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Natale a Bassora, con cristiani e musulmani insieme

Natale a Bassora, con cristiani e musulmani insieme

K metro 0 – Bassora – “Noi siamo pronti con il mercatino natalizio”, annuncia padre Aram parroco della chiesa cattolica caldea di Bassora (Basrah). Seconda città dell’Iraq (1,3 milioni di abitanti) oggi “celebre” (si fa per dire…) per i pozzi petroliferi e gli impianti estrattivi, Basrah era conosciuta come la Venezia del Medio Oriente per

K metro 0 – Bassora – “Noi siamo pronti con il mercatino natalizio”, annuncia padre Aram parroco della chiesa cattolica caldea di Bassora (Basrah). Seconda città dell’Iraq (1,3 milioni di abitanti) oggi “celebre” (si fa per dire…) per i pozzi petroliferi e gli impianti estrattivi, Basrah era conosciuta come la Venezia del Medio Oriente per i suoi canali e specchi d’acqua, prima di diventare la città più inquinata del paese.

Ogni domenica, in chiesa, si assiepano i fedeli per la celebrazione serale. Cattolici e mussulmani, insieme. “Molti islamici vengono a seguire le nostre celebrazioni – dice padre Aram – perché si sentono accolti, in famiglia”, racconta  Francesco Petricone, docente di sociologia all’Università LUMSA, nel suo recente reportage su L’Identità, il giornale indipendente diretto da Tomaso Cerno.

Il giorno di Natale sarà proprio padre Aram a celebrare la messa per i nostri lavoratori dell’ENI, nel campo di Al-Zubair.   Poco lontano dalla chiesa, nell’oratorio, un complessino intona ‘Ajras al-Milad’ la versione in arabo di ‘Jingle Bells’ (le Campane di Natale). Mentre molte donne, senza hijab (la sciarpa che copre la testa e il collo), curiosano tra i banchetti e acquistano strenne natalizie da mettere sotto l’albero. Insieme alle ultime pecorelle per il presepe, in attesa dell’arrivo del bambino Gesù. Perché qui siamo a Basrah, dove il Natale si festeggia tutti insieme. Mussulmani e cattolici.

Sede di una delle prime moschee erette fuori dalla penisola araba, la Grande Moschea del Venerdì, Bassora pullula di vivaci bazar dove si continua a mercanteggiare come da sempre si fa al Mercato Indiano e al bazar Hanna-Sheikh.

Una città dove da qualche anno, come possono testimoniare i suoi abitanti, non tutte le esperienze di coesistenza in Medio Oriente sono destinate a fallire.  E la necessità di attenuare sospetti o forme di apartheid contro le minoranze etniche e religiose ha iniziato a dare i frutti sperati, come sostiene Bassam Alwach, un giovane cristiano della comunità caldea cittadina, nel suo libro (del 2016) sul recupero della chiesa di Mar Toma (San Tommaso) a Bassora come bene architettonico della città vecchia, la cui successiva ed effettiva operazione di restauro ha coinvolto una buona parte della popolazione.

Rappresentante locale dell’associazione Pax, che si occupa di coesistenza religiosa nel mondo, Bassam, ha parecchio riflettuto dopo gli avvenimenti degli  anni in cui  l’ISIS, il sedicente Stato islamico, ha abbattuto, nelle aree di Ninive e Mosul, luoghi di culto (tombe dei profeti sacri all’Islam, moschee sciite, sinagoghe, chiese, siti archeologici di epoca pre-cristiana) non accettati dalla tipologia di Islam di cui l’Isis si fa promotore.

Quando Bassam decise di reagire, giovani di Bassora, uomini e donne, sunniti, sciiti, caldei, sabei, assiri gli sono andati tutti dietro e hanno aderito al progetto Citizen embassy di cui Bassam è il coordinatore e sono diventati membri della Rete di alleanza interreligiosa contro l’estremismo (Counter Extremism Interreligious Alliance Network): “Promuoviamo progetti di cittadinanza partecipata per sostenere ogni minoranza e arginare gli estremismi”. Ma l’obiettivo più importante e finale era  spingere per l’attuazione reale dell’articolo 14 della Costituzione irachena che dice che  “tutti gli iracheni sono uguali di fronte alla legge, senza alcuna differenza di genere, etnia, religione”.

Grazie anche a queste pressioni, nel 2018 il governo irakeno ha approvato un emendamento alla Legge sulle festività nazionali, che eleva il Natale al rango di celebrazione pubblica per tutti i cittadini, cristiani e musulmani. La decisione ha seguito  l’appello lanciato alla vigilia delle celebrazioni dal  cardinal Louis Raphael Sako, che auspicava che Baghdad segua l’esempio di altre nazioni a maggioranza musulmana come Giordania, Siria e Libano in cui si celebra a pieno titolo la nascita di Gesù.

Così, anche a Baghdad, nel dicembre 2020, è tornato a campeggiare l’albero di Natale,  il più grande e alto di tutto l’Iraq, allestito nel parco di al-Zaura, per celebrare non solo  il Natale, ma anche per ricordare l’anniversario dei tre anni dalla sconfitta del gruppo terroristico dell’ISIS.  Un segnale di riconciliazione e di opportunità politica, in un paese che deve comunque ancora fare i conti con centinaia di sparizioni forzate di giovani attivisti locali, tra Baghdad e Bassora, che spesso si concludono con brutali esecuzioni. In questi casi, l’obiettivo delle rappresaglie sono iracheni musulmani giovani, che conducono uno stile di vita laico e chiedono diritti fondamentali, soprattutto politici e di espressione che sono considerati, in particolare dalle milizie sciite Hashd al-Shabi, nemici dell’integrità politica, della morale islamica, e vengono accusati di essere spie dell’Occidente.

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