K metro 0 – Roma – La Repubblica di Serbia e il Kosovo, forse, sono più vicini che mai a un accordo storico, ma serve più lavoro diplomatico e degli sforzi reciproci di buona volontà. I leader del Kosovo e della Serbia si sono, infatti, incontrati a Bruxelles alla fine di febbraio, quando l’Unione Europea
K metro 0 – Roma – La Repubblica di Serbia e il Kosovo, forse, sono più vicini che mai a un accordo storico, ma serve più lavoro diplomatico e degli sforzi reciproci di buona volontà. I leader del Kosovo e della Serbia si sono, infatti, incontrati a Bruxelles alla fine di febbraio, quando l’Unione Europea ha aumentato la pressione su entrambe le parti al fine di raggiungere un accordo storico che si potrebbe definire “rivoluzionario” che porterebbe alla normalizzazione delle relazioni tra i due paesi. Dopo più di due decenni di lotte su molti fronti, le due parti hanno ammesso di sentirsi sempre più “pressate” dai governi democratici occidentali per raggiungere un accordo, come scritto, storico.
Dopo l’incontro del 27 febbraio a Bruxelles, il capo della politica estera dell’UE Josep Borrell ha dichiarato che i capi di governo del Kosovo e della Serbia avevano approvato un piano di pace di Bruxelles, ma avevano bisogno di ulteriori colloqui per concordare come attuarlo. Un’altra riunione dei leader, secondo Borrell, sarà necessaria a metà marzo, con un possibile accordo finale previsto per la fine del prossimo mese di aprile.
“Sono lieto di annunciare che “Vucic e Kurti “hanno concordato oggi che non sono necessarie ulteriori discussioni sulla proposta dell’Unione Europea”, ha dichiarato lo stesso Borrell.
Il piano, che è stato rapidamente reso pubblico, è stato inizialmente indicato come frutto di un accordo franco-tedesco. L’obiettivo principale del piano sembra infatti essere quello di costringere sia Serbia sia Kosovo a riconoscere de facto la loro reciproca esistenza, senza spingersi fino al riconoscimento de jure. Belgrado, inoltre, dovrebbe consentire a Pristina di provare a entrare in qualsiasi organizzazione internazionale, comprese le Nazioni Unite, dove Russia e Cina Popolare, storicamente vicine alla Serbia, hanno diritto di veto.
L’accordo proposto prevede che i cittadini possano muoversi liberamente tra il Kosovo e la Serbia utilizzando i propri passaporti – reciprocamente riconosciuti – documenti d’identità e targhe. “Implica che i giovani e meno giovani possano studiare e lavorare senza chiedersi se i loro diplomi e dove li hanno ottenuti possano essere un problema”, ha rilevato Borrell. Inoltre, l’accordo “può portare nuove opportunità economiche attraverso una maggiore assistenza finanziaria, attraverso la cooperazione commerciale e attraverso nuovi investimenti in Kosovo e Serbia e, soprattutto per i serbi in Kosovo, significa maggiore sicurezza e certezza (quando si tratta della loro protezione e dei loro diritti in Kosovo) e anche per la Chiesa ortodossa serba e per i siti del patrimonio culturale e religioso serbo sarebbe un vantaggio.
Sono necessarie ulteriori trattative per determinare modalità specifiche di attuazione delle disposizioni, tuttavia, solo il fatto che l’UE abbia affermato che entrambe le parti hanno concordato che il piano dell’UE è accettabile in linea di principio suggerisce che potrebbe essere in vista un accordo storico tra Serbia e Kosovo.
Da sottolineare, comunque, che dopo l’incontro, sia Vucic sia Kurti hanno affermato che non c’era stata alcuna svolta e si sono attaccati a vicenda, rivolgendosi ai propri media nazionali per sottolineare che non stavano facendo concessioni, nonostante le forti pressioni di Europa e Stati Uniti per raggiungere un accordo. Vucic, in particolare, ha definito i colloqui come inefficaci. “Non abbiamo una tabella di marcia”, ha insistito, pur accettando di continuare con i colloqui. Kurti è stato più ottimista, dicendo che sarebbe stato disposto a firmare un accordo se Vucic fosse stato disponibile a procedere.
Gli esperti della regione continuano a chiedersi che tipo di vantaggi avrebbero la Serbia e il Kosovo se accettassero il piano. Con il processo di integrazione nell’UE in fase di stallo, non è chiaro quale vantaggio trarrebbe la Serbia dall’accordo sul piano senza prevedere passi concreti verso la piena integrazione nell’UE. Inoltre, il Kosovo potrebbe chiedersi se il piano sia ancora interessante, data la posizione di Pristina secondo cui qualsiasi accordo deve includere il “pieno riconoscimento reciproco”. Inoltre, ci sono ancora preoccupazioni su come entrambi i leader venderebbero qualsiasi potenziale accordo alle rispettive popolazioni.
Da evidenziare, anche la situazione sul piano sociale, che secondo l’ONG Kosovo’s Center for Affirmative Social Actions (CASA), negli ultimi dieci anni, il numero di bambini serbi nelle scuole primarie e secondarie del Kosovo è diminuito di 10.000, indicando che circa 40.000 serbi hanno lasciato il territorio. CASA ha stimato che 120.000 serbi vivevano in Kosovo dieci anni fa e che da allora la popolazione si è ridotta a circa 80.000. CASA ha spiegato che i serbi stavano fuggendo dal Kosovo a causa della mancanza di sicurezza tanto quanto della mancanza di opportunità di lavoro.
Il conflitto in Ucraina è sempre presente nelle dichiarazioni dei kosovari che guardano a quanto accade con giustificata preoccupazione. Recentemente il Presidente del Kosovo Vjosa Osmani ha accusato il Presidente russo Vladimir Putin di aver tentato di “esportare” il conflitto ucraino in Kosovo e in altri paesi come la Moldavia e la Georgia. Osmani ha detto che Putin sta tentando di “distrarre l’attenzione dell’Occidente dall’Ucraina”. La Russia “sarebbe in grado di farlo fomentando altri conflitti in Europa, sia in Moldavia, Georgia o nei Balcani occidentali. Sempre secondo Osmani, tentativi di destabilizzazione, come operazioni sotto falsa bandiera, erano già stati effettuati nei mesi scorsi e la Russia avrebbe inviato forze paramilitari travestite da civili attraverso rotte illegali verso il territorio kosovaro.
Anche questa ipotizzata minaccia rafforza la necessita’ di un incisivo controllo e permanenza nel Kosovo della Missione NATO denominata KFOR che attualmente e’ a guida/comando Italiano.
Generale Giuseppe Morabito
Membro del Direttorio della NATO Defence College Foundation