K metro 0 – Gerusalemme – Israele ha recentemente annunciato il suo ritiro dal Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani, seguendo una decisione simile presa dagli Stati Uniti in precedenza. La notizia è stata divulgata attraverso un post sui social dal ministro degli Esteri israeliano, Gideon Saar, che ha espresso forti critiche nei
K metro 0 – Gerusalemme – Israele ha recentemente annunciato il suo ritiro dal Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani, seguendo una decisione simile presa dagli Stati Uniti in precedenza. La notizia è stata divulgata attraverso un post sui social dal ministro degli Esteri israeliano, Gideon Saar, che ha espresso forti critiche nei confronti dell’organismo internazionale. Secondo Saar: “Il Consiglio ha focalizzato i suoi attacchi su un unico paese democratico in Medio Oriente, ignorando spesso altre situazioni di violazione dei diritti umani nel mondo”.
Saar ha continuato sottolineando che Israele è stato oggetto di discriminazioni evidenti da parte del Consiglio, e ha richiamato l’attenzione su un dato significativo: “Israele è l’unico Paese con un punto all’ordine del giorno dedicato esclusivamente a lui, e ha subito oltre 100 risoluzioni di condanna, che rappresentano più del 20% di tutte le risoluzioni mai approvate dal Consiglio, un numero maggiore di quelle contro Iran, Cuba, Corea del Nord e Venezuela messe insieme.” Saar ha concluso con una dichiarazione forte, affermando: “Israele non accetterà più questa discriminazione”.
Nel contesto di questa decisione, le reazioni internazionali si sono focalizzate anche sul piano proposto dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, riguardante il futuro della Striscia di Gaza. Sebbene la proposta di Trump non abbia ancora ricevuto una risposta ufficiale definitiva, l’opposizione globale è cresciuta rapidamente. Il presidente degli Stati Uniti ha chiarito che non è stato preso alcun impegno relativo all’invio di truppe americane nella regione, e che il ricollocamento temporaneo della popolazione palestinese sarebbe stato previsto solo per consentire la bonifica del territorio. “L’intento non è quello di forzare i palestinesi ad abbandonare Gaza, ma piuttosto di rendere possibile un processo di pulizia e ricostruzione dell’area”, ha dichiarato Trump in un briefing alla Casa Bianca.
Nonostante queste spiegazioni, la proposta ha suscitato una reazione forte e critica a livello internazionale. Il ministro degli Esteri iraniano ha definito la proposta di Trump come “scioccante” e inaccettabile, denunciando la volontà di forzare il trasferimento della popolazione palestinese come una violazione dei diritti umani. Giordania ed Egitto, che erano stati indicati da Trump come possibili destinazioni per i palestinesi sfollati, hanno fermamente rifiutato ogni proposta di accogliere gli sfollati, sottolineando che una tale iniziativa avrebbe avuto gravi implicazioni politiche e morali. Il ministro degli Esteri egiziano ha dichiarato che “il trasferimento forzato di popolazioni è una violazione dei principi internazionali di dignità e giustizia”.
In risposta alle proposte di Trump, il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha ribadito la posizione dell’Onu, sottolineando che qualsiasi trasferimento forzato di persone sarebbe considerato una forma di pulizia etnica, una grave violazione del diritto internazionale e dei diritti umani.
Nel frattempo, l’attenzione internazionale rimane alta sulla situazione a Gaza, con l’auspicio che il dialogo e la diplomazia possano prevalere su soluzioni unilaterali che rischiano di compromettere ulteriormente la situazione.