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Comunità peruviana: da Roma un appello all’Ue per il ritorno della democrazia a Lima

Comunità peruviana: da Roma un appello all’Ue per il ritorno della democrazia a Lima

K metro 0 – Roma – Perù: un Paese in via di sviluppo, ma con un alto indice di sviluppo umano, un livello di reddito medio-alto e un tasso di povertà di circa il 19%. Ritenuto, comunque una delle economie più prospere del Sudamerica, con un tasso di crescita medio del 5,9%; da Dicembre scorso, però, si sta avvitando

K metro 0 – Roma – Perù: un Paese in via di sviluppo, ma con un alto indice di sviluppo umano, un livello di reddito medio-alto e un tasso di povertà di circa il 19%. Ritenuto, comunque una delle economie più prospere del Sudamerica, con un tasso di crescita medio del 5,9%; da Dicembre scorso, però, si sta avvitando in una crisi istituzionale e sociale dagli sviluppi in gran parte imprevedibili, che in questo ricorda, tolte le forti differenze sul piano economico, quella dell’ Argentina dai primi anni ’90 ai primissimi anni del Duemila. 

Tutto è cominciato il 7 Dicembre, col tentativo dell’allora presidente Pedro Castillo (eletto a luglio del ‘21nelle file del partito “Peru’ Libero”), più volte autodefinitosi marxista, ma conservatore in campo etico-sociale, di sciogliere il Congresso: promotore, nei suoi confronti, di varie richieste di impeachment, per accuse di corruzione, dispotismo partitocratico, incapacità di gestire le crisi economiche e sociali del Paese. Il 7 dicembre 2022, Castillo cerca di sciogliere il Parlamento ordinando anche il coprifuoco nazionale e l’instaurazione d’ un “governo di eccezionale emergenza”. In risposta la maggioranza del Governo si dimette, e il tentativo di scioglimento del Congresso viene denunciato come golpe dal Difensore civico del Perù. Anche la Corte Costituzionale, e Dina Boluarte, Vicepresidente, definiscono il tentativo un “colpo di Stato”. Lo stesso giorno, 7 dicembre, il Parlamento peruviano approva l’impeachment nei confronti di Castillo, destituendolo dal suo mandato: gli subentra Dina Boluarte.

Immediatamente, però, iniziano le proteste popolari – con blocchi stradali e manifestazioni di piazza – nelle zone dove l’anno prima Castillo era stato votato a grande maggioranza, le più povere del Paese, specie al Sud: Apurimac, Arequipa, Cuzco, Puno. Denunciando l’aperta ostilità del Congresso verso Castillo e gli interessi dell’oligarchia di Lima, la capitale, che comunque non ha mai visto di buon occhio un presidente dalle origini contadine, insegnante di scuola. Con la grande manifestazione del 19 gennaio, i dimostranti, dalle periferie contadine del Perù, sono arrivati in massa nella capitale, Lima, sino ad allora dimostratasi abbastanza indifferente alle morti del Sud (62 le vittime dichiarate sino ad oggi, oltre 500 i feriti, riferisce il periodico specialistico “Osservatorio Diritti”).  

Quella parte del popolo che si rispecchia nel deposto presidente Castillo, soprattutto “campesinos” delle zone rurali, chiede le dimissioni di Boluarte e del Congresso, elezioni anticipate entro l’anno e una nuova Costituzione. E le forze dell’ordine rispondono sparando proiettili ad altezza uomo: soprattutto – affermano membri della Comunità peruviana di Roma – le famigerate pallottole dum dum (il cui uso in ambito militare è stato proibito dalla Convenzione di Ginevra del 1929, ma paradossalmente, è ammesso per alcune forze di polizia). Che esplodono, una volta penetrate in un organismo, con effetti devastanti.

In questi giorni, la Comunità peruviana dell’Urbe (che conta circa 13.000 persone; 85.000 in tutta Italia) è in fermento, per le notizie provenienti da Oltreoceano. ed è nata un’organizzazione spontanea di immigrati peruviani, indipendente dai partiti politici del Paese andino. Che chiede soprattutto la libertà e la restituzione al suo incarico per il Presidente Castillo (“rinchiuso in un vero carcere”, sottolineano: ben diversamente da Keiko Sofía Fujimori, figlia del Presidente nippo-peruviano Alberto, il golpista del 1992, oggi libera dopo esser stata tenuta per un po’in “prigionia dorata”), la chiusura del Parlamento (senza, però, nuove elezioni), una nuova Costituzione al posto di quella, fujimoriana, del 1993 e l’incriminazione della Vicepresidente Dina Boluarte. Ritenuta una traditrice, pronta – per rimanere al potere – a mantenere, se non aggravare, quella che, da sempre, è la  parziale soggezione dell’economia peruviana gli interessi delle grandi multinazionali USA ed europee. 

Al momento è davvero difficile prevedere quella che sarà l’evoluzione (o l’involuzione….) della situazione peruviana. I dimostranti della Comunità romana, più volte riunitisi, in questi giorni, soprattutto a Piazza della Madonna di Loreto vicino Piazza Venezia, lanciano un appello, per facilitare il ritorno della democrazia in patria, all’ Unione Europea. Il cui Parlamento, ricordano, ha ultimamente definito il governo di Dina Boluarte incompatibile coi princìpi fondamentali della democrazia.

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