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Il grano, cereale indispensabile e arma diplomatica micidiale

K metro 0 – Lisbona – La carenza di grano, dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, è diventato un enorme fattore destabilizzante in una crisi che minaccia la sicurezza alimentare di milioni di persone. La produzione agricola dovrà pertanto aumentare del 28% per porre fine alla fame entro il 2030. “Il 2023 potrebbe essere ancora

K metro 0 – Lisbona – La carenza di grano, dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, è diventato un enorme fattore destabilizzante in una crisi che minaccia la sicurezza alimentare di milioni di persone.

La produzione agricola dovrà pertanto aumentare del 28% per porre fine alla fame entro il 2030. “Il 2023 potrebbe essere ancora peggio” avvisa António Guterres, segretario Generale delle Nazioni Unite, interpellato dalla testata portoghese jn.pt. La guerra in Ucraina aggrava la carestia in Sudan, che già colpisce il 30% della popolazione. Secondo l’ONU, più di 200 milioni di persone nel mondo soffrono di fame acuta a causa dell’aumento dei prezzi dei generi alimentari, in crescita dall’inizio del conflitto.

Perché il grano è insostituibile? In qualsiasi forma (semola, farina o pane) è un alimento “consumato in tutto il mondo, ma che non tutti possono produrre”, riassume alla testata jn.pt, l’economista Bruno Parmentier, autore del libro “Nourrir l’humanité” (Nutrire l’umanità). Oggi solo una dozzina di Paesi produce una quantità di grano sufficiente per l’esportazione. La Cina, che è il maggior produttore mondiale, importa grandi quantità per nutrire i suoi 1400 milioni di abitanti. I grandi esportatori sono Russia, Stati Uniti, Canada, Australia e Ucraina.

Un mercato, dunque, in tensione. I prezzi dei cereali erano già alti prima della guerra, ma il prezzo è aumentato su tutti i mercati a partire dalla seconda metà del 2021 ed è rimasto a livelli elevati, sostenuto dalla ripresa economica dopo la crisi pandemica. Diverse le spiegazioni alla base di questa curva ascendente: l’aumento dei prezzi dell’energia e dei fertilizzanti, la congestione dei porti, la carenza di manodopera e il cambiamento climatico, che spiega, ad esempio, il raccolto catastrofico registrato in Canada.

Dall’invasione russa, iniziata il 24 febbraio, il prezzo del cereale ha raggiunto livelli record. A maggio, sul mercato europeo, il prezzo è schizzato a 400 euro per tonnellata, il doppio rispetto alla metà del 2021. Questo aumento è insostenibile per i più poveri, soprattutto per circa 30 Paesi che importano “almeno il 30% dall’Ucraina e dalla Russia”, secondo la FAO.

Il blocco dei porti del Mar d’Azov e del Mar Nero ucraino ha automaticamente privato i mercati di 25 milioni di tonnellate di grano, che sono rimaste bloccate nelle fattorie, nei silos o nei container doganali. Nonostante gli sforzi per far uscire i prodotti dal Paese via terra, le esportazioni sono sei volte inferiori a quelle che potrebbero avvenire via mare. Nel contesto della guerra, gli agricoltori sono riusciti a seminare quasi fino al limite della linea del fronte, ma i raccolti dovrebbero diminuire del 40% per il grano e del 30% per il mais, secondo le stime della principale associazione di produttori ed esportatori dell’Ucraina.

Un’arma da guerra? “Di questi tempi, i grandi Paesi produttori hanno letteralmente in mano il destino di altri Paesi”, ha sottolineato Parmentier. Tuttavia, per Arif Husain, economista capo del Programma alimentare mondiale (PAM), gli episodi di fame estrema “non sono mai legati alla produzione di cibo” e sono sempre “causati da problemi di accesso”.

Quali soluzioni? A breve termine, essa arriverà quando ci saranno nuovi raccolti. Con una buona previsione in America, Europa o Australia, nel 2022 si prevede un raccolto di grano di 775 milioni di tonnellate, secondo il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti. Nelle ultime settimane, i prezzi sono scesi per diversi motivi: l’inizio dei raccolti, la valutazione e il peso della situazione in Ucraina sui mercati internazionali e il timore di una recessione.

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