K metro 0 – Washington – Donald Trump vuole la Groenlandia, la Danimarca non cede. E il caso coinvolge sbarca all’Ue. La Groenlandia, insieme al Canale di Panama e al Canada, è finita nel mirino del presidente degli Stati Uniti, che subito dopo la sua rielezione ha pubblicamente e più volte espresso l’intenzione di prendere il controllo
K metro 0 – Washington – Donald Trump vuole la Groenlandia, la Danimarca non cede. E il caso coinvolge sbarca all’Ue. La Groenlandia, insieme al Canale di Panama e al Canada, è finita nel mirino del presidente degli Stati Uniti, che subito dopo la sua rielezione ha pubblicamente e più volte espresso l’intenzione di prendere il controllo della regione autonoma della Danimarca, anche ricorrendo alla forza, per ragioni di “sicurezza nazionale”.
Secondo quanto riporta l’Adnkronos, il primo ministro danese, Mette Frederiksen, sarà oggi a Berlino, Parigi e Bruxelles per rafforzare “l’unità europea” di fronte alle mire di Trump. “L’Europa è in una situazione grave. Con la guerra nel continente e i cambiamenti nella realtà geopolitica. In momenti come questi, l’unità è fondamentale”, ha dichiarato il primo ministro, citato nel comunicato stampa, che non menziona la Groenlandia. Frederiksen avrà colloqui con il cancelliere tedesco Olaf Scholz, il presidente francese Emmanuel Macron e il segretario generale della Nato Mark Rutte. “La Danimarca è un piccolo Paese con forti alleanze. E fa parte di una forte comunità europea dove possiamo affrontare insieme le sfide che abbiamo di fronte”, ha aggiunto.
Da Bruxelles arriva la posizione dell’Ue attraverso le parole di Kaja Kallas, Alta Rappresentante dell’Unione europea. “Naturalmente sosteniamo la Danimarca, che è un nostro Stato membro, e la sua regione autonoma, la Groenlandia, ma non dovremmo fare speculazioni”, dice.
Sui rapporti tra Ue e Usa in Consiglio, prosegue Kallas, c’è stata una “discussione molto interessante, con molte buone idee. Questa amministrazione parla davvero il linguaggio delle transazioni. Un ministro ha detto che dovremmo ascoltare quello che dice il presidente degli Usa ma non è necessario prenderlo alla lettera, parola per parola. Sono pronta a visitare Washington il più presto possibile. Siamo una potenza economica, siamo interconnessi con l’America”, conclude.
Trump e la sicurezza nazionale: perché l’isola è importante
Trump, anche prima di insediarsi alla Casa Bianca, ha ribadito la “necessità” di acquisire il controllo della Groenlandia per questioni di sicurezza nazionale. L’isola, nel quadro delineato dal presidente, è un punto di riferimento fondamentale nell’Artico, dove Russia e Cina sono presenti in maniera significativa. Il presidente ha recentemente mandato suo figlio Donald jr. in ‘esplorazione’ in Groenlandia. E nelle ultime ore si è sbilanciato: “Credo che prenderemo il controllo della Groenlandia”.
Il primo ministro del territorio autonomi, Mute Egede, premier della Groenlandia, non ha chiuso la porta in maniera categorica: “Non si può evitare di considerare che se gli Stati Uniti vogliono parlare della Groenlandia devono parlare alla Groenlandia”, ha affermato in una conferenza stampa a Nuuk, riconoscendo “la preoccupazione della gente”, dopo che Trump nel recente passato non ha escluso l’impiego della forza militare per arrivare ai suoi scopi. “Dobbiamo riuscire a incontrarci, con Trump, e parlare della questione con calma”.
Il tesoro della Groenlandia
La Groenlandia non è solo un tassello strategico per Trump. E’ anche un tesoro di riserve minerarie, terre rare, oro e gas ancora quasi completamente intatto. Ma anche una regione con vincoli ambientali stringenti e dal clima che rende arduo lo sfruttamento delle sue enormi risorse.
