K metro 0 – Lisbona – Il governo portoghese sta recuperando il tempo perduto. E si adegua alla direttiva UE sulla tassazione minima (al 15%) dei profitti delle multinazionali e dei grandi gruppi nazionali (con un reddito finanziario combinato superiore a 750 milioni di euro all’anno) entrata in vigore dal 1° gennaio. Il provvedimento rientra
K metro 0 – Lisbona – Il governo portoghese sta recuperando il tempo perduto. E si adegua alla direttiva UE sulla tassazione minima (al 15%) dei profitti delle multinazionali e dei grandi gruppi nazionali (con un reddito finanziario combinato superiore a 750 milioni di euro all’anno) entrata in vigore dal 1° gennaio.
Il provvedimento rientra nel pacchetto di 60 misure adottate dal governo portoghese per rilanciare l’economia del paese, approvato nella riunione di gabinetto del 5 luglio scorso. Durante la conferenza stampa successiva alla riunione, il ministro delle Finanze Joaquim Miranda Sarmento, ha ammesso il ritardo nell’attuazione della direttiva UE che ha comportato un procedura d’infrazione avviata dalla Commissione europea.
L’entrata in vigore delle norme minime in materia di imposizione effettiva, concordate all’unanimità dagli Stati membri nel 2022, formalizza l’attuazione da parte dell’UE delle cosiddette norme del secondo pilastro concordate nell’ambito dell’accordo politico per un “nuovo ordine fiscale globale” dell’OCSE (l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Internazionale) con l’obiettivo di recuperare a tassazione i redditi delle multinazionali che, secondo le regole attuali, sono tassati poco o nulla negli Stati di produzione e altrettanto in quelli di residenza (finché non sono rimpatriati); contrastare la “corsa al ribasso” degli Stati nella tassazione dei redditi societari, determinata dalla “globalizzazione sregolata” (senza un coordinamento efficace tra le legislazioni dei vari paesi).
La direttiva UE del 1° gennaio 2024 realizza l’impegno dell’Unione ad essere tra i primi ad attuare la riforma fiscale dell’OCSE. Sebbene quasi 140 giurisdizioni in tutto il mondo abbiano ora aderito alle nuove norme OCSE, l’UE è stata all’avanguardia nel tradurle in leggi vincolanti. Riducendo l’incentivo per le imprese a trasferire gli utili verso giurisdizioni a bassa imposizione fiscale, il secondo pilastro limita la cosiddetta “corsa al ribasso”, ossia la battaglia tra i paesi per abbassare le aliquote dell’imposta sul reddito delle società al fine di attrarre investimenti. Il secondo pilastro sta già dando risultati, con una serie di giurisdizioni a tassazione zero che hanno annunciato l’introduzione di un’imposta sul reddito delle società per le società che rientrano nell’ambito di applicazione.
L’Europa, insieme ai paesi in via di sviluppo, è l’area più colpita del mondo dall’elusione fiscale delle grandi aziende. L’ Eu tax observatory stima che se a livello globale il 10% del gettito viene perso a causa dell’elusione, in Europa la quota sale circa al 20%.
Grazie ai dati forniti dall’ Eu tax observatory nella piattaforma Atlas of the offshore world sappiamo che la quota più elevata è quella francese, che sfiora il 36%. Altri valori elevati si riscontrano in Portogallo e Svezia con rispettivamente il 29% e il 27%.
In conclusione, il dumping fiscale è praticato anche entro i confini dell’UE. In linea generale, Lussemburgo, Olanda, Cipro, Belgio, Irlanda, Malta, Regno Unito e Svizzera sono quelli con le tasse più basse, che vanno dal 5% al 25%. Al 1° gennaio 2024, due Stati membri dell’Ue avevano aliquote d’imposta per le società inferiori al 15%:Ungheria(9%),Bulgaria (1%),Irlanda e Cipro poco sopra la soglia (12,5%).