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Libano, manca ancora l’accordo per eleggere il presidente

K metro 0 – Beirut – Il Libano è sempre più vicino al collasso. È senza presidente da oltre un mese, poiché i suoi legislatori non riescono a trovare un accordo su un nuovo capo di Stato. Uno stallo che blocca una serie di iniziative, dalla messa in atto di riforme strutturali per un programma

K metro 0 – Beirut – Il Libano è sempre più vicino al collasso. È senza presidente da oltre un mese, poiché i suoi legislatori non riescono a trovare un accordo su un nuovo capo di Stato. Uno stallo che blocca una serie di iniziative, dalla messa in atto di riforme strutturali per un programma del Fondo monetario internazionale al permesso al canale televisivo di trasmettere la Coppa del Mondo di calcio. Ne parla in dettaglio Associated Press.

Il presidente Michel Aoun, ha terminato il suo mandato di sei anni il 30 ottobre scorso; il parlamento libanese, profondamente diviso, si è riunito nove volte per eleggere un successore e ogni volta ha fallito, aggravando la paralisi politica e paralizzando le misure per alleviare una crisi economica che ha trascinato tre quarti della popolazione nella povertà.

Il mandato di Aoun passerà alla storia come quello durante il quale il paese è sprofondato nella sua crisi economica più devastante di sempre: dal 2019 a oggi la situazione non ha fatto che peggiorare, oltre a creare la più massiccia ondata migratoria dai tempi della guerra civile (1975-90).

L’ultimo periodo di paralisi arriva anche quando si cerca di riallacciare i legami tesi con l’Arabia Saudita e altri Paesi del Golfo, che un tempo mantenevano il Libano ricco di denaro. Il dominio di Hezbollah nella politica libanese nell’ultimo decennio e il suo sostegno ai ribelli Houthi dello Yemen contro la coalizione a guida saudita hanno difatti irritato Riyadh. Nel 2021, l’Arabia Saudita ha così vietato le esportazioni agricole dal Libano, con la motivazione che esse venivano utilizzate per il contrabbando di droga, e più tardi ha stoppato tutte le esportazioni libanesi dopo che un ministro aveva definito “assurda” la guerra dell’Arabia Saudita nello Yemen. Secondo gli esperti, l’impasse è in qualche modo legata ai colloqui in corso tra Arabia Saudita e Iran a Baghdad, in Iraq, per ripristinare i legami diplomatici.

Secondo il sistema di condivisione del potere in vigore in Libano dall’indipendenza dalla Francia nel 1943, il presidente deve provenire dalla realtà cattolica maronita, il primo ministro è sunnita e il presidente del parlamento sciita. Sebbene Hezbollah non abbia ancora nominato pubblicamente un candidato, la percezione pubblica è che il gruppo sostenga Sleiman Frangieh, uno stretto alleato del partito e del presidente siriano Bashar Assad. Il candidato nominale del campo che si oppone a Hezbollah e che spesso descrive il gruppo come uno Stato nello Stato è il parlamentare Michel Moawad. Entrambi i candidati provengono da famiglie politiche tradizionalmente affermate.

Moawad ha ricevuto più voti di qualsiasi altro candidato, ma non è riuscito a raccogliere la maggioranza ed è ampiamente considerato una figura troppo divisiva per raggiungere la presidenza. Nel frattempo, il capo dell’esercito libanese, il generale Joseph Aoun, sarebbe stato discusso come possibile candidato di consenso, anche se il suo nome non è ancora apparso sulla scheda elettorale.

Si teme pertanto che una paralisi prolungata possa ritardare un possibile accordo con il Fondo monetario internazionale (Fmi), per risanare l’economia e rinnovare la fiducia degli investitori nel Paese. Il Fmi ha posto delle condizioni precise dopo un accordo provvisorio dello scorso aprile, tra cui la modifica della legge sul segreto bancario, la ristrutturazione delle banche e la formalizzazione dei controlli sui capitali. Il Libano ha pertanto bisogno al più presto di un presidente che ratifichi qualsiasi legge approvata dal parlamento. Nel frattempo, il Paese è destinato ad avere il secondo tasso di inflazione più alto al mondo nel 2022. “Siamo già sull’orlo del collasso dello Stato”, ha ammonito Bitar. “Se la paralisi durerà più di qualche settimana o mese, potrebbe portare a un collasso completo”.

C’è un altro grave problema che attanaglia l’ex “Svizzera” del Medio oriente, lo sciopero dei giudici, lanciato a tempo indeterminato da metà agosto, e proseguito nonostante l’aumento di stipendi e benefit. È un’altra prova del completo collasso delle istituzioni pubbliche in Libano, dove ottenere un passaporto o completare una transazione immobiliare richiede un miracolo. A settembre, il Parlamento aveva approvato un aumento di due volte degli stipendi dei dipendenti del settore pubblico, compresi i giudici, oltre a migliorare gli aiuti per gli ospedali e l’istruzione. Tuttavia, la decisione non è stata ancora attuata. I salari dei giudici valgono al momento solo circa 160 dollari in media, a causa dell’impennata dell’inflazione. Da quando l’economia libanese è entrata in caduta libera nel 2019, la valuta del Paese ha perso il 95% del suo valore rispetto al dollaro Usa, costringendo i dipendenti del settore pubblico a ripetuti scioperi.

In queste condizioni, i magistrati sono stati costretti a entrare in sciopero perché le loro condizioni finanziarie e sociali sono diventate molto disagevoli. Alcuni di loro che soffrono di malattie croniche hanno persino dovuto smettere di fare i necessari esami periodici e di acquistare le medicine.

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