K metro 0 – Roma – Il parco auto in dotazione alle amministrazioni pubbliche italiane si è più che dimezzato rispetto al 2011: anno in cui questa voce finì sotto la scure della spending review per opera del governo guidato da Silvio Berlusconi. Stando a quanto emerso dai dati diffusi dal dipartimento della Funzione pubblica
K metro 0 – Roma – Il parco auto in dotazione alle amministrazioni pubbliche italiane si è più che dimezzato rispetto al 2011: anno in cui questa voce finì sotto la scure della spending review per opera del governo guidato da Silvio Berlusconi. Stando a quanto emerso dai dati diffusi dal dipartimento della Funzione pubblica in collaborazione con Formez pa, analizzati dal Centro studi enti locali, al 31 dicembre 2022 le auto blu e grige in dotazione alle amministrazioni pubbliche italiane erano 30.665. Sette auto su 10, tra quelle in dotazione alle amministrazioni pubbliche italiane, sono di proprietà (21.770). A queste si sommano 7.981 veicoli a noleggio, di cui solo 17 con conducente, e 533 auto in leasing. Ancora meno quelle in comodato (379).
Diversamente da quanto avviene attualmente, – riporta l’Adnkronos – l’adesione al monitoraggio delle auto di servizio nel 2011 era facoltativa. Il dato che ne emerse (sicuramente sottostimato rispetto a quello reale) fu di 72.000 auto di cui 2mila auto blu destinati agli eletti (di rappresentanza politico-istituzionale a disposizione di autorità e alte cariche dello Stato e delle amministrazioni locali), 10.000 auto blu riservate ai vertici apicali delle amministrazioni (di servizio con autista a disposizione di dirigenti apicali) e 60.000 auto grigie (senza autista, a disposizione degli uffici per attività strettamente operative).
Sono escluse da queste cifre le oltre 60mila auto adibite a scopi di sicurezza e difesa e in dotazione alla polizia municipale e provinciale. ”Sebbene la curva, negli ultimi anni, abbia fatto registrare una piccola ripresa, rispetto ad allora il parco delle auto pubbliche si è complessivamente quindi più che dimezzato”, scrive il Csel.
Le auto censite al 31 dicembre 2019 erano 25.668, l’anno dopo sono state 26.627 e, alla fine del 202, il totale dei mezzi era di 29.894. Va precisato però che parallelamente è diminuito il tasso degli enti inadempienti all’obbligo di comunicare i dati relativi ai propri veicoli. Quelle 5mila auto in più che risultano all’attivo degli enti rispetto al dicembre 2019, potrebbero verosimilmente non essere il frutto di una effettiva espansione del parco mezzi, quanto piuttosto delle auto che erano rimaste fuori dalla fotografia scattata allora.
Se si guarda al dato dei comuni, ad esempio, ne emerge che i mezzi in loro possesso alla fine dell’anno scorso erano 14.765 contro i 12.035 di tre anni prima. Nel 2020 però i dati presi in considerazione attenevano solo al 71% dei comuni contro l’86% dell’ultimo censimento. Fatte le dovute proporzioni quindi, sebbene ci sia stato un aumento di 2.730 auto, in realtà il rapporto tra ente e veicolo è leggermente sceso passando da 2,3 a 2,2 mezzi per amministrazione.
Un andamento che si ritrova anche in altri segmenti: i mezzi a disposizione delle province sono passati da 1.053 del dicembre 2019 agli attuali 1.111, ma a fronte di un incremento del 5% del numero di amministrazioni rispondenti. Per regioni e province autonome l’ultimo dato parla di un parco auto di servizio pari a 1.667 contro i 1.326 di due anni prima ma la percentuale di adesione al censimento è passata dal 66% al totale 100%.
Perfettamente comparabili, invece, i dati relativi alle amministrazioni dello stato che hanno sempre fatto registrare l’en plein di partecipazione al censimento. In questo caso c’è stato un effettivo aumento del numero delle auto di servizio. A parità di dati trasmessi (100%), si è infatti passati dai 196 mezzi del 2019 ai 178 del 2020, 221 del 2021 e 224 del 2022. In nove casi su dieci, queste vetture sono a disposizione degli uffici e non hanno un autista dedicato. Solo 1.072 quelle che sono ad uso esclusivo con autista (l’auto blu per antonomasia) e 1.627 quelle a uso non esclusivo con autista.
Il tema delle auto blu, ricorda il Csel, ”è sempre stato particolarmente sensibile dal punto di vista dell’opinione pubblica che ne ha fatto uno dei simboli della cosiddetta casta. I primi tentativi di ridurne la diffusione risalgono alla finanziaria 1992. Le redini di palazzo Chigi erano allora affidate a Giulio Andreotti e per la prima volta furono individuate le categorie di funzionari che avevano diritto ad avere a disposizione un’auto di servizio in uso esclusivo”.
Il Centro studi spiega che ”l’idea di fare un censimento per quantificare il parco nazionale delle autovetture, al fine poi di ridurle di un terzo, maturò già allora, anche se fu poi messo in pratica molti anni dopo. Una stretta ancora più decisa arrivò con la manovra finanziaria del 1997 che restrinse l’ambito degli aventi diritto all’auto di servizio in via esclusiva alle sole autorità politiche. Sul tema sono intervenute numerose direttive e norme successive datate 1998, 2001, 2005, 2006 e 2007. In particolare, le leggi finanziarie per il 2005, 2006 e 2007 gettarono le basi per una progressiva riduzione che avrebbe dovuto portare al dimezzamento della spesa sostenuta per l’acquisto, la manutenzione, il noleggio e l’esercizio delle autovetture”.
La manovra 2008 introdusse poi per la prima volta anche un tetto alla cilindrata dei veicoli che le amministrazioni potevano comprare. Il limite fu fissato a 1600 centimetri cubici. Sul tema della riduzione della spesa per le auto blu in dotazione alle amministrazioni statali, una ulteriore stretta fu successivamente impressa dal decreto legge del maggio 2010. ”Buona parte di queste misure -secondo il Csel- sono rimaste a lungo inattuate e prima della ricognizione avviata nel 2010 dall’allora Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione Renato Brunetta non era mai stato chiaro nemmeno quale fosse il numero delle auto pubbliche in Italia”.
”Alcune stime non ufficiali parlavano addirittura di oltre 600mila veicoli, dato che avrebbe consegnato all’Italia il primato di Paese con il più alto numero di auto di rappresentanza in rapporto alla popolazione”, afferma il Csel. La prima ricognizione di Brunetta individuò circa 86.000 autovetture (escluse auto di sicurezza e vigilanza), di cui circa 5mila di rappresentanza politico-istituzionale a disposizione di autorità e alte cariche dello Stato e delle amministrazioni locali, 10mila di servizio con autista a disposizione di dirigenti apicali e circa 71.000 cosiddette auto grigie (veicoli senza autista, a disposizione degli uffici per attività strettamente operative).
Tra gli enti locali che si sono sottratti all’obbligo di trasmettere i dati relativi al proprio parco macchine, spiccano le aggregazioni di Comuni. Stando ai dati del Centro studi, basata su dati del ministero della Pubblica amministrazione, sono 54 le comunità montane o collinari che si sono sottratte a quest’obbligo. A queste si sommano ben 103 unioni di comuni (quasi una su 5), due città metropolitane (Messina e Napoli) e 995 comuni, di cui 5 capoluogo (Aosta, Caserta, Enna, Isernia e Varese).