K metro 0 – Berlino – La Conferenza mondiale sul clima (COP27) a Sharm el Sheikh, in Egitto, sta entrando nella sua settimana cruciale. Uno sguardo ai progetti di 59 paesi con emissioni di gas serra molto elevate mostra che nessuno è sulla buona strada per raggiungere l’obiettivo di lungo periodo di limitare l’aumento della
K metro 0 – Berlino – La Conferenza mondiale sul clima (COP27) a Sharm el Sheikh, in Egitto, sta entrando nella sua settimana cruciale. Uno sguardo ai progetti di 59 paesi con emissioni di gas serra molto elevate mostra che nessuno è sulla buona strada per raggiungere l’obiettivo di lungo periodo di limitare l’aumento della temperatura media globale a 1,5°C, per ridurre i rischi e gli effetti dei cambiamenti climatici. L’obiettivo era stato fissato dall’Accordo di Parigi del dicembre 2015 sottoscritto dai 197 Stati membri della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc).
Dalla classifica dei paesi impegnati nella protezione del clima, presentata oggi alla conferenza di Sharm el Sheikh dalla ONG ambientalista Germanwatch e dal NewClimate Institute, i primi tre posti rimangono vuoti poiché nessun paese è vicino a raggiungere gli obiettivi di Parigi, ovvero di ridurre il riscaldamento a 1,5 gradi.
Molti paesi arretrano in graduatoria, come la Svizzera, retrocessa dal 15° al 22° posto. Anche la Germania sta peggiorando. Questa volta è solo al 16° posto, tre posti in giù rispetto all’anno scorso.
“Ci sono due tendenze opposte in Germania”, spiega Niklas Höhne del NewClimate Institute: “le politiche del governo sono soggette a una più attenta valutazione, ma le emissioni stanno ancora scendendo troppo lentamente”. E ciò è dovuto alla mancanza di politica climatica del precedente governo.
Nel settore dei trasporti in particolare, si sta facendo troppo poco e l’espansione delle rinnovabili procede troppo lentamente. Il “governo del semaforo” (Verdi, SPD, Liberali) non è ancora sulla buona strada. Il Cancelliere Scholz, spaventato dalla crisi dei prezzi dell’energia, punta eccessivamente sulle importazioni di gas liquido e sull’aumento delle centrali elettriche a carbone.
E intanto, come l’anno precedente, Danimarca e Svezia restano in testa alla classifica grazie alle loro ambiziose misure di protezione del clima e a una rapida espansione delle energie rinnovabili. Seguite dal Cile che sale di tre posizioni nell’ nell’indice fino al sesto posto, in virtù dell’espansione delle energie rinnovabili e della recente approvazione di un’ambiziosa legge sulla protezione del clima.
Oltre a Marocco (7° posto), India (8°) e Spagna (23°), tra chi sale c’è anche l’UE (19°). Gli Stati Uniti sono saliti di tre posizioni, ma restano nel “rosso profondo” (il gruppone di coda) al 52° posto.
Sono saliti in classifica soprattutto grazie alla politica climatica progressista di Joe Biden. Ma il livello di emissioni pro capite è ancora molto alto, spiega Jan Burck di Germanwatch. E nonostante il cambio di rotta a Washington, la produzione di carbone e gas tende ora ad essere addirittura ampliata.
Male la Cina. Scivolata di 13 posizioni, è ora al 51° posto. “Questo perché mentre le energie rinnovabili stanno facendo progressi, le centrali elettriche a carbone sono ancora in funzione e le emissioni sono ancora in aumento”, spiega Höhne. La Cina deve assolutamente cambiare rotta.
Gli analisti che hanno elaborato l’indice di protezione del clima quest’anno, sperano che i paesi partecipanti alla conferenza sul clima in Egitto, rifiuteranno chiaramente una rinascita di carbone, gas e petrolio. Messa in ombra attualmente dalla crisi energetica, la protezione del clima, a loro giudizio, deve tornare ad essere l’obiettivo principale, “senza scendere a compromessi”.