K metro 0 – Roma – A quasi un anno e mezzo dall’inizio della guerra russo-ucraina, è tempo ormai di fare i primi bilanci: se non sullo stato delle trattative di pace, ancora in situazione di stallo, almeno su quelli che sono gli enormi costi finanziari della guerra, per ambedue i Paesi e per gli Stati
K metro 0 – Roma – A quasi un anno e mezzo dall’inizio della guerra russo-ucraina, è tempo ormai di fare i primi bilanci: se non sullo stato delle trattative di pace, ancora in situazione di stallo, almeno su quelli che sono gli enormi costi finanziari della guerra, per ambedue i Paesi e per gli Stati loro diretti sostenitori, in vista anche della futura ricostruzione.(per la quale, però, non è ancora possibile pensare a un nuovo “Piano Marshall”).
Secondo l’“Ukraine Support Tracker”, sviluppato all’interno del Kiel Institute for the World Economy, l’assistenza a favore del governo di Kiev, fino al mese di gennaio 2023, è stata pari – ha ricordato recentemente il quotidano “L’Avvenire” – a quasi 139 miliardi di euro. Tra i Paesi donatori, primi sono stati gli USA, con un impegno che ha superato i 73 miliardi di euro, di cui circa 44 destinati al sostegno militare (ma già emergono, in tutta la classe politica americana, i primi segnali di scontento per quest’indirizzo, in vista soprattutto delle nuove elezioni presidenziali, tra poco piu’ d’un anno). L’Unione Europea in sé, come organizzazione, è il secondo donatore, con poco meno di 30 miliardi di euro; tra i suoi membri, precisa ancora “L’Avvenire”, la Germania è il primo sostenitore, con 6,15 miliardi, di cui poco più d’un terzo, 2,36, per gli aiuti militari. Segue la Polonia, con un sostegno complessivo di 3,56 miliardi di euro (di cui 2,43 per aiuti militari). L’Italia è il quarto Paese Ue per sostegno, con poco più di un miliardo di euro.
Complessivamente, il sostegno militare che l’Ucraina ha ricevuto da tutti i Paesi UE è pari a 62,24 miliardi di euro: ed è chiaro che questo conflitto avrà un impatto, pur differenziato, sulla finanza pubblica dei Paesi sostenitori (per l’Italia, quest’ impegno andrà sicuramente a gravare sul debito pubblico, che aveva già raggiunto, nel 2021, il 150% del Pil).
E i due grandi contendenti, Russia e Ucraina? Durante i 500 giorni, la Russia ha aumentato, ovviamente, le spese militari e ha incontrato difficoltà soprattutto legate agli embarghi e ai divieti commerciali giunti dai Paesi occidentali. Le riserve della Banca centrale russa, per un valore di 300 miliardi di euro (326,6 miliardi di dollari), sono state bloccate, dall’inizio della guerra, dall’UE, dai Paesi del G7 e dall’Australia. Inoltre, secondo un recente rapporto del Consiglio europeo di maggio scorso, citato dall’agenzia turca Anadolu, ben il 70% delle attività del sistema bancario russo e circa 20 miliardi di euro di attività di oltre 1.500 cittadini ed enti russi sono soggetti a sanzioni occidentali.
Sebbene, poi, sempre in termini di macroeconomia, l’aumento dei prezzi dell’energia inizialmente sia stato positivo per la Russia, nella prima metà del 2022, le sanzioni poste dall’Occidente contro le importazioni di petrolio da Mosca, insieme alla pronta reazione di molti Paesi europei, Italia compresa, corsi a trovare mercati alternativi per rifornirsi di gas e di petrolio, hanno causato una forte limitazione delle entrate della Russia. Le sue entrate petrolifere, sono diminuite di oltre un trimestre a gennaio 2023 su base annua (mentre il calo a febbraio è stato maggiore, oltre il 40%), mostrano i dati dell’Agenzia internazionale per l’energia. Per il 2023, i dati ufficiali, rivelati venerdì 7 luglio, mostrano che i ricavi di petrolio e gas della Russia sono diminuiti in modo impressionante, del 47% nella prima metà dell’anno in corso rispetto all’anno precedente, Secondo un rapporto del ministero delle Finanze russo, il calo è legato al calo dei prezzi del petrolio e del gas e alla riduzione delle esportazioni di gas naturale.
I dati di istituzioni internazionali, come la Banca mondiale, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico e il FMI, indicano, infine, che l’economia russa si è ridotta del 2,1% nel 2022, e la contrazione potrebbe proseguire nell’anno in corso. La produzione industriale è diminuita dello 0,6% nel 2022, mentre il fatturato del commercio al dettaglio è diminuito del 6,7% (dato già consistente) su base annua.
E le spese militari? Secondo i dati di giugno scorso dello Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), la quota della difesa nazionale nel bilancio totale del Governo russo è aumentata del 23%, rispetto al 21% nel 2022 e al 20% nel 2021. Il bilancio della difesa nazionale per il 2023 è stato annunciato in 4,98 trilioni di rubli (54,7 miliardi di dollari).
La Russia, poi, ha occupato le regioni di Donetsk e Luhansk e parti degli oblast di Kherson e Zaporizhzhia a settembre 2022. Se queste aree resteranno sotto sovranità russa, per tutta la loro ricostruzione, dalle infrastrutture al meccanismo sanitario ed educativo, Mosca dovrà spendere miliardi di rubli nei prossimi anni.
E l’Ucraina? La sua economia, causa la devastante invasione russa, è diminuita, in modo impressionante, del 29,1%, quasi un terzo, nel 2022; dopo un aumento del 3,4% nel 2021. La povertà è cresciuta dal 5,5% al 24,2% nel 2022, “accogliendo” tra le sue file ben 7,1 milioni di persone in più. I danni ai servizi sanitari, educativi e di protezione sociale essenziali ammontano a 83 miliardi di dollari, e le esigenze di ricostruzione e recupero in questi tre settori sono state stimate, dalla Banca Mondiale, in quasi 69 miliardi di dollari. Il Center for Disaster Philanthropy ha affermato che quest’anno circa il 40% della popolazione, ovvero 17,6 milioni di persone, il 45% delle quali donne e il 23% bambini. ha bisogno di assistenza umanitaria: secondo l’ONU, più di 4 milioni di rifugiati ucraini potrebbero aver bisogno di protezione e assistenza nei Paesi vicini, nei prossimi mesi. La spesa militare dell’Ucraina è aumentata di 7,4 volte fino a raggiungere i 44 miliardi di dollari nel 2022,:ovvero il 34% del PIL del Paese: secondo il SIPRI, organizzazione indipendente senza scopo di lucro, in possesso di un database, che viene aggiornato annualmente, sulle spese militari di tutti i Paesi dal 1949 al 2022.