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Al Museo delle Navi Romane a Nemi, successo della mostra  “Depositi (ri)scoperti…”

Al Museo delle Navi Romane a Nemi, successo della mostra  “Depositi (ri)scoperti…”

K metro 0 – Roma – Al Museo Nazionale delle Navi Romane a Nemi, è stata ufficialmente inaugurata la mostra (che resterà aperta sino al 31 Dicembre) “Depositi (ri)scoperti…a Nemi”. Un’iniziativa nata dalla collaborazione tra il Museo Nazionale Romano e la Direzione Regionale Musei del Lazio, col progetto generale “Depositi (ri)scoperti”: che permette di restituire al

K metro 0 – Roma – Al Museo Nazionale delle Navi Romane a Nemi, è stata ufficialmente inaugurata la mostra (che resterà aperta sino al 31 Dicembre) “Depositi (ri)scoperti…a Nemi”. Un’iniziativa nata dalla collaborazione tra il Museo Nazionale Romano e la Direzione Regionale Musei del Lazio, col progetto generale “Depositi (ri)scoperti”: che permette di restituire al pubblico – con un ciclo di brevi , ma inedite, esposizioni –  opere d’arte antica rimaste, a lungo, appunto nell’oblio dei depositi. Nel caso di ” Depositi (ri)scoperti…a Nemi” si tratta di sarcofagi, altari, rilievi, sculture, iscrizioni, statue: testimonianze tutte della vivace produzione scultorea del periodo compreso tra il I secolo prima di Cristo e il IV d.C. 

Quello racchiuso negli oltre trenta locali che costituiscono i magazzini del Museo Nazionale Romano – e che in parte, circa 25 reperti, viene esposto appunto ora a Nemi –  è, diremmo, un vero e proprio “museo nel museo”. Un patrimonio inaspettato per quantità e qualità storico-artistica, con sculture, mosaici, affreschi, reperti in terracotta, marmo e bronzi, rinvenuti dalla nascita di Roma Capitale sino ad oggi (il fenomeno dei tesori artistici giacenti da decenni nei depositi, del resto, riguarda tanti Musei italiani, dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma agli stessi Uffizi).

” Il percorso espositivo, disposto idealmente lungo l’antica via Virbia, come ha spiegato la direttrice del Museo Daniela De Angelis, che conduce al Santuario di Diana Nemorense, si apre e si chiude con due opere legate al culto della dea: una statua di Artemide / Diana, raffigurata come cacciatrice, e un mosaico con una scena mitologica dove compaiono Apollo, il gemello divino della dea, e Dafne, naiade cacciatrice a lei votata”. 

Alla conferenza stampa di presentazione sono intervenuti Stephane Verger, Direttore del Museo Nazionale Romano, Stefano Petrocchi, Direttore della Direzione regionale Musei del Lazio, e altre importante figure di archeologi, epigrafisti, restauratori d’arte, esperti di storia e arte antica. Il percorso espositivo è stato allestito dal personale specializzato del Museo delle Navi Romane, e la mostra ha già avuto un forte afflusso di visitatori da tutta Roma e provincia, e altre zone del Lazio.   

Il Museo delle Navi Romane di Nemi fu costruito tra il 1933 e il 1939, per ospitare le due gigantesche navi appartenute all’imperatore Caligola (37-41 d.C.) recuperate nelle acque del lago tra il 1928 e il 1932 (navi sulle cui funzioni gli storici non sono ancora d’accordo: probabilmente si trattava, in sostanza, di veri e propri “palazzi galleggianti” dal lusso incredibile, usati dall’eccentrico Cesare a scopi di rappresentanza o anche di semplice divertimento). È stato, quindi, il primo Museo in Italia ad essere costruito in funzione del contenuto, due scafi dalle misure, rispettivamente, di m. 71,30 x 20 e m. 73 x 24.

La sera del 31 maggio 1944, mentre gli Alleati bombardavano la zona in attesa di arrivare finalmente a Roma (che sarebbe stata liberata il 4 giugno), le navi furono distrutte da un incendio. Appiccato da chi? La Commissione ufficiale d’inchiesta che indagò sull’accaduto dopo la liberazione di Roma (composta, però, quasi esclusivamente da storici dell’arte, senza quasi nessuno specialista in tema di combustioni, ad eccezione di 3 tecnici , appartenenti ai Vigili del Fuoco e alla Regia Artiglieria), affermò che il fuoco era stato appiccato, con ogni probabilità –per odio antiitaliano in seguito ai fatti dell’8 settembre 1943, o per ragioni militari molto discutibili  –  dai soldati tedeschi che, dopo aver allontanato, giorni prima, i custodi e le loro famiglie, presidiavano il posto. Ma questa ipotesi non è mai stata dimostrata pienamente.

Nel nuovo allestimento del Museo, l’ala sinistra è dedicata alle navi, delle quali – o meglio, di ciò che ne rimane-  sono esposti alcuni materiali, come la ricostruzione del tetto con tegole di bronzo, due ancore, il rivestimento della ruota di prua, alcune attrezzerie di bordo originali o ricostruite (una noria, una pompa a stantuffo, un bozzello, una piattaforma su cuscinetti a sfera). Sono inoltre visibili due modelli delle navi in scala 1:5 e la ricostruzione in scala al vero dell’aposticcio di poppa della prima nave, su cui sono state posizionate le copie bronzee delle cassette con protomi ferine. L’ala destra è invece dedicata al popolamento del territorio albano in età repubblicana e imperiale, con particolare riguardo ai luoghi di culto; vi sono esposti materiali votivi provenienti da Velletri (S. Clemente), da Campoverde (Latina) da Genzano (stipe di Pantanacci) e dal Santuario di Diana a Nemi, oltre ai materiali provenienti dalla Collezione Ruspoli. E’ all’interno di quest’ala, inoltre, che è possibile ammirare un tratto musealizzato del basolato romano del citato “clivus Virbii”, che da Ariccia conduceva al Santuario di Diana Nemorense.

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