Nell’isola opera la società mineraria Amaroq Minerals con sede in Canada, che sotto il monte Nalunaq sta cercando oro e altri minerali preziosi grazie a licenze di esplorazione che si estendono per oltre 10mila chilometri quadrati.
“Stiamo cercando rame, nichel e terre rare”, ha affermato l’amministratore delegato della società, l’islandese Eldur Olafsson, sottolineando come si tratti di un territorio inesplorato dalle alte potenzialità. La Amaroq Minerals, che conta più di 100 dipendenti, tra cui groenlandesi, australiani ed ex minatori di carbone britannici, ha acquistato una miniera nel 2015 che era stata operativa per gran parte del decennio precedente e che poi aveva chiuso a causa del calo dei prezzi dell’oro e degli elevati costi operativi. Olafsson ritiene che ora la miniera possa essere redditizia e quest’anno prevede di aumentare la produzione. Per il ceo, la regione “può essere per decenni il fornitore di tutti i minerali di cui il mondo occidentale ha bisogno”.
Secondo le stime, la Groenlandia possiede l’ottava riserva di terre rare al mondo, essenziali per realizzare telefoni cellulari, batterie e motori elettrici. Ha anche grandi quantità di metalli come litio e cobalto e ci sarebbero anche petrolio e gas, ma sono vietate nuove trivellazioni così come l’estrazione mineraria in acque profonde. Attualmente ci sono solo due miniere attive nell’isola, le cui risorse sono gestite dalle autorità locali.
Christian Kjeldsen, direttore della Confindustria groenlandese, spiega gli ‘appetiti’ di Trump per l’isola con la situazione geopolitica globale dal momento che la Cina ha le più grandi riserve mondiali di terre rare, mentre l’Occidente vuole assicurarsi forniture alternative. Questo ha alimentato una crescente attenzione tra i Paesi occidentali per le risorse della Groenlandia. Anche la Cina vorrebbe una fetta della torta, ma la sua presenza è per il momento limitata. La ministra per le Imprese, il commercio e le materie prime della Groenlandia, Naaja Nathanielsen, sostiene che l’interesse per i minerali del territorio è “assolutamente aumentato negli ultimi cinque anni circa”.
Finora sono stati concessi permessi per 100 blocchi di esplorazione mineraria in tutta la Groenlandia. La maggior parte delle licenze appartengono a società britanniche, canadesi e australiane, mentre gli americani ne hanno solo una. Ci sono, tuttavia, molti passaggi prima che questi siti diventino miniere a tutti gli effetti e la Groenlandia, che è seduta su un forziere inestimabile, vede questa potenziale “corsa all’oro” ancora lontana dal materializzarsi.
Il rapporto con la Danimarca e i limiti imposti dal clima
L’economia dell’isola fa ancora affidamento su un sussidio annuale di 600 milioni di dollari dalla Danimarca, ma i politici locali sperano che i ricavi minerari riducano la dipendenza da Copenaghen e contribuiscano a rafforzare gli sforzi per l’indipendenza. Nathanielsen ammette che, sebbene si stiano sviluppando partnership con gli Stati Uniti e l’Ue, “non abbiamo ancora visto grandi quantità di denaro fluire in questo settore”. Nel frattempo sta crescendo il fatturato alla voce turismo.
La ministra auspica che possano esserci almeno altre tre miniere operative entro il prossimo decennio. Ma le infrastrutture limitate e le condizioni climatiche non rendono facile l’attività mineraria sul’isola più grande del mondo, l’80% della quale è coperta da una calotta glaciale e dove mancano le strade tra gli insediamenti. “Quindi è piuttosto costoso aprire una miniera”, afferma Jakob Klove Keiding, dell’Istituto di Geologia di Danimarca e Groenlandia.
I costi elevati, uniti ai prezzi globali dei metalli, hanno frenato gli investitori. Altri attribuiscono la lenta crescita del settore alla burocrazia. Il territorio, infatti, ha rigide normative ambientali e ottenere i permessi può richiedere tempo. Tempo che sembra non avere Trump, che potrebbe trovare delle sponde nelle autorità locali.