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Marco Polo: il fascino dell’Oriente in una mostra all’Accademia dei Lincei

Marco Polo: il fascino dell’Oriente in una mostra all’Accademia dei Lincei

K metro 0 – Roma – Un invito alla lettura. E alla conoscenza. Di mondi ancor oggi lontani. E un tempo quasi o del tutto  sconosciuti. Che Marco Polo, con il suo opus magnum, “Il milione”, ha raccontato. Svelando l’esistenza di culture e terre immense comprendenti l’Asia settentrionale e gran parte della Cina che non

K metro 0 – Roma – Un invito alla lettura. E alla conoscenza. Di mondi ancor oggi lontani. E un tempo quasi o del tutto  sconosciuti. Che Marco Polo, con il suo opus magnum, “Il milione”, ha raccontato. Svelando l’esistenza di culture e terre immense comprendenti l’Asia settentrionale e gran parte della Cina che non apparivano sulle opere dei geografi, sui mappamondi e le carte medievali.

All’opera del grande viaggiatore veneziano, nel settecentesimo anniversario della sua morte, l’Accademia Nazionale dei Lincei ha dedicato una mostra (Marco Polo 1324-2024, a cura di Roberto Antonelli, presidente dell’Accademia e di Luciano Formisano), allestita nella   sua storica  biblioteca (a Palazzo Corsini, via della Lungara 10, visitabile fino al 26 gennaio prossimo). Luogo quanto mai adatto per illustrare le vicende di un libro che ebbe grande diffusione in Europa dopo la sua prima edizione originale   (circa 1298). E influenzò più tardi Cristoforo Colombo, che lo lesse traendo  importanti informazioni per i suoi viaggi.

Una copia con le annotazioni di Colombo, è  esposta nella Sala V della mostra. E’ la copia (stampata nel 1483-84 in Olanda, oggi conservata nella Biblioteca Capitular y Colombina di Siviglia), posseduta da Colombo, che considerava la figura di Marco Polo una sorta di paradigma della capacità e della volontà dell’uomo di superare i limiti che la natura o la cultura ponevano al libero dispiegamento delle sue potenzialità.

Da cui il sottotitolo della mostra (“La via dell’Oriente e dell’America”), che vuole illustrare non solo la figura del celebre mercante viaggiatore veneziano, ma anche e soprattutto  mettere in luce il contesto degli scambi fra Oriente e Occidente resi possibili dai suoi viaggi e dalla conoscenza e dalla diffusione del testo del “Milione” (link del filmato sulla Mostra: https://www.youtube.com/watch?v=MYFPIPeTXI0).

Partito da Venezia nel 1271, alla volta dell’Oriente, insieme al padre (Niccolò) e allo zio materno  (Matteo), Marco Polo arrivò fino in Cina, accolto alla corte del Gran Khan,   l’imperatore mongolo Qubilai (nipote di Gengis Khan), di cui divenne consigliere, governatore di città e ambasciatore.  Viaggiando moltissimo, per quasi tutti i 25 anni in cui rimase lontano da Venezia,  soprattutto in Cina, ma anche in Birmania, India, Indonesia e Persia, vivendo avventure straordinarie e conoscendo culture, a quei tempi, completamente sconosciute in Occidente.

Moltissime delle informazioni di Marco Polo e del viaggio in Cina costituirono le prime vere notizie sull’Asia arrivate in Occidente.

All’inizio del XIII secolo Gengis Khan, il condottiero mongolo, era riuscito a soggiogare  quasi tutta l’Eurasia, gettando le basi di un dominio immenso che, quando Kublai fondò il primo impero celeste della dinastia Yuan, si estendeva ormai dall’Europa orientale al mar del Giappone, Cina compresa.

Proprio queste straordinarie condizioni di unità politica e militare, la cosiddetta pax mongolica, resero possibile  un collegamento tra Asia ed Europa come mai era accaduto prima. Un’opportunità che Venezia, la cui fortuna era legata ai traffici con l’Oriente, non si lasciò sfuggire. E nemmeno la famiglia Polo.

A Venezia “erano giunte notizie che i tartari, avendo unito in un solo impero le terre dall’Oceano alla Crimea, lasciavano passare le carovane dei mercanti e non li ammazzavano. Si seppe anche che  il commercio con i tartari era vantaggioso… Si seppe che i tartari non solo vendevano ma compravano” (come racconta lo scrittore russo Viktor Šklovskij, nella sua affascinante riscrittura del “Milione” del 1936, trad. it. Marco Polo, Milano, il Saggiatore, 1972, traduzione di Maria Olsúfieva).

Questa disponibilità dei mongoli ai contatti esterni non deve sorprendere: soldati di eccezionale valore, avevano vinto troppo in fretta e avevano un gran bisogno di consiglieri ed esperti nei vari campi dell’amministrazione. In Occidente, d’altro canto, il papato, unica forza europea in grado di fare politica su scala mondiale, cercò di utilizzare questa “pax Mongolica” per diffondere in quei lontani territori d’Oriente il messaggio evangelico. Ma, come sempre accade, i motivi religiosi si unirono a quelli economici.

Il “Milione”, un’opera tanto nota e citata quanto poco letta, alterna abilmente indicazioni accurate e precise del viaggio di Marco Polo e inserzioni di materiali storici, scientifici ed etnografici inconsueti e straordinari, spiega la Guida alla mostra curata da Stephen Fox. Grazie alla sua straordinaria esperienza, Marco Polo conobbe, come nessun altro europeo prima di lui, paesi e terre di antichissima civiltà, di cui la maggior parte dei suoi contemporanei ignorava persino l’esistenza. Fino ad allora, ad esempio, nessun europeo aveva mai avuto notizia dell’esistenza del Giappone o Cipango (Cipangu o Zipangu in cinese)  termine utilizzato per la prima volta in assoluto nel “Milione”  per indicare questo paese. Come per la prima volta nel Milione si parla della porcellana, quando Marco Polo,  descrivendo la città di Tiungu dice che vi si “producono le più belle scodelle di porcellana del mondo”.   Marco conobbe inoltre e seppe descrivere il petrolio (estratto nella zona del Mar Caspio), il carbon fossile, l’amianto che bloccava l’azione distruttrice del fuoco.

Rimase affascinato anche dal fatto che nella regione di Mosul (nell’attuale Iraq) vivesse una comunità cristiana numerosa, di osservanza nestoriana, dottrina  eretica  che sosteneva la totale separazione delle due nature di Cristo, quella umana e quella divina.  Il nestorianesimo era già diffuso  all’epoca di Gengis Khan, che pur se non cristiano, si dimostrò tollerante nei suoi confronti e verso altre fedi diffuse presso le tribù mongole alleate. Nestoriana era  Sorgaqtani Beki   la madre di suo nipote, il Gran Khan Kubilai.  

La mostra  dei Lincei si snoda in sette sale che espongono diverse mappe storiche e geografiche. Oltre ad immagini  di rilievo sotto l’aspetto testuale e iconografico (tratte da antichi codici illustrai e miniati del “Milione” e da altri libri) presenta anche  oggetti, testi e documenti coevi insieme a volumi a stampa moderni, disposti  secondo   un percorso che invita il visitatore a concentrare l’attenzione  su singoli soggetti o significativi risvolti collegati al viaggio e alla permanenza in Oriente del grande veneziano. Senza dimenticare l’apporto di quegli eruditi e  viaggiatori che ne hanno anticipato il cammino e  ripercorso le tracce successivamente.

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