K metro 0 – Berlino – La Corte di giustizia europea ha confermato l’obbligo di memorizzare le impronte digitali per la carta d’identità fino al dicembre 2026, rispondendo così all’azione legale di un cittadino tedesco avviata nel novembre 2021. Ne riferisce ZDFheute. Detlev Sieber, dell’associazione “Digitalcourage”, aveva chiesto una nuova carta d’identità. Non voleva però
K metro 0 – Berlino – La Corte di giustizia europea ha confermato l’obbligo di memorizzare le impronte digitali per la carta d’identità fino al dicembre 2026, rispondendo così all’azione legale di un cittadino tedesco avviata nel novembre 2021. Ne riferisce ZDFheute.
Detlev Sieber, dell’associazione “Digitalcourage”, aveva chiesto una nuova carta d’identità. Non voleva però che le sue impronte digitali fossero memorizzate. Si è così rivolto al Tribunale amministrativo di Wiesbaden, il quale ha messo in dubbio la validità del corrispondente regolamento Ue e sottoposto la questione legale alla Corte di giustizia europea (Cge) per una pronuncia pregiudiziale.
La Corte di giustizia europea decide difatti sulla questione giuridica. Solo allora il tribunale tedesco può emettere una sentenza nel relativo procedimento. La procedura pregiudiziale serve pertanto a garantire l’applicazione uniforme del diritto dell’Unione da parte delle autorità e dei tribunali nazionali e a verificare la validità delle azioni delle istituzioni dell’Unione.
L’Unione europea, nel 2019 ha emanato un regolamento che stabilisce la memorizzazione digitale delle impronte digitali come standard minimo per le carte d’identità negli Stati membri. L’anno seguente, il Bundestag tedesco ha attuato il regolamento e reso obbligatoria la memorizzazione delle impronte digitali sulle carte d’identità dall’agosto 2021. Ricordiamo che anche Spagna, Italia e Austria hanno già stabilito questi parametri per le loro carte d’identità.
L’impronta digitale viene così memorizzata sul chip della carta d’identità e anche a livello digitale in un database fino al rilascio del documento. L’associazione “Digitalcourage” ritiene tuttavia che questo approccio presenti un potenziale di abuso. Sostiene che più spesso i dati biometrici vengono raccolti, trasmessi o letti, maggiore è la probabilità che si verifichi una fuga di dati. Una tecnologia che oggi è considerata sicura potrebbe essere, in sostanza, insicura e facile da decifrare tra qualche anno a loro avviso.
Eppure le carte d’identità biometriche all’estero non sono una novità. Nel 2001, la Malesia è stata il primo Paese al mondo a introdurre una carta d’identità su cui memorizzare digitalmente l’impronta digitale. La Colombia ha fatto lo stesso dal 2020, e così il Regno Unito, che ha creato un cosiddetto “permesso di soggiorno biometrico” sul quale le impronte digitali devono essere memorizzate, almeno per chi arriva dall’estero.
Dall’entrata in vigore del regolamento nel 2021, l’argomento è diventato di attualità e discussione anche in Germania. Gli esperti hanno espresso preoccupazioni in particolare per la protezione dei dati e temono un aumento dei furti di identità. Secondo Julia Witte di “Digitalcourage”, il “rilevamento obbligatorio delle impronte digitali non ha nulla a che fare con la libertà di movimento. Si tratta piuttosto di coercizione, cioè di mancanza di libertà”.
Il Tribunale amministrativo di Wiesbaden ha risposto in prima istanza che il consenso al trattamento delle impronte digitali non esiste a causa dell’obbligo della carta d’identità. A differenza di quanto avviene per i passaporti, cioè, i cittadini non possono decidere autonomamente se richiedere la carta d’identità, il che aumenta il livello di intrusione. Questa interferenza con la protezione dei dati personali non può essere giustificata dall’obiettivo di aumentare la libertà di circolazione all’interno dell’Unione. La carta d’identità, infatti, non è in primo luogo un documento di viaggio.
Laila Medina, avvocato generale della Corte di giustizia europea, la pensa però diversamente: “L’obbligo di rilevamento delle impronte digitali non è una misura intrusiva, poiché le impronte sono disponibili solo per il titolare della carta d’identità. Anche il rischio di falsificazione delle carte d’identità è ridotto. Gli Stati membri sono quindi più propensi ad accettare le carte d’identità, favorendo la libertà di circolazione. Questo è “il caso dell’accesso ai servizi pubblici come l’assistenza sanitaria o quando si ha a che fare con banche, compagnie aeree, luoghi di intrattenimento, hotel o altre strutture ricettive”.
La Corte di giustizia europea ha così dichiarato il regolamento non valido a causa di un errore formale. È stata applicata una base giuridica sbagliata e quindi una procedura senza una decisione unanime del Consiglio. Tuttavia, il contenuto del regolamento era legale. Le impronte digitali sono più efficaci contro il furto d’identità rispetto a una foto del viso, che cambia nel corso della vita di una persona. L’identificazione affidabile con le impronte digitali facilita gli spostamenti all’interno dell’Ue. La Corte di giustizia europea ha in definitiva confermato il regolamento fino al dicembre 2026. Una nuova carta d’identità sarà quindi ancora disponibile solo con le impronte digitali memorizzate.
di Sandro Doria