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Bce: nono aumento consecutivo dei tassi di interesse per ridurre l’inflazione

K metro 0 – Francoforte – La Banca centrale europea alza i tassi d’interesse per la nona volta consecutiva in un anno per portare l’inflazione al 2%, ma le preoccupazioni per la recessione alimentano la speculazione e la speranza che il rialzo di giovedì possa essere l’ultimo. Un duro colpo per l’Europa, soprattutto per l’Italia,

K metro 0 – Francoforte – La Banca centrale europea alza i tassi d’interesse per la nona volta consecutiva in un anno per portare l’inflazione al 2%, ma le preoccupazioni per la recessione alimentano la speculazione e la speranza che il rialzo di giovedì possa essere l’ultimo. Un duro colpo per l’Europa, soprattutto per l’Italia, che ha sorpreso lo stesso Fondo monetario internazionale che ha dovuto rivedere le previsioni di crescita del nostro Paese per due volte.

Il presidente della BCE Christine Lagarde, come, purtroppo, è ormai solita fare, aveva promesso l’aumento di un quarto di punto percentuale e lasciato aperta la porta a futuri rialzi, affermando che i dati avrebbero determinato una decisione successiva. A settembre, infatti, l momento, non è ancora dato di sapere cosa accadrà.

È vero che le banche centrali di tutto il mondo hanno alzato i costi di finanziamento per combattere l’inflazione scatenata dall’aumento dei prezzi dell’energia dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e dai problemi della catena di approvvigionamento. Ma, “la nostra inflazione non deriva da aumento della domanda come negli Stati Uniti, ma da un rincaro dei costi delle materie prime e dalle derrate alimentari. Non a caso ho coniato a questo proposito un termine, ‘agflazione’, inflazione da agricoltura” aveva dichiarato mesi fa al Settimanale diretto da Claudio Brachino Giuseppe Di Taranto, professore emerito di Storia dell’economia alla Luiss. “La politica della Lagarde in questo momento è errata sia nella forma sia nella sostanza. Nella forma, per via della comunicazione che tende ad anticipare i prossimi rialzi e a generare allarme sui mercati e presso gli imprenditori” aveva dichiarato il docente, precisando che “la Federal Reserve Bank ha invece intrapreso una corretta politica di ristrettezza monetaria perché l’economia negli Stati Uniti procede a gonfie vele, con un tasso di disoccupazione al 3,4%, e la domanda supera l’offerta; è giusto, dunque, raffreddarla”.

Sempre negli States, intanto, le richieste settimanali di sussidi ai disoccupati scendono al livello più basso degli ultimi cinque mesi. Le richieste di sussidi di disoccupazione negli Stati Uniti sono calate di 7.000 unità a 221.000 nella settimana conclusasi il 22 luglio, rispetto alle 228.000 della settimana precedente, come ha riferito giovedì il Dipartimento del Lavoro. Si tratta del numero più basso da febbraio. Lo riferisce Associated Press.

Da quando più di 20 milioni di posti di lavoro sono scomparsi con la pandemia COVID-19 nella primavera del 2020, i datori di lavoro statunitensi hanno aggiunto posti di lavoro a un ritmo incalzante, battendo il più delle volte le previsioni. Nonostante i più rapidi aumenti dei tassi di interesse dal 1989, il tasso di disoccupazione non si è praticamente mosso, rimanendo al minimo storico del 3,6%.

L’economia statunitense è cresciuta al ritmo del 2,4% annuo da aprile a giugno, come ha riferito il governo giovedì, addirittura meglio del 2% annuo del primo trimestre del 2023. Sebbene di recente si siano verificati alcuni licenziamenti di alto profilo, soprattutto nel settore tecnologico, il mercato del lavoro rimane sano. Complessivamente, nella settimana conclusasi il 15 luglio, 1,69 milioni di persone hanno percepito il sussidio di disoccupazione, circa 59.000 in meno rispetto alla settimana precedente e il numero più basso da gennaio.

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