K metro 0 – Praga – Sono partiti da Berlino e Praga per tornare nella “Steppa dorata” del Kazakistan dove mancavano da almeno due secoli. Sono sette cavalli di Przewalski, l’ultima specie di cavallo selvaggio del pianeta. Più piccoli e più bassi dei loro parenti domestici raggiungono un’altezza di circa 1,22–1,42 metri al garrese, pesano in
K metro 0 – Praga – Sono partiti da Berlino e Praga per tornare nella “Steppa dorata” del Kazakistan dove mancavano da almeno due secoli. Sono sette cavalli di Przewalski, l’ultima specie di cavallo selvaggio del pianeta. Più piccoli e più bassi dei loro parenti domestici raggiungono un’altezza di circa 1,22–1,42 metri al garrese, pesano in media 300 chili e hanno un mantello falbo (giallo scuro). Tutte caratteristiche che ricordano le rappresentazioni dell’arte preistorica: assomigliano molto ai cavalli raffigurati nell’arte paleolitica dalle grotte del Périgord, dei Pirenei e dei Monti Cantabrici.
La specie prende il nome dall’esploratore russo Nikolai Przewalski che fu il primo a identificarla per la comunità scientifica europea.
I cavalli di Przewalski vivono allo stato brado, ma in realtà sono una specie selvatica i cui antenati furono addomesticati quasi 5.500 anni fa in Kazakistan dalla cultura Botai (culla d’origine della domesticazione dei cavalli in Asia, iniziata in Europa solo dal III millennio a.C.) prima di tornare allo stato brado. E rappresentano sotto questo aspetto un gruppo la cui protezione è fondamentale.
Gli esemplari reintrodotti in Kazakistan sono stati trasportati in aereo all’inizio di giugno nell’ambito di un’operazione gestita dallo Zoo di Praga. Quattro giumente sono partite da Berlino: Tessa, Wespe e Umbra erano nate in Germania, mentre la più giovane, Sary, nel parco zoologico di Thoiry, in Francia. Hanno affrontato prima un volo di 18 ore fino ad Arkalyk e poi un viaggio in camion di altre sette ore fino all’area designata per la reintroduzione della specie in natura, la cosiddetta “steppa dorata” dove dal 2006 opera l’iniziativa per la conservazione di Altyn Dala, un’area vasta quanto la Danimarca occupata da specie vulnerabili quali la Saiga tatarica (o antilope delle steppe) e il Kulan, una sottospecie di asino selvatico asiatico, animali nomadi che viaggiano per migliaia di kilometri ogni anno per sfamarsi e riprodursi.
Pochi giorni prima erano arrivati da Praga anche lo stallone Zorro e le due giumente Zeta II e Ypsilonka. I cavalli di Przewalski sono “una specie in via di estinzione che ritorna nelle terre ancestrali”, vista l’ultima volta in Mongolia negli anni ’60. Entro la fine di quest’anno è previsto l’arrivo di altri 40 cavalli.
I primi sette giunti dallo zoo di Praga stanno già bene dopo due settimane: vagano per le pianure e iniziano persino il processo di accoppiamento.
Sebbene negli ultimi decenni i cavalli di Przewalski siano stati lentamente reintrodotti in Mongolia e in Cina, questa operazione segna il loro primo ritorno in Kazakistan: un “evento di importanza storica” ha detto il direttore dello zoo di Praga Miroslav Bobek.
I sette cavalli selvatici avranno a disposizione per circa un anno un’area in cui abituarsi alla convivenza reciproca e alle nuove condizioni climatiche e ambientali, sotto la stretta sorveglianza di un’équipe di esperti. Saranno tenuti in un recinto di “acclimatamento” di 60 ettari per il primo anno prima di essere rilasciati nelle praterie più ampie.
La specie ha avuto origine millenni fa dalle steppe dell’Asia centrale e alcuni esemplari furono portati in Europa e Nord America nel XIX e XX secolo, dove si stabilirono negli zoo.
Qualcuno finì negli zoo di Monaco e Praga: sono i loro discendenti che ora sono stati reintrodotti in Kazakistan.
Quando furono “scoperti” da Przewalski nel 1879, si trovavano solo in una piccola parte della Mongolia occidentale.
Sono la specie più antica e rara di cavalli: quella che più di qualsiasi altra testimonia il lungo cammino accanto all’uomo durante una storia millenaria. Una pecie che rischiava di estinguersi. Dopo la seconda guerra mondiale furono compiuti sforzi internazionali per salvarli. E allo Zoo di Praga venne affidata la “scuola internazionale” per lo studio di questa razza equina.
Il cavallo di Przewalski è stato a lungo considerato l’unica vera specie di cavallo selvaggio rimasta, poiché specie come il mustang americano e il brumby australiano sono cavalli selvaggi discendenti da animali domestici.
Il cavallo di Przewalski è più corto e più tozzo dei moderni cavalli domestici e le loro differenze genetiche mostrano che nessuna delle due specie è antenata dell’altra.
Lo zoo di Praga spera di emulare il successo del suo programma in Mongolia lo scorso decennio, dove l’introduzione di 34 cavalli aveva contribuito ad aumentare la popolazione nativa fino a superare gli 850 animali.
I ricercatori sono ottimisti ha detto il direttore dello zoo, Filip Mašek secondo il quale sebbene l’attività umana non sia stata l’unica ragione dell’estinzione del cavallo, attività come la caccia e l’allevamento della specie con cavalli addomesticati hanno accelerato la loro scomparsa.
Liberati nella steppa del Kazakistan, cavalli di Przewalski daranno un contributo positivo anche in termini di biodiversità, riferisce il quotidiano “The Guardian”, perché spargono i semi con il loro sterco (che funge anche da fertilizzante) e, dissotterrando le piante, aiutano l’acqua a penetrare nel terreno.