K metro 0 – Gaza – Mercoledì 8 maggio, l’avvertimento lanciato dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden al primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu in un’intervista alla Cnn è stato chiaro: “Se entrano a Rafah, non consegnerò le armi che sono sempre state usate (…) contro le città”. Per la prima volta ha così posto
K metro 0 – Gaza – Mercoledì 8 maggio, l’avvertimento lanciato dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden al primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu in un’intervista alla Cnn è stato chiaro: “Se entrano a Rafah, non consegnerò le armi che sono sempre state usate (…) contro le città”. Per la prima volta ha così posto in pubblico le condizioni per il sostegno militare degli Stati Uniti a Israele, minacciando addirittura di interrompere i trasferimenti di armi al suo storico alleato nel caso di una grande offensiva dell’esercito israeliano nella sovrappopolata città dell’enclave palestinese.
Washington ha sempre confermato il suo ruolo di principale sostenitore di Tel Aviv, ma con l’evolversi della devastante risposta israeliana nella Striscia di Gaza, questa posizione ha iniziato ad ammorbidirsi. È aumentata anche, al contempo, la pressione internazionale sui Paesi che forniscono armi a Israele. Negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Francia si moltiplicano infatti gli appelli ai governi affinché sospendano le vendite di armi a fronte del perdurare della guerra e della catastrofica situazione umanitaria nella Striscia di Gaza.
Il 5 aprile, il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha chiesto di fermare tutte le vendite di armi a Israele, a causa dei timori di “genocidio” contro i palestinesi. Dei 47 membri dell’organismo, 28 hanno votato a favore di questa risoluzione non vincolante, mentre sei si sono opposti, tra cui Stati Uniti e Germania. La Francia è stata uno dei 13 Paesi ad astenersi. Altre nazioni, come Canada e Spagna, hanno assicurato di aver interrotto le loro forniture di armi. Sebbene la maggior parte dei Paesi non fornisca dettagli sul volume e sulla natura delle armi esportate, gli studi condotti da Ong e parlamenti nazionali forniscono una panoramica di questi trasferimenti di armi. Vediamoli in dettaglio. Ne riferisce franceinfo.
Gli Stati Uniti sono di gran lunga il principale fornitore di armi a Israele. Secondo un rapporto dell’Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma (Sipri), che studia i trasferimenti di armi a livello mondiale, Washington ha consegnato il 69% delle armi importate da Israele tra il 2019 e il 2023.. Washington si è impegnata a fornire 3,8 miliardi di dollari di aiuti all’anno (circa 3,6 miliardi di euro) in questo periodo.
Dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre, gli Stati Uniti hanno reso pubbliche solo due consegne di armi a Israele. Si tratta di 106,5 milioni di dollari (circa 100 milioni di euro) di aiuti per munizioni per carri armati, come riportato dall’Associated Press, e di 147,5 milioni di dollari (138,5 milioni di euro) per componenti per la fabbricazione di granate, secondo l’agenzia di stampa statunitense. Queste consegne sono state effettuate senza un voto del Congresso, con una procedura d’emergenza.
La Germania ha invece aumentato le consegne dopo il 7 ottobre. Secondo il Sipri, essa è il secondo fornitore di armi di Israele e rappresenta il 30% delle importazioni dello Stato ebraico tra il 2019 e il 2023. Queste consegne hanno subito un’accelerazione dopo il 7 ottobre. Il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, ha dichiarato che la sicurezza di Israele è una “raison d’Etat” (ragione di Stato) per la Germania ed è stato il primo leader straniero a visitare Israele, dieci giorni dopo gli attacchi. Secondo la Reuters, il 2 novembre il governo tedesco ha approvato l’esportazione di attrezzature di difesa per un valore di quasi 303 milioni di euro verso Israele.
L’Italia è il terzo venditore di armi a Israele. Fra ottobre e novembre 2023, l’Italia ha esportato “armi e munizioni” in Israele per un valore di 817.536 euro. In particolare, 233.025 euro a ottobre e 584.511 euro a novembre. A dicembre, Roma ha esportato armi per un valore di 1,3 milioni di euro, tre volte il livello dello stesso mese del 2022, continua Altreconomia.
