K metro 0 – Baku – Il prossimo 30 e 31 maggio si terrà a Baku e Zangilan, Azerbaigian, la terza edizione della conferenza internazionale “Mitigating environmental impact of landmines: resource mobilization for safe and green future”, dedicata all’impatto ambientale delle mine e alle prospettive di bonifica per la ricostruzione dei territori liberati dell’Azerbaigian. Nel
K metro 0 – Baku – Il prossimo 30 e 31 maggio si terrà a Baku e Zangilan, Azerbaigian, la terza edizione della conferenza internazionale “Mitigating environmental impact of landmines: resource mobilization for safe and green future”, dedicata all’impatto ambientale delle mine e alle prospettive di bonifica per la ricostruzione dei territori liberati dell’Azerbaigian.
Nel corso degli ultimi ottant’anni, l’uso di mine terrestri e ordigni inesplosi (comunemente conosciuti con l’acronimo “UXO”) è stato responsabile di un’ampia contaminazione su scala globale, in modo particolare in territori interessati da conflitti. Inoltre, le mine terrestri continuano a rappresentare una minaccia significativa per la popolazione civile e per l’ambiente anche molto tempo dopo la cessazione delle ostilità. Le mine terrestri e gli UXO possono causare lesioni gravi e nei casi più critici la morte, colpendo spesso gli individui più vulnerabili della società, come donne, bambini e sfollati interni.
Secondo il rapporto sul monitoraggio delle mine terrestri pubblicato nel 2023 dalla Campagna Internazionale per la messa al bando delle mine antiuomo, nel 2022 sono state registrate almeno 4.710 vittime di mine terrestri e UXO. Le mine terrestri e la contaminazione da UXO hanno un impatto significativo sullo sviluppo socioeconomico inibendo le attività agricole, limitando l’accesso alle risorse naturali ed esacerbando la povertà e l’insicurezza alimentare delle popolazioni colpite. L’eredità della guerra, delle mine terrestri e degli UXO può causare lo sfollamento della popolazione, interrompendo la coesione sociale e peggiorando le crisi umanitarie. Inoltre, le mine terrestri e la contaminazione da UXO ostacolano le iniziative di recupero e sviluppo che ostacolano il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) delle Nazioni Unite.
Allo stesso modo, la detonazione delle mine terrestri durante il processo di sgombero o di distruzione delle scorte rilascia sostanze chimiche tossiche e metalli pesanti nell’ambiente, con un alto rischio di contaminazione del suolo, dei corsi d’acqua e della vegetazione. Di conseguenza, non è remota la possibilità di sconvolgimento dell’equilibrio naturale con una conseguente perdita di biodiversità.
La Repubblica dell’Azerbaigian è uno dei Paesi che si trova ad affrontare una grave contaminazione su larga scala da mine terrestri e UXO. Dopo la fine delle ostilità con l’Armenia nel novembre 2020, in Azerbaigian sono state uccise o ferite 346 persone, 167 delle quali civili. Le mine terrestri possono rimanere attive per molti anni, il che le rende particolarmente insidiose. Con oltre un quarto di secolo di esperienza nel settore umanitario dello sminamento, l’Agenzia per l’azione antimine della Repubblica dell’Azerbaigian (ANAMA) è stata istituita nel 1998 con il sostegno del Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP), con l’impegno di affrontare la contaminazione da mine antiuomo e UXO.
Nel 2020, il governo della Repubblica dell’Azerbaigian ha ampliato il mandato di ANAMA, affidandole funzioni rafforzate di pianificazione, coordinamento, assegnazione di compiti, accreditamento e supervisione, nonché ampliando la sua capacità operativa per rispondere alle crescenti esigenze di azioni umanitarie contro le mine nel Paese.
Da un punto di vista puramente strategico, le mine terrestri vengono generalmente utilizzate per impedire al nemico di avanzare in una determinata porzione di territorio. Nonostante non siano di per sé vietate, il loro utilizzo è comunque limitato dai principi generali del diritto internazionale umanitario. Tali principi sono stati successivamente codificati e aggiornati seguendo l’evoluzione del diritto internazionale nella Convenzione sulle armi convenzionali del 1980. Inoltre, nel 1997 è stata firmata a Ottawa una Convenzione sul divieto dell’uso, dello stoccaggio, della produzione e del trasferimento delle mine antiuomo e sulla loro distruzione.
Di grande importanza è il fatto che sia stata accertata una chiara correlazione tra l’impiego delle mine antiuomo e l’intensificazione dell’instabilità in società già frammentate. La diffusione delle mine ha concretamente il potenziale di minacciare e minare gli sforzi di ricostruzione dopo anni di guerra civile interna e aggressione esterna. Quest’ultimo è particolarmente evidente in Azerbaigian, dove le mine continuano a rappresentare uno dei principali ostacoli alla ricostruzione dei territori liberati. Allo stesso tempo, non esistono dubbi sulle sfide umanitarie, ambientali e di sviluppo poste dalle mine sui Paesi colpiti, così come sulla minaccia alla pace internazionale che deve basarsi sull’esistenza di governi sicuri e stabili.
In questa prospettiva, per decenni il diritto internazionale difficilmente ha fornito risposte immediate né in termini di responsabilità per la rimozione delle mine né in termini di applicazione delle normative esistenti, poiché non esisteva alcun meccanismo di verifica per valutare l’attuazione della legislazione relativa all’uso delle mine terrestri. Ciononostante, gli sforzi continui delle Nazioni Unite e del Comitato Internazionale della Croce Rossa per affrontare la questione delle restrizioni sull’uso delle armi hanno portato alla Conferenza diplomatica di Ginevra sul diritto umanitario nel 1974-1977. La conferenza ha prodotto due Protocolli aggiuntivi alla Convenzione Convenzioni di Ginevra del 1949. Sebbene non sia stato raggiunto alcun accordo sulla restrizione o la proibizione di specifiche armi convenzionali, è stato istituito un Comitato ad hoc sulle armi come base per i futuri negoziati su un trattato sulle armi.
In questo senso, la Conferenza delle Nazioni Unite sulle armi convenzionali ha adottato la Convenzione sulle armi convenzionali e tre protocolli allegati relativi a frammenti non rilevabili, trappole e dispositivi simili e armi incendiarie. È interessante notare che il Protocollo facoltativo sui divieti e le restrizioni all’uso di mine, trappole esplosive e altri dispositivi (modificato nel 1996 ed entrato in vigore nel dicembre 1988) rappresenta uno dei primi tentativi di stabilire un regime giuridico per la regolamentazione dell’uso delle mine antiuomo in tempo di guerra, che prima dei negoziati si basava principalmente sul principio di proporzionalità e sul divieto dell’uso di armi dagli effetti indiscriminati. In particolare, il Protocollo stabilisce una serie di regole per l’impiego delle mine terrestri, pur non vietandone l’uso, ed è applicabile sia ai conflitti armati internazionali che interni.