K metro 0 – Parigi – Ormai si può parlare di vera e propria epidemia, soprattutto nel Vecchio continente, ma non solo. L’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) aveva già dichiarato che entro la fine del 2023, la solitudine sarebbe stata una “minaccia urgente per la salute”, a causa dell’aumento del rischio di ansia, demenza, depressione
K metro 0 – Parigi – Ormai si può parlare di vera e propria epidemia, soprattutto nel Vecchio continente, ma non solo. L’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) aveva già dichiarato che entro la fine del 2023, la solitudine sarebbe stata una “minaccia urgente per la salute”, a causa dell’aumento del rischio di ansia, demenza, depressione e ictus. E diversi studi stanno confermando quanto previsto.
Ad esempio, il 12% dei francesi si considera isolato, secondo una ricerca commissionata da la Fondation de France. Un’“epidemia di solitudine”, che è sinonimo di sofferenza per oltre l’80% di coloro che la vivono. Non solo. “Più che un problema sociale, la solitudine e l’isolamento sono anche importanti questioni di salute”, affermano gli autori dello studio, facendo riferimento al concetto di ‘epidemia di solitudine’ sviluppato negli Stati Uniti dall’Oms, appunto. Il disagio è particolarmente acuito in inverno. Lo stesso vale durante le festività e le vacanze, “rituali collettivi fortemente marcati” durante i quali “un terzo degli intervistati si sente solo”. Gli autori vedono difatti in questi momenti di gioia per molti una “linea di demarcazione tra coloro che vi partecipano e coloro che sono esclusi”. Questi ultimi hanno maggiori probabilità di provenire da contesti di classe operaia, dove il tasso di solitudine è del 37%, rispetto al 16% di chi ha un reddito elevato.
Oltre ai sentimenti di solitudine, il rapporto esamina lo stato delle relazioni sociali delle persone. Una persona su dieci (12%), appunto, si trova in una situazione di totale isolamento, un livello stabile rispetto agli anni precedenti. Per isolamento s’intende l’assenza di incontri regolari con amici, membri della famiglia (al di fuori della casa), colleghi al di fuori del lavoro, vicini o gruppi della comunità. Inoltre, il 21% degli intervistati dichiara di avere diversi contatti fisici al mese con una sola di queste cinque reti sociali. Sommando queste due popolazioni, un terzo della popolazione è considerato isolato o in una relazione fragile.
L’isolamento è ben pronunciato tra le persone a basso reddito (17%), mentre i più abbienti sono meno colpiti (7%). Come sottolinea la Fondation de France, “un basso reddito significa che le persone hanno meno probabilità di uscire di casa, di partecipare ad attività sportive, ricreative o di intrattenere amici e familiari a casa”. Quindi, anche se il denaro non porta la felicità, contribuisce a favorire i legami sociali.
Ma c’è di più. Come riferisce l’Ansa, Ttutti i giovani adulti dell’UE condividono la sensazione di essere soli. Circa il 57% dei ragazzi europei di età compresa tra i 18 e i 35 anni si sente moderatamente o fortemente solo, secondo una nuova indagine della Bertelsmann Stiftung intitolata “La solitudine dei giovani a confronto in Europa nel 2024”. I dati per la ricerca a livello europeo provengono dallo strumento di ricerca d’opinione europeo eupinions. Sebbene la solitudine dei giovani sia un problema in tutta l’UE sin dalla pandemia di coronavirus, esistono differenze significative tra gli Stati membri. Anche questo dossier attribuisce il primato della solitudine in Europa ai transalpini. Infatti, il 40% dei giovani francesi si sente almeno moderatamente solo e il 23% è estremamente solo. Ciò significa che quasi due terzi dei giovani francesi soffrono di isolamento. Si tratta pertanto della conferma dei livelli più alti nei sette Paesi dell’UE che consentono un confronto a causa della dimensione del campione.
Meno colpiti dalla solitudine i giovani adulti tedeschi: il 39% di loro dice di sentirsi moderatamente solo e il 12% è estremamente solo. I giovani olandesi sono invece i meno colpiti dalla solitudine estrema. “L’isolamento può ridurre il senso di appartenenza alla società e diventare così un problema sociale e politico. Per questo motivo dovremmo affrontarlo insieme come società e non stigmatizzare chi ne è affetto”, afferma Laender Berne, esperto di giovani della Bertelsmann Shifting.