La Francia continua invece a ribadire che sta fornendo solo armi “difensive”. Secondo il rapporto annuale 2023 del ministero della Difesa francese, tra il 2013 e il 2022 Macron ha consegnato allo Stato ebraico attrezzature militari per un valore di 207,6 milioni di euro. Secondo Le Monde, Parigi ha anche autorizzato l’esportazione di armi ML4, tra cui bombe, razzi, siluri e altri missili, per un valore di quasi 9 milioni di euro.
Alla fine di gennaio, il governo francese ha affermato che Parigi “non esporta, e non esportava prima dei drammatici eventi del 7 ottobre, attrezzature letali che potrebbero essere utilizzate contro i civili nella Striscia di Gaza”, ma che ha venduto attrezzature che consentono a Israele di difendersi. Tuttavia, secondo un’inchiesta congiunta condotta a marzo dai media Disclose e Marsactu, “alla fine di ottobre 2023, il Paese transalpino ha autorizzato la consegna a Israele di almeno 100.000 munizioni per mitragliatrici che potrebbero essere utilizzate contro i civili a Gaza”.
In risposta, il ministro delle Forze armate Sébastien Lecornu ha affermato che “la licenza francese concessa [per questa consegna] non dà all’esercito israeliano il diritto di utilizzare questi componenti”, ma autorizza solo la “riesportazione” verso Paesi terzi. Il ministro ha assicurato che altri componenti francesi sono stati utilizzati solo “in sistemi puramente difensivi”, come l'”Iron Dome”.
Dal 2015, il Regno Unito ha concesso a Israele licenze per l’acquisto di armi per un valore di oltre 487 milioni di sterline (quasi 570 milioni di euro), riferisce l’Ong britannica Campaign Against Arms Trade. Ma le pressioni sul governo britannico per fermare le esportazioni sono aumentate dopo che sette operatori umanitari, tra cui tre britannici, sono morti a Gaza. I partiti di opposizione SNP (indipendentisti scozzesi) e Lib-Dem (centristi), così come diversi parlamentari del partito conservatore al governo, hanno chiesto l’immediata sospensione dei trasferimenti. Circa 600 avvocati britannici hanno fatto altrettanto, citando un “serio rischio di genocidio” nel territorio palestinese.
Canada, Spagna e Paesi Bassi hanno invece interrotto le consegne. Il 20 marzo, il Canada ha dichiarato che avrebbe smesso di inviare armi a Israele. Secondo Ottawa, dal 7 ottobre le licenze di vendita di armi a Israele sono state limitate ad attrezzature non letali, come gli strumenti di comunicazione. E “dall’8 gennaio, il governo non ha approvato alcuna nuova licenza”, ha dichiarato l’ufficio del Ministro degli Affari Esteri, Mélanie Joly.
Le licenze approvate prima di questa data rimangono comunque in vigore. In Spagna, non ci sono state vendite di armi a Israele dal 7 ottobre 2023, secondo il governo spagnolo. Tuttavia, nel novembre 2023 sono state esportate in Israele munizioni per un valore di 987.000 euro, come riporta il sito web El Diario. Secondo il governo, ciò corrisponde a contratti firmati prima degli attacchi di Hamas. Nel 2023, secondo i dati del commercio estero spagnolo, Madrid ha venduto a Israele un totale di 37,8 tonnellate di armi, per un valore di 1,6 milioni di euro.
Nei Paesi Bassi, la Corte d’Appello dell’Aia ha ordinato al governo olandese di bloccare tutte le esportazioni di parti di jet da combattimento F-35 a Israele il 12 febbraio, temendo che possano essere utilizzate per violare il diritto internazionale durante la guerra a Gaza, riporta Reuters. I componenti sono stoccati presso il centro locale del produttore di aerei statunitense Lockheed Martin a Woensdrecht, nella parte occidentale del Paese. Secondo il quotidiano De Standaard, entro il 2022 sono stati consegnati da Woensdrecht a Israele componenti dell’F-35 per un valore di oltre 217 milioni di euro.
di Sandro Doria