Iraq, sospesa la legge che abbassa a 15 anni l’età del matrimonio

Iraq, sospesa la legge che abbassa a 15 anni l’età del matrimonio

K metro 0 – Baghdad – La Corte Suprema irachena ha deciso di sospendere temporaneamente l’entrata in vigore di una legge estremamente controversa che avrebbe abbassato l’età minima per il matrimonio a quindici anni e, in alcuni casi, avrebbe potuto consentire il matrimonio di bambine di appena nove anni. La decisione, annunciata dall’agenzia di stampa

K metro 0 – Baghdad – La Corte Suprema irachena ha deciso di sospendere temporaneamente l’entrata in vigore di una legge estremamente controversa che avrebbe abbassato l’età minima per il matrimonio a quindici anni e, in alcuni casi, avrebbe potuto consentire il matrimonio di bambine di appena nove anni. La decisione, annunciata dall’agenzia di stampa ufficiale “Ina”, è stata accolta con un misto di sollievo e preoccupazione: se da un lato rappresenta un argine momentaneo a una normativa che ha suscitato indignazione e proteste, dall’altro non è una bocciatura definitiva, ma solo una misura cautelare in attesa che la Corte valuti la costituzionalità della legge.

L’approvazione di questa norma, avvenuta nel gennaio scorso all’interno di un pacchetto legislativo che comprendeva anche riforme sui diritti di proprietà e un’amnistia generale, ha generato un’ondata di critiche non solo in Iraq, ma anche a livello internazionale. Organizzazioni per i diritti umani, attivisti e politici dell’opposizione hanno denunciato il provvedimento come un attacco ai diritti delle donne e delle bambine, accusando i promotori di voler legalizzare, di fatto, il matrimonio forzato e lo stupro sui minori. Il Parlamento iracheno, nel tentativo di far passare la legge con meno opposizione, l’ha inclusa in un pacchetto più ampio, evitando un dibattito pubblico approfondito e nascondendo la portata delle modifiche dietro altre misure di interesse nazionale.

La legge sullo stato personale del 1959, considerata una delle più progressiste della regione, aveva stabilito una regolamentazione chiara per il diritto di famiglia, fissando l’età minima per il matrimonio a diciotto anni, con possibilità di eccezioni a partire dai quindici, ma solo con l’approvazione di un giudice. Questo sistema garantiva un certo grado di protezione alle giovani donne e uniformava le norme familiari, sottraendole alla sola interpretazione religiosa. La nuova legge avrebbe smantellato questi progressi, concedendo ai tribunali religiosi sciiti il ​​potere di decidere autonomamente su questioni matrimoniali, ereditarie e familiari, permettendo in alcuni casi il matrimonio di bambine che non hanno ancora raggiunto la pubertà.

Secondo i promotori della norma, in gran parte appartenenti all’ala conservatrice sciita, riduce l’influenza delle leggi occidentali e restituisce alle comunità religiose il diritto di autodeterminare le proprie regole familiari. Tuttavia, per i gruppi per i diritti umani e per molti iracheni moderati, questa legge rappresenta un gravissimo passo indietro, che rischia di cancellare decenni di progressi nella tutela delle donne e delle bambine.

In Iraq, attivisti e gruppi femministi hanno organizzato proteste in diverse città, denunciando il pericolo che questa norma possa incentivare i matrimoni precoci e privare migliaia di bambine della possibilità di studiare e costruire un futuro. Human Rights Watch e altre organizzazioni internazionali hanno lanciato l’allarme sugli effetti devastanti che l’applicazione della legge potrebbe avere, sottolineando che il matrimonio infantile non solo aumenta il rischio di violenze domestiche e abusi, ma limita drasticamente le opportunità di crescita e di crescita.

Le reazioni di condanna sono arrivate anche da numerosi governi stranieri e dalle Nazioni Unite, che hanno ricordato come l’Iraq sia firmatario di trattati internazionali che impongono la protezione dei diritti dei minori e la parità di genere.

Questa vicenda è il riflesso di una più ampia lotta tra forze progressiste e conservatrici nel Paese. Nel mezzo di questa battaglia, le voci delle donne irachene continuano a farsi sentire, chiedendo che il loro futuro non venga deciso senza il loro consenso. La sospensione della legge è un primo passo, ma la lotta per i diritti e la dignità delle bambine irachene continua.

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