K metro 0 – Belgrado – Le proteste per i 15 morti, causati il 1 novembre scorso dal crollo della pensilina della stazione di Novi Sad, hanno bloccato la Serbia. A Belgrado e in numerose altre città, circa 5 mila tra docenti e personale accademico si sono uniti ai collettivi studenteschi, sostenuti dalle forze di
K metro 0 – Belgrado – Le proteste per i 15 morti, causati il 1 novembre scorso dal crollo della pensilina della stazione di Novi Sad, hanno bloccato la Serbia. A Belgrado e in numerose altre città, circa 5 mila tra docenti e personale accademico si sono uniti ai collettivi studenteschi, sostenuti dalle forze di opposizione, hanno protestato contro il governo e il presidente, con blocchi stradali e lanciato un appello a uno sciopero generale, che è stato tuttavia accolto in minima parte da commercianti, bar e ristoranti, rimasti quasi tutti aperti, così come anche ospedali, banche, farmacie, trasporto pubblico.
Alla protesta, per solidarietà con gli studenti, hanno aderito gli insegnanti e anche molti genitori che non hanno mandato i figli a scuola. A contestare il governo sono anche diversi avvocati, che hanno aderito agli scioperi di categoria e del personale legale indetti questa settimana.
I manifestanti accusano il governo del presidente populista serbo Aleksandar Vucic, leader del partito al potere a Belgrado da 13 anni, sostenendo che il cedimento della struttura sia stato causato da lavori di ristrutturazione approssimativi, frutto della corruzione.
Proprio Vucic ha radunato a Jagodina nel pomeriggio i suoi sostenitori, annunciando la creazione di un nuovo e largo movimento popolare a livello nazionale, destinato, a suo dire, a segnare il futuro della Serbia sulla strada del progresso, della modernizzazione e dell’integrazione europea. Vucic e i media statali accusano gli studenti di lavorare su ordine di servizi segreti stranieri con l’obiettivo di rovesciare le autorità e i manifestanti filogovernativi hanno ripetutamente attaccato i cittadini in protesta.
L’Unione europea sta monitorando la situazione in Serbia, lo ha dichiarato il portavoce della Commissione europea, Guillaume Mercier, secondo il quale “la libertà di riunione è un diritto fondamentale europeo che deve essere esercitato pacificamente, nel rispetto dello Stato di diritto e dell’ordine pubblico”. Il portavoce ha aggiunto che la Commissione europea incoraggia “tutte le parti che sostengono l’integrazione europea a continuare a contribuire, attraverso il dialogo e il compromesso, al progresso della Serbia nel suo percorso europeo”.