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Rapporto WWF 2022: gli animali si estinguono, il clima impazzisce

Rapporto WWF 2022: gli animali si estinguono, il clima impazzisce

K metro 0 – Roma – Oggi 13 ottobre 2022, si celebra in tutto il mondo la Giornata Internazionale per la riduzione dei disastri. In occasione di questa Giornata, istituita dall’UNESCO (nel 1989) per la diffusione della consapevolezza dei rischi legati alle catastrofi ambientali, il WWF pubblica il suo rapporto biennale sullo stato di salute

K metro 0 – Roma – Oggi 13 ottobre 2022, si celebra in tutto il mondo la Giornata Internazionale per la riduzione dei disastri.

In occasione di questa Giornata, istituita dall’UNESCO (nel 1989) per la diffusione della consapevolezza dei rischi legati alle catastrofi ambientali, il WWF pubblica il suo rapporto biennale sullo stato di salute della natura: Living Planet Report 2022, presentato questa mattina nella sede del CNEL, a Roma.

Pianeta Terra, allarme rosso

Ci troviamo di fronte a una doppia emergenza: il cambiamento climatico provocato dall’uomo e la perdita di biodiversità, che minacciano il benessere delle generazioni attuali e future”, scrive Marco Lambertini, direttore generale del WWF International, preoccupato dai nuovi dati sul calo devastante delle popolazioni di fauna selvatica, in particolare nelle regioni tropicali, che ospitano alcune delle aree più ricche di biodiversità al mondo”.

Gorilla di pianura, linci, squali, coralli… “Le icone della biodiversità, tanto preziose quanto essenziali per l’equilibrio dei nostri ecosistemi, stanno diminuendo a un ritmo allarmante”. Il rapporto fa il punto sullo stato della biodiversità globale e sulla salute del pianeta. E lancia un allarme per il “declino devastante” delle popolazioni di vertebrati – pesci, uccelli, mammiferi, anfibi e rettili – in tutto il mondo.

Pianeta vivente… e invertebrato

Il 69% delle popolazioni di animali vertebrati è scomparso tra il 1970 e il 2018. Nel Rapporto precedente, del 2020, il WWF stimava, in base al suo Living Planet Index (LPI) un calo medio di queste popolazioni del 68%, rispetto al 50% del 2012.

L’indice LPI viene ricavato da un bacino di dati raccolti da circa 32.000 popolazioni di oltre 5.230 specie di vertebrati.

Dal 1970 alcune specie hanno registrato un calo preoccupante: i gorilla delle pianure orientali sono diminuiti dell’80%, gli elefanti africani delle foreste dell’86%, del 50%, e le razze e gli squali oceanici del 71%.

La minaccia del riscaldamento globale

Se il cambiamento nell’uso del suolo rimane il principale motore della perdita di biodiversità, il riscaldamento globale sta giocando un ruolo sempre più importante nel collasso delle specie di vertebrati.

Crisi climatica e crollo della biodiversità sono due facce della stessa medaglia. L’aumento della temperatura media globale, di 1,2°C dall’inizio dell’era industriale, sta già portando a “fenomeni di mortalità di massa, nonché alle prime estinzioni di specie”, spiega il Rapporto, secondo il quale “ciascun un grado aggiuntivo dovrebbe aumentare queste perdite”.

A titolo di esempio, il Rapporto cita in particolare i coralli d’acqua calda. Già la metà “sono scomparsi per vari motivi”, e il riscaldamento globale potrebbe assestare il colpo mortale. “Un aumento della temperatura media dell’ 1,5°C causerà una perdita del 70-90% dei coralli d’acqua calda e un riscaldamento di 2°C, una perdita di oltre il 99%”.

Nella Guyana francese, le tartarughe liuto (quelle più grandi del mondo) sono calate del 95%, per l’effetto combinato di pesca illegale e surriscaldamento che sbilanciano il rapporto tra nascite di maschi e femmine.

Foreste e mangrovie, spiega il WWF, sono pozzi essenziali di carbonio. Ma ogni anno perdiamo circa 10 milioni di ettari di foresta, un’area equivalente a quella del Portogallo”.

“Le aree protette gestite dalle comunità locali” mostrano invece una fiorente biodiversità. Il ripristino degli ecosistemi con metodi naturali, è benefico per la biodiversità e anche per il clima.

Secondo il WWF, è essenziale una sinergia fra le misure di contrasto al crollo della biodiversità e l’azione per il miglioramento climatico.

L’obiettivo è invertire, entro otto anni, la tendenza al calo delle specie, per ritrovare livelli soddisfacenti di biodiversità nel 2050.

Gli ecosistemi d’acqua dolce

Ambienti che ospitano “una ricca biodiversità, comprendente un terzo di specie di vertebrati”, questi ecosistemi sono particolarmente colpiti dal degrado, con un calo medio delle specie dell’83%.

Un degrado dovuto, tra l’altro, all’inquinamento (pesticidi, plastica, rifiuti industriali e agricoli) allo sfruttamento idrico o alle variazioni delle portate dei corsi d’acqua. Come pure allo sfruttamento eccessivo delle specie e all’introduzione di specie invasive.

“Solo il 37% dei fiumi più lunghi di 1.000 km sono ancora ‘naturali’ per tutta la loro lunghezza” e le specie di acqua dolce, in particolare i pesci migratori, si scontrano con “la presenza di dighe e bacini [che rappresentano] una minaccia alla loro sopravvivenza”.

Grazie alla rimozione di due dighe e alla modifica di altre barriere, in un fiume nel nord-est degli Stati Uniti, le popolazioni di alewife (aringhe di fiume) sono tornate a prosperare: “da poche centinaia a quasi 2 milioni in cinque anni” permettendo la ripresa della pesca”.

La regione più colpita: l’America Latina

Nei Caraibi e in Sudamerica, la fauna selvatica è diminuita in media del 94% dal 1970. Le popolazioni di delfini rosa di fiume sono crollate del 65% tra il 1994 e il 2016 nella Riserva di sviluppo sostenibile di Mamirauá, nello Stato brasiliano di Amazonas.

In Amazzonia, “l’ultima ricerca indica che ci stiamo pericolosamente avvicinando a un punto di svolta oltre il quale la nostra più grande foresta pluviale” non svolgerà più la sua funzione di regolatore del clima dell’intero pianeta.

Ma anche il Mediterraneo non sta messo bene…

Il Mediterraneo rappresenta solo lo 0,82% della superficie complessiva dei mari e degli oceani, però ospita una varietà di forme viventi che ne fanno uno uno degli “hotspot” della biodiversità.

Le ultime stime indicano la presenza di circa 17.000 specie (il 7,5% delle specie mondiali) : una biodiversità che rappresenta dal 4 al 25% della diversità di specie marine globali. Si può quindi dedurre che la ricchezza di specie per area è circa 10 volte superiore alla media mondiale.

Ma turismo, speculazione edilizia, pesca illegale, bracconaggio mettono a rischio la conservazione della biodiversità del Mare Nostrum.

C’è dunque ampia materia di riflessione. E in vista della Quindicesima Conferenza delle Parti della Convenzione delle Nazioni Unite sulla Diversità Biologica (Cop 15) che si terrà a Montreal, in Canada, dal 7 al 19 dicembre, sotto la presidenza della Cina, conclude il Rapporto del WWF, ci aspettiamo un ambizioso accordo sulla biodiversità globale.

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