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Gaza, perché la tregua indebolisce il governo di Netanyahu

Gaza, perché la tregua indebolisce il governo di Netanyahu

K metro 0 – Gaza – Con l’entrata in vigore della tregua nella Striscia di Gaza, domenica 19 gennaio, i tre ministri del partito Forza Ebraica, Itamar Ben Gvir, responsabile della Sicurezza Nazionale, Avi Maoz (viceministro per l’Identità nazionale ebraica) e Orit Strock (ministro per gli Insediamenti) si sono dimessi, denunciando un cessate il fuoco

K metro 0 – Gaza – Con l’entrata in vigore della tregua nella Striscia di Gaza, domenica 19 gennaio, i tre ministri del partito Forza Ebraica, Itamar Ben Gvir, responsabile della Sicurezza Nazionale, Avi Maoz (viceministro per l’Identità nazionale ebraica) e Orit Strock (ministro per gli Insediamenti) si sono dimessi, denunciando un cessate il fuoco “scandaloso”.

Sempre più isolato, Benyamin Netanyahu gode ancora di una risicata maggioranza in Parlamento. Ma per quanto tempo? Non meno di otto dei 32 ministri del governo hanno espresso il loro disaccordo. Gli alleati più radicali si sono opposti alla tregua, senza successo. Ma il premier israeliano potrà fare a meno a lungo del sostegno di Itamar Ben Gvir visto che ora può contare solo su 62 dei 120 seggi della Knesset, il Parlamento israeliano? Insomma, è ormai al limite della maggioranza. In questo contesto, Bezalel Smotrich ha il potere di far precipitare la caduta di Benyamin Netanyahu. Il ministro delle Finanze è difatti il leader del partito del Sionismo religioso, che ha sette seggi alla Knesset. Per il momento non c’è nulla di deciso: mentre Itamar Ben Gvir ha cercato di portarlo con sé, Bezalel Smotrich si è rifiutato di lasciare la coalizione di governo, nonostante la sua opposizione alla tregua nella Striscia di Gaza. Il ministro si è però preso solo una paisa: minaccia infatti di far cadere il governo se Israele non riprenderà la guerra tra sei settimane, al termine della prima fase dell’accordo di cessate il fuoco. Così, scrive il quotidiano israeliano Haaretz: “Se Donald Trump costringe Benyamin Netanyahu a proseguire con la seconda fase, la coalizione rischia di sciogliersi”. Ciò ha portato la CNN ad affermare che “le profonde spaccature nella politica israeliana potrebbero minacciare la longevità dell’accordo”.

Secondo franceinfo, nonostante le lunghe discussioni, non è emerso alcun consenso. Dopo il via libera del gabinetto di sicurezza israeliano, il Consiglio dei ministri si è riunito venerdì per votare un accordo volto a porre “fine definitivamente alla guerra” tra Israele e Hamas. Sotto la pressione di Donald Trump, il governo israeliano ha infine ratificato l’accordo per la liberazione degli ostaggi e per stabilire un cessate il fuoco a Gaza, dopo sette ore di discussione, non senza alcuni scontri. “Per Israele, questo accordo è una vittoria amara”, ha commentato Dominique Moïsi, geo politologo e consigliere speciale dell’Institut Montaigne, al sito francese. “Hanno messo fine ai combattimenti, anche se l’obiettivo principale non è stato raggiunto: Hamas esiste ancora”.

Joshua Zarka, ambasciatore di Israele in Francia, è d’accordo: “È una tregua molto difficile da accettare”.  Tra i membri del governo contrari al cessate il fuoco a Gaza, Itamar Ben Gvir ha assunto senza sorpresa il ruolo di leader dei manifestanti. Il ministro di estrema destra non aveva fatto mistero della sua posizione durante l’incontro: giovedì aveva definito il testo “sconsiderato”. Secondo lui, l’unico modo per garantire il rilascio di tutti gli ostaggi detenuti da Hamas era quello di tagliare completamente gli aiuti umanitari a Gaza. Itamar Ben Gvir ha dichiarato tuttavia che non escluderebbe di tornare al governo se i combattimenti dovessero riprendere dopo la prima fase dell’accordo “per ottenere una vittoria decisiva e raggiungere gli obiettivi della guerra che non sono ancora stati raggiunti”, riporta il quotidiano libanese L’Orient-Le jour. Uno scenario plausibile, se si considera il discorso di Benyamin Netanyahu di sabato. “Questo è un cessate il fuoco temporaneo” e ‘manteniamo il diritto di riprendere la guerra se necessario e con il sostegno degli Stati Uniti’, ha dichiarato il primo ministro israeliano. Se necessario, l’offensiva riprenderà “con maggiore forza”, ha aggiunto.

L’apparizione provocatoria di combattenti di Hamas pesantemente armati durante la consegna alla Croce Rossa, domenica, di tre ostaggi israeliani detenuti a Gaza dalle atrocità terroristiche del 7 ottobre 2023 è stata un sinistro promemoria, se ce ne fosse stato bisogno, che l’accordo di cessate il fuoco negoziato la scorsa settimana è appeso a un filo – e potrebbe spezzarsi in qualsiasi momento. Così commenta The Guardian. Il problema di fondo, per il futuro, prosegue la testata britannica, è che né il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, né la leadership ricostituita di Hamas vogliono veramente che la tregua duri. Netanyahu è stato costretto, metaforicamente a calci e urla, ad accettare l’accordo da Donald Trump e dal suo inviato speciale per il Medio Oriente, Steve Witkoff.

di Sandro Doria

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