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Elezioni europee, il nodo saranno le questioni ambientali e climatiche

Elezioni europee, il nodo saranno le questioni ambientali e climatiche

K metro 0 – Bruxelles – Il Parlamento europeo si è riunito in sessione plenaria a Strasburgo per l’ultima volta prima delle elezioni europee fino a giovedì 25 aprile, per poi discutere dei tentativi dell’estrema destra e dei conservatori di distruggere il grande piano dell’Ue per raggiungere la neutralità delle emissioni di carbonio entro il

K metro 0 – Bruxelles – Il Parlamento europeo si è riunito in sessione plenaria a Strasburgo per l’ultima volta prima delle elezioni europee fino a giovedì 25 aprile, per poi discutere dei tentativi dell’estrema destra e dei conservatori di distruggere il grande piano dell’Ue per raggiungere la neutralità delle emissioni di carbonio entro il 2050. Il Patto verde europeo ricorda difatti l’importanza data alle questioni climatiche e ambientali durante questo mandato e i vivaci dibattiti che avranno suscitato fino alla fine. I 720 nuovi eurodeputati eletti dal 6 al 9 giugno seguiranno la stessa strada? Se l’è chiesto Franceinfo.

Il rinnovo dei deputati all’inizio di giugno sarà pertanto decisivo. L’ambiente è difatti una delle principali prerogative di Bruxelles. Come l’energia, i trasporti e l’agricoltura, è fra i settori in cui le competenze sono condivise tra l’Ue e gli Stati membri, come sottolinea il sito web della Commissione europea. Il Trattato di Lisbona, che regola il funzionamento dell’Ue, le consente di “legiferare se il livello europeo è più rilevante”, spiega Nicolas Berghmans, responsabile per l’Europa dell’Istituto per lo sviluppo sostenibile e le relazioni internazionali (Iddri). La tutela dell’ambiente e la lotta al cambiamento climatico riguardano la vita quotidiana di tutti gli europei e sono questioni globali”, sottolinea. C’è quindi un forte interesse a coordinare gli sforzi per garantire l’efficacia dell’azione pubblica e per trasmettere un messaggio comune a livello internazionale”.

L’Unione europea “ha un impatto maggiore sul riscaldamento globale quando una decisione viene presa a nome di 500 milioni di europei”, concorda Pascal Canfin (Renaissance, Renew a livello europeo), che presiede la Commissione ambiente del Parlamento europeo. Il più delle volte, il processo decisionale è in effetti condiviso. Ogni Paese ha un certo margine di manovra per riflettere le proprie caratteristiche specifiche, ma deve rispettare gli standard stabiliti, pena l’applicazione di sanzioni.

La Francia, ad esempio, è stata condannata a pagare una multa di 500 milioni di euro per non aver raggiunto gli obiettivi europei sulle energie rinnovabili nel 2020: esse rappresentavano solo il 19,1% del mix energetico francese, al di sotto del 23% fissato dall’Ue (che non include l’energia nucleare tra queste energie). Da allora, Bruxelles ha fissato un obiettivo ancor più ambizioso, che almeno il 42,5% del consumo energetico europeo provenga da fonti rinnovabili entro il 2030. Un “percorso” che ogni Paese seguirà a modo suo, commenta Phuc-Vinh Nguyen, ricercatore specializzato in politica energetica francese ed europea presso l’Istituto Jacques-Delors.

Il nuovo incentivo allo sviluppo delle energie rinnovabili è fra le misure di punta del Patto verde europeo, introdotto nel 2019 da Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea. Il piano prevede anche la fine della vendita di nuovi veicoli con motore a combustione interna entro il 2035, un regolamento sul ripristino della natura e una normativa per dimezzare l’uso di pesticidi nell’Ue entro il 2030, respinta dal Parlamento europeo a novembre.

Gli Stati membri sono così fondamentali per l’attuazione e il finanziamento delle misure. Il Green Deal, come è noto, è diventato uno spauracchio per alcuni esponenti della destra e dell’estrema destra. Il capo della lista Rassemblement National per le elezioni europee, Jordan Bardella, lo descrive come “dannoso per gli interessi del popolo francese”. La crisi agricola ha poi riacceso le critiche nei confronti dell’Unione Europea, accusata di moltiplicare i vincoli e di imporre i propri standard.

La Commissione europea afferma poi di aver destinato il 37% dei 750 miliardi di euro del suo piano di rilancio post-Covid all’ambiente e al clima. Ora stima che gli investimenti pubblici e privati necessari per raggiungere la neutralità delle emissioni di carbonio dovranno salire a 660 miliardi di euro all’anno per l’energia e a 870 miliardi di euro per i trasporti entro il 2050. Un dato sufficiente a spingere l’eurodeputata verde Karima Delli ad affermare che “nel prossimo mandato sarà necessario un Green Deal finanziario, per garantire il finanziamento delle misure promesse”. Tutto dipenderà, dunque, dal voto del Parlamento europeo la sera del 9 giugno.

Intanto un importante sondaggio d’opinione a livello europeo, in cui sono state intervistate più di 26.000 persone, di cui poco più di 1.000 in Francia, rivela che i transalpini sono gli europei più pessimisti sul futuro dell’Unione europea e l’unico Paese dei 27 in cui gli ottimisti sono in minoranza (42%), superati dai pessimisti (52%). Tendenza che sembra essersi accentuata negli ultimi anni, anche in Germania, ad esempio, dove gli ottimisti sono ancora in maggioranza, ma il pessimismo sta guadagnando terreno. Più in generale, i francesi hanno un’immagine peggiore dell’Ue e delle sue istituzioni rispetto agli altri 26 Paesi.

di Sandro Doria

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