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La questione della Crimea divide gli alleati occidentali di Kiev

K metro 0 – Kiev – “Tutto è iniziato con la Crimea, e finirà con la Crimea”, è stata l’affermazione lapidaria del  presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy, lo scorso agosto. La penisola del Mar Nero, conquistata dalla Russia nel 2014, ospita importanti basi militari russe ed è stata uno dei punti di lancio dell’”operazione militare speciale” di

K metro 0 – Kiev – “Tutto è iniziato con la Crimea, e finirà con la Crimea”, è stata l’affermazione lapidaria del  presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy, lo scorso agosto. La penisola del Mar Nero, conquistata dalla Russia nel 2014, ospita importanti basi militari russe ed è stata uno dei punti di lancio dell’”operazione militare speciale” di Mosca.

Mantenere il controllo della Crimea e del ponte di terra di  Zaporizhia che collega la regione russa di Rostov e la Crimea consente all’esercito russo di minacciare le posizioni ucraine da sud e offre alla flotta russa del Mar Nero una base avanzata a Sebastopoli per lanciare attacchi a lungo raggio. Kiev ha ripetutamente sottolineato la necessità di riconquistare la penisola per porre fine alla guerra. Ma proprio questo potrebbe presto diventare un punto di divergenza tra Kiev  e i suoi alleati occidentali.

Ma è possibile per l’Ucraina rivendicare la Crimea? “L’Ucraina deve prima riprendere la Crimea, quest’anno, prima del Donbass”, ha detto l’ex comandante delle truppe statunitensi in Europa, il generale Ben Hodges ad Akexandra Brzozowski di EURACTIV (una rete di media indipendente specializzata in affari dell’UE).

Contrariamente ad alcuni politici e analisti scettici, Hodges ritiene che una campagna militare ucraina per liberare la Crimea non sia fuori questione. A condizione che gli alleati occidentali forniscano tutte le armi necessarie, principalmente missili a lungo raggio, con i quali Kiev potrebbe liberare la penisola entro la fine dell’estate.

Ma ripresa del controllo della Crimea, oggi in mano ai russi, che Kiev vorrebbe riconquistare per porre fine alla guerra, potrebbe presto diventare un punto di divergenza tra l’Ucraina e i suoi alleati occidentali.

La questione ha posto sempre più un dilemma per i politici occidentali. Molti temono che la sconfitta di Putin e in particolare la liberazione della Crimea, possano  costituire una “linea rossa” e spingere il Cremlino a usare armi nucleari.

Alcuni paesi membri europei della NATO ci vanno cauti. E quelli euroccidentali, in particolare, restano scettici su ciò che si può realisticamente ottenere sul campo di battaglia.

Più di recente, Germania, Francia e Regno Unito hanno ritenuto che  l’instaurazione di legami più forti tra la NATO e l’Ucraina fosse un modo per incoraggiare Kiev ad avviare colloqui di pace con la Russia entro la fine dell’anno. Anche perché alcuni alleati occidentali dell’Ucraina manifestano crescenti dubbi sulla sua capacità di riconquistare tutto il suo territorio.

All’inizio di quest’anno, Zelenskyy ha affermato che l’Ucraina aveva bisogno di missili ATACMS (Army Tactical Missile System) di fabbricazione USA, con un raggio di circa 300 chilometri.

Oggi sono in dotazione a Corea del Sud, Polonia, Romania, Grecia, Turchia, Qatar e Bahrein.

Interrogato sulla possibilità di fornire a Kiev missili a lungo raggio, il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg ha rifiutato di entrare in questioni operative-militari. Ma ha cautamente sottolineato il fatto che “il sostegno si è evoluto con l’evolversi della guerra”.

Washington, fino a poco tempo fa, ha mantenuto un’ambiguità strategica sulla questione. Il segretario di Stato americano Anthony Blinken ha affermato che l’obiettivo era semplicemente quello di dare a Kiev i mezzi per “riprendersi il territorio che le è stato sequestrato dal 24 febbraio”, non quello che la Russia ha già requisito nel 2014.

Ma il vento sta cambiando… L’amministrazione Biden ha iniziato a entusiasmarsi  all’idea che per l’Ucraina potrebbe essere  necessario minacciare la base d’appoggio della Russia nella penisola per rafforzare la sua posizione negoziale, anche a rischio di un’escalation, secondo il “New York Times”.

“Gli Stati Uniti non riconoscono e non riconosceranno mai la presunta annessione della penisola da parte della Russia” ha dichiarato domenica (26 febbraio) il Dipartimento di Stato americano.

“L’Ucraina non sarà al sicuro a meno che la Crimea non sia, come minimo, smilitarizzata”, ha detto la scorsa settimana il sottosegretario di Stato per gli affari politici, Victoria Nuland.

(EURACTIV)

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