K metro 0 – Dakar – Doveva essere un motivo di speranza, per i residenti di Saint-Louis, una città portuale di 200mila abitanti nel nord-ovest del Senegal. Già capitale del paese, nel 1840 e poi dell’intera Africa Occidentale francese nel 1895, quando perse questo status cominciò a decadere progressivamente. Città costiera, nota per la pesca,
K metro 0 – Dakar – Doveva essere un motivo di speranza, per i residenti di Saint-Louis, una città portuale di 200mila abitanti nel nord-ovest del Senegal. Già capitale del paese, nel 1840 e poi dell’intera Africa Occidentale francese nel 1895, quando perse questo status cominciò a decadere progressivamente.
Città costiera, nota per la pesca, con il 90% della popolazione che vive di questa attività, la comunità locale da anni lotta per la sopravvivenza, alle prese con il cambiamento climatico, i pescherecci industriali stranieri, e la pandemia di COVID, che hanno reso difficile guadagnarsi da vivere in acqua.
Quando il governo senegalese aveva annunciato un progetto di sfruttamento di un vasto giacimento di gas offshore nelle acque transfrontaliere fra Senegal e Mauritania, l’”oro blu” sembrava la soluzione di tutte le difficoltà. Ma secondo molti residenti il gas ha suscitato solo un’ondata di problemi e ha spinto le persone alla disperazione. Costringendo alcune donne alla prostituzione per sostenere le loro famiglie, perché i loro mariti, tutti pescatori, non potevano più guadagnarsi da vivere.
Con l’installazione della piattaforma per l’estrazione del gas (a circa 10 chilometri al largo) è stato interrotto l’accesso alle fertili acque di pesca con la creazione di un zona di esclusione che impedisce ai pescatori di lavorare nell’area.
Inizialmente, le aree riservate erano piccole, ma si sono estese a 1,6 chilometri quadrati (all’incirca le dimensioni di 300 campi da calcio). Col risultato che la gente del posto lamenta di essere stata privata dei propri mezzi di sussistenza e di non avere alternative.
L’accordo per lo sfruttamento del gas – pianificato da una partnership tra i colossi mondiali del gas e del petrolio BP e Kosmos Energy, e le compagnie petrolifere statali del Senegal (Petrosen) e della Mauritania – dovrebbe portare alla produzione di circa 2,3 milioni di tonnellate di gas naturale liquefatto all’anno.
Il portavoce di Kosmos, Thomas Golembeski, ha affermato che il progetto fornirà una fonte di gas naturale a basso costo e amplierà l’accesso a energia affidabile, conveniente e più pulita, in un paese, come il Senegal, che nelle ambizioni del suo governo aspira a diventare il nuovo “Emirato degli idrocarburi” dell’Africa occidentale. E per tacitare i pescatori, ha annunciato la creazione di un fondo di credito di microfinanza istituito loro.
Ma BP e Kosmos non hanno risposto alle domande sulle donne che si sono rivolte alla prostituzione. Né a quelle riguardo alla loro valutazione iniziale del rischio del progetto e dell’impatto ambientale, in cui avevano riconosciuto, già nel 2019, che c’erano “molte incertezze sulle conseguenze per i pescatori di Saint-Louis”.
Le autorità locali hanno dichiarato che le preoccupazioni della popolazione per l’impianto sono state eccessive e che la comunità deve essere paziente, almeno fino a quando non inizieranno le estrazioni, previste entro la fine di quest’anno.
Il progetto Greater Tortue Ahmeyim, come viene chiamato l’accordo complessivo, dovrebbe produrre circa 2,3 milioni di tonnellate di gas naturale liquefatto all’anno, sufficienti a sostenere la produzione per più di 20 anni, secondo le compagnie del gas. Il costo totale per la prima e la seconda fase è di quasi 5 miliardi di dollari, secondo un rapporto di Environmental Action Germany e Urgewald, un’organizzazione per i diritti umani e ambientali con sede in Germania.
L’accordo prevede di creare migliaia di posti di lavoro e fornire elettricità a una nazione in cui circa il 30% dei suoi 17 milioni di abitanti vive senza elettricità.
Ma a Saint-Louis, le autorità locali e i residenti restano scettici. Da quando l’area è diventata inaccessibile, i pescatori se ne stanno andando. Rischiano la vita migrando verso l’Europa o pescando illegalmente nella vicina Mauritania dove corrono il pericolo di essere arrestati.
La speranza nelle alternative di lavoro prospettate dall’industria estrattiva s’infrange su un dato di fatto: l’infrastruttura per l’estrazione del gas naturale liquefatto fornisce pochi posti di lavoro diretti, e quelli spesso vanno a esperti esterni alla comunità, non ai locali, sostiene l’esperto ambientalista Andy Gheorghiu, cofondatore della Climate Alliance against LNG, un’organizzazione con sede in Germania.
Gli ambientalisti ritengono che avrebbe più senso investire nelle energie rinnovabili. Il Senegal potrebbe creare cinque volte più posti di lavoro in quel settore ogni anno fino al 2030, rispetto a quelli creati nell’industria dei combustibili fossili.
Ma nonostante le sofferenze che la comunità locale attribuisce al gas, la maggior parte della popolazione dice di non volere che le compagnie se ne vadano. Quello che vogliono è che la situazione cambi, e le condizioni di vita migliorino.