K metro 0 – Tel Aviv – Rimane la suspense sulla partecipazione di Netanyahu alla cerimonia per l’80esimo anniversario della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau in Polonia, in calendario il prossimo 27 gennaio. “Il premier israeliano teme di essere arrestato a causa del mandato di cattura emesso nei suoi confronti dalla Corte penale
K metro 0 – Tel Aviv – Rimane la suspense sulla partecipazione di Netanyahu alla cerimonia per l’80esimo anniversario della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau in Polonia, in calendario il prossimo 27 gennaio.
“Il premier israeliano teme di essere arrestato a causa del mandato di cattura emesso nei suoi confronti dalla Corte penale internazionale (Cpi) dell’Aia” riportava lo scorso dicembre il quotidiano polacco d’élite “Rzeczpospolita”. Precisando che il vice ministro degli Esteri Władysław Bartoszewski, responsabile della organizzazione della cerimonia, aveva dichiarato allo stesso giornale che la Polonia “si impegna a rispettare le decisioni della Corte internazionale di giustizia”.
In forse sarebbe stata anche la partecipazione del presidente israeliano, Isaac Herzog, mentre era prevista la presenza del ministro degli Esteri, Gideon Sa’ar.
Comunque stiano le cose, il portavoce di Netanyahu ha fatto sapere, intanto, come ha riportato ieri Piotr Skolimowski su Bloomberg News (“Polish President Seeks Protection for Netanyahu at Auschwitz Liberation Event”, 8 gennaio 2025 at 2:45 PM EST) che Netanyahu non ha ancora ricevuto alcun invito ufficiale alla cerimonia per la liberazione di Auschwitz.
Ma il presidente polacco, Andrzej Duda, ha chiesto al governo di proteggere Benjamin Netanyahu da un potenziale arresto se il primo ministro israeliano parteciperà a una commemorazione nel paese dell’80° anniversario della liberazione di Auschwitz.
Le autorità polacche – ha dichiarato Duda – dovrebbero garantire che la permanenza di Netanyahu sul territorio polacco rimanga “senza ostacoli”. E ha fatto riferimento alle “circostanze assolutamente eccezionali” dell’evento, secondo una lettera dell’8 gennaio indirizzata al premier polacco Donald Tusk visionata da Bloomberg News.
La notizia diffusa da Bloomberg è stata ripresa oggi dalla stampa israeliana (sia da “The Times of Israel” che da “Haaretz”).
Dopo che la Corte penale internazionale ha emanato un mandato d’arresto per Netanyahu, il suo ex ministro della Difesa Yoav Gallant e anche Deif, capo militare di Hamas (che Israele ritiene di aver già ucciso in un bombardamento) i paesi che aderiscono alla Cpi dovranno decidere come muoversi. La Corte aveva già respinto i ricorsi dello Stato israeliano sulla giurisdizione.
Da una parte c’è la questione degli Stati che potrebbero decidere di non rispettare il mandato d’arresto. Dall’altra parte c’è il futuro del premier israeliano: chi ha l’obbligo di arrestare Netanyahu, in quali occasioni, e cosa succederebbe dopo se la cattura avvenisse? Secondo il parere di Micaela Frulli, docente ordinaria di Diritto internazionale all’Università degli studi di Firenze, i paesi che sono parte ,llo Statuto della Corte penale internazionale avrebbero l’obbligo di arrestarlo. Ma questo non vale per i Paesi che non ne sono parte (ad es., gli Stati Uniti). Del resto, non sarebbe la prima volta che uno Stato viola l’obbligo di cooperare con la Corte.
Ma c’è una norma del diritto internazionale che prevede che quando sono in carica – e solo finché sono in carica – i capi di Stato, di governo e i ministri degli Esteri abbiano immunità quasi assoluta dai procedimenti, e anche da ogni forma di arresto e coercizione (quest’ultima è la cosiddetta “inviolabilità personale”), ricorda la professoressa Frulli.
D’altra parte, però, gli Stati che sono parte della Corte penale internazionale hanno anche l’obbligo di rispettare il mandato d’arresto. Per loro, quindi, le due norme sono in conflitto. E va sottolineato, a scanso di equivoci, che nessuna delle due regole “sopravanza” l’altra, hanno la stessa forza. I governi devono fare una scelta, e assumersene le conseguenze.