K metro 0 – Bangkok – Sette anni dopo aver massacrato migliaia di Rohingya musulmani, l’esercito del Myanmar ora ne pretende l’aiuto. L’Onu l’ha definita una “pulizia etnica da manuale”. Dalle interviste con i Rohingya che vivono nello Stato di Rakhine, la Bbc ha difatti appreso che almeno 100 di loro sono stati arruolati nelle
K metro 0 – Bangkok – Sette anni dopo aver massacrato migliaia di Rohingya musulmani, l’esercito del Myanmar ora ne pretende l’aiuto. L’Onu l’ha definita una “pulizia etnica da manuale”.
Dalle interviste con i Rohingya che vivono nello Stato di Rakhine, la Bbc ha difatti appreso che almeno 100 di loro sono stati arruolati nelle ultime settimane per venire in soccorso della giunta in difficoltà. A metà febbraio, Mohammed ha raccontato che il capo del campo è venuto da lui a tarda notte e gli ha detto che avrebbe dovuto fare un addestramento militare. “Sono ordini dell’esercito, se ti rifiuti, faranno del male alla tua famiglia”. Diversi Rohingya hanno poi confermato che gli ufficiali dell’esercito girano per i campi ordinando ai più giovani di presentarsi all’addestramento militare.
Il dramma è che a Mohammed e ai Rohingya in Myanmar è ancora negata la cittadinanza e sono sempre soggetti a una serie di restrizioni discriminatorie, come il divieto di viaggiare al di fuori delle loro comunità. Nel 2012 decine di migliaia di Rohingya furono cacciati dalle comunità miste dello Stato di Rakhine e costretti a vivere in squallidi campi. Cinque anni dopo, nell’agosto 2017, in settecentomila sono fuggiti nel vicino Bangladesh, dopo che l’esercito ha lanciato una brutale operazione di sgombero contro di loro, uccidendo e violentando migliaia di persone e bruciando i loro villaggi. Circa seicentomila di loro sono ancora lì.
Per tutto questo, il Myanmar sta affrontando un processo per genocidio presso la Corte internazionale di giustizia dell’Aia. Il fatto che lo stesso esercito li stia ora reclutando con la forza è un segnale evidente della sua disperazione, dopo aver perso di recente enormi porzioni di territorio nel Rakhine a favore di un gruppo di insorti etnici chiamato Esercito Arakan. Decine di Rohingya nel Rakhine sono così stati uccisi dall’artiglieria militare e dai bombardamenti aerei.
Il regime militare che ha preso il potere in Myanmar tre anni fa ha subito difatti un’altra grande sconfitta, al confine orientale con la Thailandia. Le truppe hanno dovuto sopportare per settimane attacchi da parte di insorti di etnia Karen, alleati con altre forze anti-golpe. Centinaia di esse a guardia della vitale città di confine di Myawaddy hanno ora accettato di arrendersi. La maggior parte del commercio via terra del Myanmar con la Thailandia passa difatti per Myawaddy, una località strategica. Si tratta pertanto di una grave battuta d’arresto per la giunta militare, che negli ultimi mesi è stata cacciata anche da vaste aree lungo il confine cinese nello Stato Shan e nello Stato Rakhine, vicino al confine con il Bangladesh. Migliaia di soldati sono stati uccisi, oppure si sono arresi o hanno disertato per l’opposizione, costringendo i militari a imporre la coscrizione alla popolazione per cercare di recuperare le perdite.
I Rohingya temono pertanto di essere nuovamente presi di mira per essere trattati come carne da macello in una guerra che la giunta sembra stia perdendo. A essi è stato vietato di vivere nella città da quando sono stati cacciati durante le violenze comunitarie del 2012. “Ci hanno insegnato a caricare i proiettili e a sparare”, ha raccontato. “Ci hanno anche mostrato come smontare e rimontare un’arma”. In un video visto dall’emittente britannica si vede un altro gruppo di coscritti Rohingya a cui viene insegnato l’uso dei fucili BA 63, una vecchia arma standard usata dalle forze armate del Myanmar.
Un altro coscritto è Hussain, del campo di Ohn Taw Gyi, anch’esso vicino a Sittwe. Suo fratello Mahmoud dice che è stato portato via a febbraio e ha completato l’addestramento militare, ma si è nascosto prima che potessero mandarlo al fronte. L’esercito nega tuttavia di aver utilizzato i Rohingya per combattere le battaglie con l’esercito Arakan. Il generale Zaw Min Tun, portavoce della giunta, ha dichiarato che non c’è alcun piano per mandarli in prima linea. “Vogliamo garantire la loro sicurezza, quindi abbiamo chiesto loro di contribuire alla loro difesa”.
Intanto il cibo nei campi sfollati è diventato scarso e costoso, poiché l’escalation del conflitto con l’esercito Arakan ha interrotto le forniture di aiuti internazionali. La negazione della cittadinanza, si diceva, è al centro della lunga lotta dei Rohingya per essere accettati in Myanmar e uno dei motivi per cui subiscono una discriminazione sistematica, descritta dai gruppi per i diritti umani come simile all’apartheid.
Quando i soldati sono tornati per portare via gli uomini arruolati, hanno ritirato l’offerta di cittadinanza ai Rohingya. Gli è stato risposto: “Avete capito male”. I Rohingya sono così costretti a combattere per un esercito che non riconosce il loro diritto di vivere in Myanmar, alienandosi così gli insorti etnici che potrebbero presto controllare la maggior parte del Rakhine. Una volta presi di mira da entrambi, ora si trovano in bilico tra le due parti.
di Sandro Doria