K metro 0 – Mosca – Aspettando l’esito delle elezioni presidenziali americane, a Mosca Vladimir Putin definisce la sua strategia per chiudere la partita dell’Ucraina. Se non con una vittoria totale, almeno con un successo strategico che consenta alla Russia di arrivare al negoziato con Kiev – che a tutti oggi sembra impossibile, ma che
K metro 0 – Mosca – Aspettando l’esito delle elezioni presidenziali americane, a Mosca Vladimir Putin definisce la sua strategia per chiudere la partita dell’Ucraina. Se non con una vittoria totale, almeno con un successo strategico che consenta alla Russia di arrivare al negoziato con Kiev – che a tutti oggi sembra impossibile, ma che alla fine ci sarà – da una posizione di forza. Al Cremlino, ormai, nessuno crede più nella capitolazione di Volodomir Zelensky. Quella era stata l’illusione dei primi giorni dell’”operazione speciale” lanciata il 24 febbraio del 2022 quando una colonna di carri armati russi, lunga chilometri, puntò direttamente sulla capitale ucraina dove fu anche paracadutato un commando di incursori che avrebbe dovuto prendere di sorpresa il palazzo presidenziale. Quell’attacco in stile guerra-lampo fallì e, da allora, il conflitto è arrivato ai giorni nostri in un’altalena di avanzate e ripiegamenti.
Da quando le forze ucraine sono riuscite a entrare in territorio russo nella regione di Kursk e, soprattutto, da quando a metà settembre hanno aperto un nuovo fronte più a ovest, occupando anche la cittadina russa di Vesele, nel distretto di Glushkiv, al Cremlino sono convinti che il disegno di Zelensky sia quello di occupare stabilmente un pezzo di territorio russo per arrivare al negoziato – quando ci sarà – avendo in mano una moneta di scambio per salvare se non la Crimea, almeno il Donbass o parte di esso. Con le unità più forti dell’esercito già impegnate da due anni e mezzo nei combattimenti in territorio ucraino, la Russia si è trovata in difficoltà a contrattaccare in quelle che considerava retrovie sicure. Ed ecco che la prima mossa di Putin è stata quella di firmare un decreto (il 16 settembre) che porta a 2.389.130 persone l’organico delle forze armate russe dagli attuali 2.209.130.
Con questo nuovo aumento, i militari che possono essere impegnati sul terreno passano da 1.320.000 uomini a 1.500.000 uomini. E tutti i rinforzi – si dice – saranno impiegati per riconquistare i territori russi occupati dagli ucraini che erano difesi da unità delle forze territoriali meno preparate. Ma chi sono e da dove arriveranno questi nuovi combattenti? Ancora una volta Putin cerca i soldati nelle varie Repubbliche che fanno parte della sterminata Federazione russa. In Cecenia, in particolare. L’esercito del presidente ceceno Ramzan Kadyrov, figlio dell’ex presidente Akhmat Kadyrov assassinato più di vent’anni fa, è quello meglio addestrato e determinato in battaglia e i reggimenti ceceni già impiegati in Ucraina si sono distinti per la loro grande combattività. Uno in particolare: l’unità delle forze speciali “Akhmat” che prende il nome proprio dal defunto presidente. Il comandante di questa unità è il maggior-generale Apti Alaudinov che si sta lentamente guadagnando le prime pagine delle cronache della guerra sui giornali russi e che viene spesso intervistato dalle tv.
Dall’inizio dell’attacco ucraino a Kursk, Alaudinov è diventato uno dei personaggi più famosi in Russia. Pubblica video e testi su Telegram ogni giorno, ha quasi 300.000 follower, viene citato da agenzie e giornali, i talk show lo invitano come ospite tanto che a Mosca c’è chi pensa che Alaudinov potrebbe aspirare addirittura a diventare il successore del presidente Kadyrov le cui condizioni di salute non sarebbero buone. Alaudinov, 51 anni, è nato nella regione del Caucaso settentrionale, fuori dalla Cecenia. Suo padre, suo fratello maggiore e altri parenti sono morti durante la prima guerra tra la piccola repubblica e la Federazione Russa. Ha lavorato presso il ministero degli Interni ceceno e ne ha rapidamente scalato i ranghi fino a diventare viceministro.
Era considerato uno stretto collaboratore di Ramzan Kadyrov, ma alla fine del 2010 tra i due ci sarebbe stata una rottura. Per questo sarebbe stato “mandato in pensione” e trasferito a Mosca. Dove, però, è entrato nella cerchia dei fedelissimi di Putin che – soprattutto da quando è cominciata l’invasione dell’Ucraina – ha messo più volte mano nelle alte sfere delle forze armate fino ad arrivare, il 15 maggio scorso, a sostituire il ministro della Difesa, il generale Sergei Shoigu, con un civile: Andrej Belorusov, 65 anni, un economista, figlio di un economista, che era uno dei vicepremier del governo. Il Cremlino ha spiegato la scelta con il desiderio di “ricostruire l’integrazione tra il comparto della Difesa e l’intera economia”. A Shoigu, che aveva guidato il ministero per dodici anni, Putin ha assegnato il ruolo di capo del Consiglio di sicurezza: un incarico importante, ma molto meno operativo.
Nello stesso rimpasto del governo, Putin ha fatto anche un’altra nomina di cui in Occidente poco si è parlato. Anna Civilieva è diventata viceministro della Difesa. E’ una scelta particolare: prima donna a ricoprire questo incarico, ma soprattutto cugina di Vladimir Putin. Anna, infatti, è la figlia di Evgenij Putin, anche lui cugino del presidente, un urologo morto pochi mesi fa a 89 anni. Nata a Ivanovo il 9 maggio del 1972, Anna Putina ha poi preso il cognome del marito, Sergei Civiliev, che è ministro dell’Energia, ed è una delle donne più ricche di Russia con partecipazioni in diverse società: il 70 per cento del gruppo minerario del carbone Kolmar e una quota rilevante della società Digimed che fornisce attrezzature mediche allo Stato. Un anno fa, il 3 aprile del 2023, Putin aveva creato il fondo speciale “Difensori della Patria” per sostenere i soldati dell’operazione militare in Ucraina e le loro famiglie e ne aveva nominato presidente proprio Anna Civilieva.
di Anna Komarova