Il basso livello di istruzione contribuisce poi ad amplificarle la solitudine. Facendo un confronto tra i vari Paesi, si nota che essa è particolarmente sentita dalle persone con un livello di istruzione più basso. Nella letteratura accademica si trovano varie ragioni per questo: da un lato si ipotizza che le persone con un livello di istruzione più elevato trovino generalmente più opzioni per affrontare lo stress e siano in grado di sostenere più relazioni sociali e di mantenerle meglio. Dall’altro, le persone più istruite hanno spesso un reddito più elevato e di conseguenza possono partecipare maggiormente alla vita sociale.
“Per ridurre la solitudine dei giovani è necessario integrare sistematicamente e in modo vincolante le loro prospettive nei processi di consultazione politica” raccomanda Anja Langness, esperta di giovani della Bertelsmann Stiftung. Insomma, se i giovani sono più coinvolti nella progettazione e attuazione delle iniziative, “generiamo soluzioni che rispondono veramente alle loro esigenze e li aiutano a sentirsi meno isolati”.
Nel resto del mondo, l’epidemia di segregazione spaventa in particolare Seul. La Corea del Sud, infatti, ha investito 300 miliardi di euro per creare la città in cui nessuno sia solo. Ne riferisce Fanpage. Solo nel 2024, 3.661 persone sono morte, infatti, senza che nessuno si accorgesse di loro. Sono così stati stanziati fondi per un call center, servizi psicologici, piani alimentari e un “sistema di ricerca” volto a identificare i residenti isolati. “La solitudine e l’isolamento non sono solo problemi individuali, ma compiti che la società deve risolvere insieme” afferma il sindaco di Seul, Oh Se-hoon, che ha annunciato a gennaio un ampio programma di interventi e impegni per contrastare questo “mal di vivere”. Si parla così di circa 300 miliardi di euro da impiegare nei prossimi cinque anni per il progetto chiamato “Toc toc, bussiamo alla porta della città di Seoul”. L’iniziativa è stata lanciata dopo l’aumento costante del numero di problemi correlati alla solitudine delle persone in Corea del Sud, soprattutto il fenomeno degli “hikikomori”, i ragazzi che si isolano nelle loro camerette, ma anche quello degli anziani sempre più spesso trovati morti da soli in casa senza che nessuno reclami il corpo.
L’Italia è, infine, uno dei paesi occidentali in cui diventare vecchi presenta gli scenari peggiori, soprattutto rispetto ai Paesi anglosassoni, dove i tassi di suicidio in età avanzata sono la metà di quelli che avvengono nel Belpaese. Lo dimostrano i dati relativi alla solitudine e ai suicidi, che nel 38% dei casi riguardano persone con più di 65 anni, sebbene queste ultime siano poco più del 20% della popolazione. Solitudine e suicidi negli anziani sono stati tra i temi al centro del 24° Congresso dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria, svoltosi a Firenze alcuni mesi fa.
Solitudine e ageismo (forma di pregiudizio e svalorizzazione verso le persone anziane) sono fra le cause maggiori dei suicidi in terza età. Il tasso di solitudine è difatti il doppio rispetto alla media dei Paesi europei, con coloro che non hanno nessuno a cui chiedere aiuto (14%), mentre coloro che non hanno nessuno a cui raccontare cose personali rappresenta il 12%, a fronte di una media europea del 6,1% (dati Eurostat). La solitudine, va ricordato, non è solo un problema sociale, ma anche clinico, essendo associata ad un aumento del rischio di depressione, disturbi del sonno, demenza e malattie cardiovascolari.
A mettere in stretta correlazione ageismo e isolamento sono diversi studi internazionali. Un report israeliano di giugno 2023 individua un legame tra il crescere dell’età e la maggiore solitudine, con l’associazione positiva tra i due fenomeni molto significativa nelle persone di età superiore ai 70 anni. Uno studio cileno dello stesso periodo mostra un’associazione diretta e indiretta dell’ageismo con gli esiti sulla salute mentale: l’ageismo è positivamente correlato alla solitudine e, di conseguenza, all’aumento dei sintomi depressivi e ansiosi. In maniera analoga, un documento di ottobre 2021 evidenzia due iniziative innovative dei Paesi Bassi, che dimostrano che i diritti degli anziani possono essere mantenuti in soluzioni abitative collettive.
L’altra nazione più vecchia al mondo insieme all’Italia, il Giappone, ha calcolato, infine, che oltre 45mila persone anno muoiono in completo isolamento, tanto che sono state create squadre di “death cleaners” che si occupano di bonificare i luoghi in cui sono avvenute queste morti in solitudine”, riferisce a insalutenews.it prof. Diego De Leo, presidente dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria.
di Sandro Doria