K metro 0 – Roma – Dopo Strasburgo, viaggio in Italia per il presidente del Montenegro Milo Djukanovic, che qualche giorno fa era intervenuto nel corso della seduta plenaria del PE, accolto benevolente dal presidente Antonio Tajani. Il primo incontro ufficiale nella nostra penisola è stato quello con il Papa, avvenuto in Vaticano, sul tema
K metro 0 – Roma – Dopo Strasburgo, viaggio in Italia per il presidente del Montenegro Milo Djukanovic, che qualche giorno fa era intervenuto nel corso della seduta plenaria del PE, accolto benevolente dal presidente Antonio Tajani. Il primo incontro ufficiale nella nostra penisola è stato quello con il Papa, avvenuto in Vaticano, sul tema dell’integrazione europea. Bergoglio ha invogliato il presidente montenegrino a continuare a lavorare per la pace, non a caso, durante il tradizionale scambio di doni, Papa Francesco ha consegnato al presidente una scultura di un ramo d’ulivo, insieme al messaggio per la Giornata mondiale della Pace 2018. Ricevuto inoltre dal Segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, accompagnato dal Segretario per i Rapporti con gli Stati, mons. Paul Richard Gallagher, occasione in cui si è parlato dei buoni rapporti che intercorrono tra la Santa Sede e la Repubblica di Montenegro, consolidati dall’Accordo di Base del 2011. Tra i temi dell’incontro la situazione del Paese, compresi quelli di interesse regionale: l’impegno nella promozione della convivenza interetnica e interreligiosa e la salvaguardia del patrimonio ambientale.
Milano, la capitale economica del Paese è la seconda tappa italiana del viaggio di Djukanovic. «Intendiamo diventare una meta turistica di prestigio e offrire un ambiente dinamico per gli investimenti industriali», con queste parole il presidente del Montenegro si è espresso durante la presentazione del libro «Fare Affari con il Montenegro: una guida per conoscere le opportunità di business in una delle economie più vivaci d’Europa», promosso dal consolato onorario di Milano (aperto nel 2015 in occasione dell’Expo). Il governo montenegrino sta cercando di attirare capitali esteri per alimentare l’economia interna, offrendo condizioni favorevoli con una flat tax sui profitti di impresa del 9%, nonché agevolazioni per investimenti a partire da 500mila euro, che incrementano almeno 20 unità lavorative. Tra i vantaggi per gli imprenditori stranieri l’esenzione per otto anni del pagamento della tassa sul profitto. Djukanovic durante il suo intervento afferma: «Siamo una economia aperta e se le dico che il Montenegro è il sito ideale in assoluto per gli investimenti non mi crederebbero. Quindi non glielo dico. Solo da 12 anni siamo uno stato indipendente. C’è stato uno sviluppo positivo e oggi siamo migliori di quanto eravamo in passato».
Per la Banca mondiale il Montenegro è al 42esimo posto su 190 Paesi per condizioni agevoli per il business, l’Italia invece si trova in 46esima posizione. Il Paese dei Balcani, da quando è diventato indipendente dalla Serbia dopo il referendum del 2006, ha avuto un tasso di crescita medio del 3,3%, tra i più alti d’Europa. E le previsioni per il 2018 si attestano a un robusto +3%, +2,7% nel 2019. E sull’euro Djukanovic dichiara: «come cittadini dell’Europa, pensiamo che l’Europa debba essere unita, stabile e competitiva su scala globale. In questo contesto, è importantissimo che l’euro rimanga la valuta comune». Milo Djukanovic è al suo secondo mandato come presidente, dopo esser stato sette volte premier. Dopo aver promosso l’anno scorso l’ingresso nella Nato, si sta impegnando molto per traghettare il Paese nell’Unione europea, come dimostrano i recenti incontri con il presidente Tajani. Una tesi già espressa da Djukanovic al Parlamento europeo, secondo cui è necessario un «processo parallelo» che veda sia una maggiore coesione e integrazione interna alla Ue, sia un suo allargamento ai Paesi dei Balcani, a partire dal Montenegro.
E sulla crisi europea il presidente montenegrino continua: «Ovvio che in questo momento l’Europa fronteggia una crisi che sottintende alcune debolezze. Ma questo non deve portare all’abbandono della visione di una Europa unita, che deve esser mantenuta e affinata».
di Francesca Politi