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Regno Unito: elezioni politiche, il 4 luglio si profila una disfatta per Sunak e i conservatori

Regno Unito: elezioni politiche, il 4 luglio si profila una disfatta per Sunak e i conservatori

K metro 0 – Agenzia Nova – Londra – Le elezioni politiche del 4 luglio nel Regno Unito potrebbero risultare catastrofiche per il Partito conservatore e condizionare l’evoluzione futura della formazione. Dopo 14 anni al potere, i Tories sembrano infatti destinati a quello che gli esperti definiscono il peggior risultato elettorale generale dei suoi 190

K metro 0 – Agenzia Nova – Londra – Le elezioni politiche del 4 luglio nel Regno Unito potrebbero risultare catastrofiche per il Partito conservatore e condizionare l’evoluzione futura della formazione. Dopo 14 anni al potere, i Tories sembrano infatti destinati a quello che gli esperti definiscono il peggior risultato elettorale generale dei suoi 190 anni di storia. Le dimensioni di tale sconfitta sarebbero tali, stando ai sondaggi, l’attuale premier Rishi Sunak potrebbe addirittura diventare il primo capo di governo a perdere il proprio seggio ai Comuni. Sempre in questa prospettiva, nel Parlamento britannico potrebbero finire a sedersi solo 53 rappresentanti dei Tories, con circa tre quarti degli attuali membri del gabinetto di Sunak che rischia di restare escluso. La strategia del primo ministro uscente, che ha riconosciuto la probabile vittoria laborista il 4 luglio, è sembrata del resto orientata a mantenere unito un partito in via di frammentazione, cercando contemporaneamente di far perdere parte del vantaggio di cui gode l’opposizione.

Nel loro manifesto elettorale, i Tory hanno infatti presentato proposte come tagli alle tasse per i pensionati, ridimensionamento degli obiettivi climatici e una posizione “ferma” sulle politiche genere. Tale programma, composto da 80 pagine, si è rivelato finora efficace nel suscitare reazioni online e alimentare il dibattito politico. Per cercare di attirare ulteriori voti, il partito ha inoltre promesso ulteriori tagli fiscali, finanziati attraverso una significativa riduzione della spesa per il welfare e per la burocrazia pubblica. Tuttavia, dietro le promesse accattivanti, gli analisti sottolineano come molti britannici potrebbero vedere aumentare le soglie di reddito soggette a tassazione, mentre i conservatori sono rimasti vaghi sulle specifiche dei tagli al welfare.

Resta poi il tema dell’immigrazione, questione centrale del mandato di Sunak e linea di demarcazione netta con il Partito laborista. I Tories hanno presentato un nuovo impegno per le elezioni generali, annunciando di voler ridurre l’immigrazione regolare attraverso l’istituzione di un tetto annuale per i visti e dando finalmente il via al tanto dibattuto programma di deportazione dei migranti illegali in Ruanda. Durante la campagna elettorale, Sunak ha dichiarato più volte che il suo partito è “l’unico disposto a prendere l’audace azione necessaria per ridurre le cifre dell’immigrazione”, promettendo di dare al parlamento un ruolo diretto nel fissare i livelli di immigrazione verso il Regno Unito. Quello di Sunak pare però solo l’ultimo di una lunga serie di impegni Tory sul tema: dagli obiettivi degli ex premier David Cameron e Theresa May di limitare l’immigrazione netta a “decine di migliaia” di persone, alla promessa di Boris Johnson su un calo dei “numeri complessivi” dei migranti, fino all’impegno di Sunak per ” fermare l’immigrazione della Manica”. Eppure, 14 anni dopo l’ingresso a Downing Street dei conservatori, il saldo migratorio nel Regno Unito è di due volte e mezzo maggiore rispetto al dato del 2010, e secondo le cifre provvisorie diffuse dal ministero dell’Interno, nei primi sei mesi del 2024 il totale di migranti illegali arrivati sulle coste del Regno Unito è stato di oltre 13 mila persone, un aumento del 17 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.

Proprio la questione dell’immigrazione si è rivelata un’arma a doppio taglio per Sunak, con molti elettori conservatori che si sono rivolti al partito di estrema destra Reform Uk e al suo leader, Nigel Farage. Quest’ultimo, già promotore del referendum sulla Brexit, sta attirando un numero crescente di sostenitori con la promessa di “riprenderci il nostro Paese”. Sebbene Reform Uk non abbia alcun seggio in Parlamento, rappresenterà probabilmente una minaccia per i Tories tanto quanto l’opposizione “ufficiale” dei laboristi nelle elezioni di questo giovedì. In questo senso, la figura carismatica di Farage continua ad avere un peso nella politica britannica: anche se la rinascita nazionale post-Brexit da lui promessa deve ancora materializzarsi, il potere di attrazione del leader populista persiste tra gli elettori delle regioni più povere del Paese. Proprio agli elettori di queste aree intendono del resto rivolgersi i conservatori, per impedire ai laboristi di ottenere una vittoria schiacciante.

Ad ormai pochi giorni dal voto, Reform Uk è dato dai sondaggi quasi alle stesse percentuali dei Tories, un risultato notevole considerando come il partito abbia iniziato la campagna con una media dell’11 per cento nelle rilevazioni demoscopiche. Il ritorno di Nigel Farage alla guida, e la maggiore visibilità che ha dato alla sua causa, hanno portato ad un rialzo delle preferenze, fino a una media del 17 per cento registrato a sei giorni dall’apertura dei seggi. Se ciò si traducesse in una quota di voti simile il 4 luglio, si tratterebbe di un notevole successo per Reform Uk e un segnale pessimo per il Partito conservatore, dato vicino al 20 per cento.

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