K metro 0 – El Salvador – E’ il paese più piccolo del Centroamerica. Ma il più densamente popolato. Anche da bande criminali. Conta circa 7 milioni di abitanti di cui 1 milione e 700 mila residenti nella capitale, San Salvador. La criminalità è dilagante ed il paese è considerato uno dei più violenti al
K metro 0 – El Salvador – E’ il paese più piccolo del Centroamerica. Ma il più densamente popolato. Anche da bande criminali. Conta circa 7 milioni di abitanti di cui 1 milione e 700 mila residenti nella capitale, San Salvador.
La criminalità è dilagante ed il paese è considerato uno dei più violenti al mondo. La popolazione carceraria è di circa 100 mila persone. Ovvero il 2% della popolazione adulta del paese: la proporzione più alta al mondo.
Se l’America Latina, in generale, è una regione che ospita 39 delle 50 città più pericolose del pianeta (con 10 Paesi che hanno registrato tassi di omicidio superiori ai 10 ogni 100 mila abitanti nel 2022, la soglia oltre la quale l’Onu considera i livelli di violenza come epidemici) El Salvador, nel 2015, spiccava come un unicum. Registrò più di 6.600 omicidi. Propiziati dagli scontri tra le principali gang criminali – la Mara Salvatrucha (o MS-13) e le due fazioni del Barrio 18, che contano su un esercito di più di 70 mila membri.
Poi l’ondata di violenze è calata. Tornando a intensificarsi in seguito. A fine marzo 2022 furono assassinate 87 persone in soli 3 giorni. In risposta a questa recrudescenza, il presidente Nayib Bukele (eletto nel 2019 con una vasta maggioranza) ha avviato una “guerra alle gang”. Ha imposto uno stato d’emergenza e aumentato le pene per i crimini legati alle gang. E ha lanciato una campagna di arresti massicci senza precedenti: in quasi un anno sono stati catturati più di 64.000 pandilleros (membri delle gang).
E a gennaio del 2023 ha inaugurato un mega carcere, costruito in tempi record, a Tecoluca (74 km a sud-est della capitale San Salvador) dove prevede di concentrare 40 criminali.
Una megastruttura chiamata CECOT (Centro per il confinamento del terrorismo) diventato un simbolo della “guerra contro le bande” del presidente Bukele, che secondo il ministero della sicurezza del paese ha portato alla detenzione di almeno 68.000 persone dall’inizio della campagna nel marzo 2022.
Il gigantesco complesso di Tecoluca si estende su una superficie di 23 ettari, con otto bocchi di 32 celle ciascuno di 91 metri quadri, in cui vengono stipati 156 detenuti, ciascuno dei quali disporrebbe perciò di 0,6 metri quadrati, meno della metà dello spazio che l’Unione europea richiede per trasportare bestiame su strada.
Non ci sono finestre, ventilatori o condizionatori d’aria nonostante le temperature calde e l’umidità elevata tutto l’anno.
CECOT è racchiuso da due serie di recinzioni elettrificate a 15.000 volt e da due muri in cemento armato. Il perimetro del muro esterno è di 2,1 km, circondato da 19 torri di guardia. Il spercarcere è sorvegliato da 600 militari e 250 agenti della polizia nazionale.
Non è chiaro esattamente quanti prigionieri siano attualmente detenuti a Cecot. Finora le autorità hanno annunciato pubblicamente solo due trasferimenti, ciascuno di 2.000 detenuti.
Alla BBC, che ha condotto un’inchiesta su CECOT, è stato ripetutamente negato l’accesso al supercarcere. Ma i suoi reporter hanno ricreato i dettagli del carcere utilizzando: video e foto condivisi dal governo e dai media a cui è stato concesso l’accesso al carcere prima che aprisse; interviste con funzionari salvadoreg e documenti condivisi con un ingegnere coinvolto nella costruzione del carcere.
Il quadro ce ne emerge è molto inquietante. Non ci sono spazi ricreativi esterni e non sono consentite visite di familiari. Sono migliaia i salvadoregni che da mesi non hanno notizie dei loro parenti detenuti. Ciò contravviene alle linee guida internazionali sui diritti dei prigionieri.
Alcuni filmati, circolati in rete, che hanno documentato il trasferimento dei detenuti, hanno suscitato lo sdegno delle associazioni per i diritti umani, per il modo in cui venivano trattati: in fila col capo chino, a torso nudo, con le braccia ammanettate sulla schiena, scalzi e di corsa come tante formiche. Senza fiatare. (cfr. E. Picciolo, El Salvador, “Un megacarcere che divide il mondo”, International web Post).
CECOT “è una fossa di cemento e acciaio il cui scopo perverso è sbarazzarsi delle persone senza applicare formalmente la pena di morte”, ha detto alla BBC Miguel Sarre, ex membro del Sottocomitato delle Nazioni Unite per la prevenzione della tortura.
ONG come Human Rights Watch hanno denunciato l’inumanità di queste misure, che di fatto polverizzano il diritto di difesa e di giusto processo, documentato migliaia di detenzioni arbitrarie e riportato la morte di almeno un centinaio di persone in circostanze sospette nelle carceri.
Un rapporto dello scorso maggio di Cristosal, la principale ONG per i diritti umani di El Salvador, ha concluso che nel primo anno di queste misure, dozzine di detenuti sono morti per torture, percosse o mancanza di assistenza sanitaria nelle altre carceri del paese.
La repressione senza regole né freni e controlli di Bukele, ha raggiunto risultati che incontrano il favore di gran parte dell’opinione pubblica: l’anno scorso sono state registrate “solo” 495 morti violente, per un tasso di 7,8 omicidi ogni 100.000 abitanti). Ma il rischio, secondo le organizzazioni umanitarie, è che in Salvador la Repubblica si trasformi facilmente in stato di polizia, con l’esecuzione di rastrellamenti e arresti in massa motivati da meri sospetti di appartenenza criminale.