti umanitari non verranno lasciati entrare immediatamente.
“Gaza sta vivendo una catastrofe senza precedenti, e la situazione peggiora di giorno in giorno”, dichiara Riham Jafari, responsabile advocacy e comunicazione per ActionAid Palestina.
“Il nostro personale e i nostri partner stanno facendo l’impossibile per fornire cibo, rifugi e supporto, spesso a rischio della propria sicurezza. Ma le risorse sono insufficienti. Questo orrore deve finire, ora”.