K metro 0 – Roma – Il fenomeno sociale delle ‘teen gang’, gruppi di adolescenti che si macchiano di reati come risse, percosse, lesioni, atti di bullismo, disturbo della quiete pubblica e atti vandalici fino ad arrivare allo spaccio di stupefacenti e a furti e rapine, “è in aumento in tutta Italia ma questi ragazzi
K metro 0 – Roma – Il fenomeno sociale delle ‘teen gang’, gruppi di adolescenti che si macchiano di reati come risse, percosse, lesioni, atti di bullismo, disturbo della quiete pubblica e atti vandalici fino ad arrivare allo spaccio di stupefacenti e a furti e rapine, “è in aumento in tutta Italia ma questi ragazzi si possono recuperare con la rieducazione perché sono ancora molto giovani ed è possibile disinnescare l’apprendimento fuorviante insito in alcune di dinamiche. Se il ragazzo è seguito bene può lasciarsi alle spalle questa esperienza”. Così all’Adnkronos Salute Daniela Chieffo, responsabile Unità operativa Psicologia clinica Fondazione Policlinico Gemelli Irccs di Roma.
“Queste ‘teen gang’ spesso prendono di mira coetanei fragili, anziani, malati psichici e anche animali – prosegue Chieffo – i membri aggrediscono e commettono anche reati nascondendosi dietro nomi che cercano di dare una identità precisa al gruppo. I ragazzi che frequentano queste teen gang hanno spesso profili simili l’uno con l’altro. Arrivano da contesti in cui non c’è il riconoscimento nel sistema familiare o dove c’è un forte contrasto all’interno della famiglia. Vengono da zone dove c’è una forte dispersione scolastica. I giovani hanno interiorizzato che il modo per essere visibili nei confronti della società è fare del male e aggredire. Possono essere ragazzi che hanno una vulnerabilità psicologica, passato una infanzia difficile, vittime di violenza o di relazioni genitoriali non facili”.
C’è però una via d’uscita dalle dinamiche delle ‘teen gang’
“Chi fa parte di questi gruppi ha avuto un apprendimento sociale disfunzionale – ricorda Chieffo – ma possiamo aiutarli con un processo di rieducazione con le tecniche di terapia cognitiva-comportamentale. La mente di un ragazzo adolescente è ancora ‘plastica’, così possiamo fargli capire che anche lui ha delle risorse interne e delle capacità che non sono collegate all’uso della violenza contro gli altri. Spesso il miglior trattamento è quello di gruppo con un ex membro di una teen gang, che ne è uscito, e racconta la sua storia e il suo vissuto diventando un modello di riferimento per chi sta iniziando questo percorso di fuoriuscita”.
I genitori e la scuola come possono intervenire?
“La scuola deve intercettare certi segnali, dove c’è dispersione allora c’è un segnale d’allarme visto che spesso è la scuola dell’obbligo – risponde l’esperta -. I ragazzi andrebbero intanto recuperati dalla scuola. Per i genitori il ruolo è più delicato e non sempre facile. Possono capire se c’è un cambiamento nel comportamento del ragazzo, anche solo nel modo di vestirsi, perché fa eccessivamente tardi o non risponde al cellulare, ma spesso le famiglie di provenienza hanno dei problemi e non riescono a svolgere questo lavoro”, conclude.