K metro 0 – Giuba – A quasi due anni dall’inizio del conflitto, il Sudan si trova a un punto di svolta. Il generale Abdel Fattah al Burhan, leader del Consiglio sovrano e capo delle Forze armate sudanesi (Saf), ha fatto ritorno a Khartum. È la per la prima volta dall’inizio delle ostilità, dichiarando la
K metro 0 – Giuba – A quasi due anni dall’inizio del conflitto, il Sudan si trova a un punto di svolta. Il generale Abdel Fattah al Burhan, leader del Consiglio sovrano e capo delle Forze armate sudanesi (Saf), ha fatto ritorno a Khartum. È la per la prima volta dall’inizio delle ostilità, dichiarando la città “libera” dalle Forze di supporto rapido (Rsf). L’arrivo di al Burhan nella capitale, accolto con entusiasmo dai soldati governativi, segna un momento simbolico e strategico. L’esercito sudanese ha riconquistato la maggior parte della città dopo settimane di combattimenti intensi.
Dopo un’offensiva su larga scala, le forze governative hanno ripreso il controllo dell’intera capitale, costringendo le Rsf alla ritirata. Secondo fonti militari, l’esercito sudanese ha assicurato la protezione dei principali edifici governativi, compreso il Palazzo presidenziale e gli snodi strategici della città, tra cui ponti e infrastrutture critiche. Tuttavia, la situazione rimane tesa e la sicurezza della città non è ancora completamente garantita, con sacche di resistenza delle Rsf ancora attive in alcune zone periferiche.
Nonostante le recenti perdite, le Rsf continuano a ricevere supporto militare e logistico dalla Libia orientale. Secondo fonti locali, armi e veicoli vengono trasferiti dalla città libica di Bengasi verso il Sudan, rafforzando le posizioni delle Rsf nel Darfur. Il confine tra Libia e Sudan, in gran parte sotto il controllo delle Rsf, facilita il flusso costante di rifornimenti, compresi carburante e mezzi da combattimento.
Gli interessi geopolitici ed economici giocano un ruolo cruciale nella prosecuzione della guerra. Il Darfur, ricco di risorse minerarie, resta una delle zone più contese. Controllare questa regione significa avere accesso a fonti di finanziamento e vie commerciali strategiche, il che rende improbabile una risoluzione rapida del conflitto.
L’introduzione di droni Bayraktar Tb2 da parte dell’esercito sudanese ha avuto un impatto determinante sulla battaglia per Khartum. Già impiegati in conflitti come quelli in Libia, Ucraina e Nagorno-Karabakh, questi droni hanno permesso alle forze governative di colpire con maggiore precisione le postazioni delle Rsf, riducendo la loro capacità offensiva. In precedenza, l’esercito sudanese si affidava ai droni iraniani Mohajer-6, meno efficaci e più vulnerabili agli abbattimenti. Questo cambiamento nella strategia militare ha accelerato la ritirata delle Rsf dalla capitale, segnando un punto di svolta nel conflitto.
Parallelamente alla crisi in Sudan, il Sud Sudan sta affrontando una situazione delicata. Il primo vicepresidente Riek Machar e sua moglie Angelina Teny, ministra degli Interni, sono stati posti agli arresti domiciliari a Giuba. L’arresto di Machar ha sollevato preoccupazioni tra gli osservatori internazionali, che temono un ritorno all’instabilità politica e ai conflitti interni.
La riconquista di Khartum segna un passaggio chiave nel conflitto, ma la guerra in Sudan è ben lontana dall’essere conclusa. Le Rsf controllano ancora ampie porzioni del Darfur, incluse città strategiche come Mellit ed El Tina, e mantengono una forte presenza nel Kordofan settentrionale e meridionale. Le forze governative stanno ora cercando di consolidare i propri successi, ma la minaccia di nuove offensive da parte delle Rsf resta elevata.
Secondo fonti locali, il generale Dagalo ha riorganizzato le sue forze e ha spostato il focus sul Darfur, puntando al controllo totale di El Fasher, capitale dello Stato del Darfur settentrionale.
Nel frattempo, la comunità internazionale monitora con attenzione la situazione. Il rischio di una frammentazione del Sudan è concreto, con il pericolo che il Paese si trasformi in un mosaico di territori controllati da signori della guerra e milizie locali. L’instabilità continua ad alimentare traffici illegali, migrazioni forzate e tensioni regionali, rendendo il futuro del Sudan altamente incerto.