K metro 0 – Milano – Chi sperava che le sanzioni mettessero in ginocchio la Russia si è dovuto ricredere: hanno invece spinto Putin verso una reazione di ammodernamento del Paese mai vista prima in molti settori. Dall’agricoltura, alle infrastrutture, al rinnovamento tecnologico. Un’innovazione che riguarda principalmente la Russia ma anche tutti i paesi aderenti
K metro 0 – Milano – Chi sperava che le sanzioni mettessero in ginocchio la Russia si è dovuto ricredere: hanno invece spinto Putin verso una reazione di ammodernamento del Paese mai vista prima in molti settori. Dall’agricoltura, alle infrastrutture, al rinnovamento tecnologico. Un’innovazione che riguarda principalmente la Russia ma anche tutti i paesi aderenti all’Unione economica eurasiatica (zona di libero scambio entrata in vigore ufficialmente il 1° gennaio 2016) di cui fanno parte anche Bielorussia, Kazakistan, Armenia e Kirghizistan.
Di questo e altro si parlerà domani 25 ottobre e il 26 a Verona (Palazzo della Gran Guardia- Piazza Bra) al summit geopolitico per lo sviluppo e la cooperazione e del business fra l’Europa e la grande Eurasia, con la presenza del vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini. Imprenditori, top manager e ministri da 20 paesi sono attesi nel capoluogo scaligero. Fra cui Aleksander Shokin, presidente Unione degli industriali e degli imprenditori della Russia; George Tsipras, capo ufficio economico del Primo ministro (Grecia); Tatiana Valovaya, ministro dell’Integrazione e della Macroeconomia Commissione economica eurasiatica. In tutto oltre 60 partecipanti in una due giorni che parlerà del business fra Europa ed Eurasia che vale 258 miliardi di dollari l’anno d’interscambio.
L’XI Forum Economico Eurasiatico è organizzato dall’associazione senza fini di lucro Conoscere Eurasia. Fondata il 10 novembre 2007 quale espressione del Consolato onorario della Federazione Russa in Verona, ha lo scopo di sviluppare le relazioni tra l’Italia, l’Unione europea, la Federazione Russa e l’Unione economica Eurasiatica.
Conoscere Eurasia, inoltre, è interessata a incrementare la propria attività con i paesi dell’Asia Centrale (Azerbaigian, Uzbekistan, Tagikistan), con i quali la Russia ha sempre avuto un ruolo propulsivo, e con quelli che aderiscono alla Shanghai Cooperation Organization, di cui sono membri effettivi la Cina, l’India e il Pakistan, e membri osservatori Iran e Mongolia. Gli associati sono in definitiva cittadini, aziende ed enti istituzionali residenti in Europa ed Eurasia.
«Solo dieci anni fa la quota di mercato riguardante i flussi commerciali dell’Unione economica eurasiatica (Ueea) con l’Unione europea sfiorava il 50% del totale, mentre l’interscambio con la Cina non arrivava all’8%. Oggi, complice lo scenario geopolitico, si è quasi raddoppiato il peso relativo dell’asse sino-eurasiatico a svantaggio del Vecchio continente, la cui quota è scesa al 35% – ha commentato Antonio Fallico, presidente dell’Associazione Conoscere Eurasia e di Banca Intesa Russia, a proposito dei dati del Rapporto Commercio e geopolitica dell’Ueea della direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo realizzato per l’XI Forum economico eurasiatico -. A una congiuntura sanzionatoria negativa bisogna dunque opporre nuove strategie di business, se vogliamo rimanere protagonisti in un mercato strategico per l’Italia e l’Europa».
Siamo pertanto in un momento di profondo cambiamento del business, accelerato dalle sanzioni Usa e Ue contro la Russia entrate in vigore a fine 2014. Da allora il modello commerciale classico fondato sullo scambio di beni e servizi è andato in crisi, non solo nei settori colpiti dalle sanzioni ma, paradossalmente anche nei segmenti non sanzionati. Questo è accaduto per vari motivi. Innanzitutto, per il clima di sfiducia che le sanzioni hanno provocato alla comunità del business italiano e anche russo (infatti, ci sono anche le contro sanzioni russe verso i paesi Ue sanzionatori). Inoltre, di fronte a questa trasformazione il modello di business con quest’area fondato sullo scambio di merci non è più sufficiente.
«Serve poter considerare, oltre all’export di Made in Italy, anche la cooperazione fondata sul made with Italy – riprende Fallico – per intercettare le partite di business e la forte domanda di questi paesi in termini di know how o di cooperazione industriale italo- russa. Ossia un cambio di marcia che ci faccia entrare anche negli accordi in questo momento più strategici per la domanda russa ed eurasiatica: dall’energia all’agroindustria fino alla nuova via della seta, marittima e stradale».
Secondo i dati delle dogane, con quasi 258 miliardi di dollari d’scambio nel 2017 l’Europa rimane il primo partner commerciale dell’area di libero scambio tra Russia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan e Armenia con una crescita del business dell’8,6%, ma prosegue la rincorsa del partner cinese (101,6 miliardi di dollari) che mette a segno un incremento del 29,4%. Una congiuntura che ha come sfondo la sempre più coesa Greater Eurasia: dai programmi d’investimento del Dragone sulla nuova Via della Seta alle più strette relazioni di quest’area instaurate in seguito alle tensioni politico-commerciali con l’Occidente. Una progressione nei rapporti che ha portato, ad esempio, a un incremento dell’export cinese verso l’Unione di oltre 9 miliardi di dollari solo negli ultimi due anni (43,9 miliardi di dollari nel 2017).
In un contesto come questo, tuttavia, per le imprese, banche e fondi d’investimento ci sono ancora grandi opportunità di business in settori non sanzionati in Russia.
Di Alessandro Luongo