K metro 0 – Sarajevo – Un appello a intervenire sulla situazione di tensione in Bosnia-Erzegovina era già stato lanciato da un gruppo di eurodeputati in una lettera indirizzata all’Alto Rappresentante per la politica estera dell’Ue (lo spagnolo Josep Borrell) e all’Alto Rappresentante per la Bosnia-Erzegovina (il tedesco Christian Schimdt). La lettera esprimeva preoccupazione per
K metro 0 – Sarajevo – Un appello a intervenire sulla situazione di tensione in Bosnia-Erzegovina era già stato lanciato da un gruppo di eurodeputati in una lettera indirizzata all’Alto Rappresentante per la politica estera dell’Ue (lo spagnolo Josep Borrell) e all’Alto Rappresentante per la Bosnia-Erzegovina (il tedesco Christian Schimdt).
La lettera esprimeva preoccupazione per i venti di secessione della Republika Srpska, dopo i passi in tal senso della sua leadership nazionalista. E invocava l’intervento dell’Ue e dell’OHR (l’Office of the High Representative per le Repubbliche della ex Jugoslavia).
Una tensione sempre più palpabile segnalata dal fatto che “diverse linee rose sono state oltrepassate”, ha avvertito oggi Paulo Rangel (eurodeputato, dal 2009, del Partito socialdemocratico europeo e vicepresidente del PPE guidato dal tedesco Manfred Weber).
Rangel, relatore permanente del Parlamento europeo per la Bosnia-Erzegovina, ha condannato, insieme all’eurodeputato tedesco Romeo Franz (dei Verdi), presidente della delegazione parlamentare per le relazioni con la Bosnia-Erzegovina e il Kosovo, le celebrazioni incostituzionali della Giornata della Republika Srpska, organizzate dai separatisti serbi in Bosnia-Erzegovina, invocando l’intervento della comunità internazionale attraverso “misure specifiche e mirate contro coloro che continuano a minare deliberatamente e sistematicamente l’ordine costituzionale e territoriale della Bosnia-Erzegovina con le parole e con i fatti”.
Le celebrazioni della Giornata della Republika Srpska, il 9 gennaio, secondo Rangel, sfidano “le decisioni prese da tempo dalla Corte costituzionale della Bosnia-Erzegovina, che ha dichiarato incostituzionali sia l’autoproclamata festa sia il referendum del 2016”, considerando la celebrazione della festa autoproclamata un atto criminale.
Una medaglia per Putin
Rangel e Franz contestano inoltre l’assegnazione di una medaglia al presidente russo, Vladimir Putin, da parte del capo della Republika Srpska, Milorad Dodik, ritenendo che una simile iniziativa “nel contesto dell’attuale guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina, la dice lunga sul ‘senso di appartenenza’ dei vertici serbo-bosniaci e sul loro disprezzo per i valori europei”.
Una sfilata illegale intorno a Sarajevo
Lunedì 9 gennaio, la Republika Srpska ha celebrato la sua festa nazionale con una parata della polizia, nonostante sia stata considerata illegale dalla Corte costituzionale del Paese e nonostante le proteste dei musulmani bosniaci.
Più di 2500 persone, tra cui 800 poliziotti, oltre a dipendenti pubblici e altri cittadini, hanno sfilato per le strade del sobborgo di Lukavica, nella parte orientale di Sarajevo (compresa nel territorio serbo-bosniaco), alla presenza di Dodik, di diversi capi serbo-bosniaci e del ministro degli Esteri della Serbia, Ivica Dacic.
E’ stata la prima volta che la parata si è svolta nei sobborghi di Sarajevo, a differenza delle precedenti celebrazioni organizzate a Banja Luka (nord-ovest), la città principale della Republika Srpska.
Il 9 gennaio 1992 i serbo-bosniaci proclamarono la loro entità politica autonoma in Bosnia, mentre i “bosgnacchi” (i bosniaci musulmani) e i croati (cattolici) optarono per la dichiarazione di indipendenza dalla federazione di Jugoslavia, in previsione della guerra civile (1992-95) che ha causato più di 100.000 morti e circa 2,5 milioni di sfollati e rifugiati.
Questa celebrazione è stata vietata dalla Corte Costituzionale in quanto considerata una discriminazione nei confronti dei due gruppi etnici riconosciuti nel paese (bosgnacchi e croati).
Diverse organizzazioni di veterani di guerra e vittime musulmane hanno presentato questo giovedì all’Ufficio del Procuratore Generale reclami sulla celebrazione e per il fatto che si sia svolta nella regione di Sarajevo, la capitale della Bosnia-Erzegovina, città martire circondata, durante la guerra intestina, dall’esercito serbo-bosniaco.
Dopo la cerimonia, Dodik ha dichiarato, spavaldamente, che la Republika Srpska “appartiene” a serbi “pronti a difendere la propria libertà (…). Non siamo una minaccia per nessuno. Vogliamo solo dimostrare che siamo pronti a lottare per la nostra libertà”.