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La Svizzera pensa di introdurre il servizio militare obbligatorio anche per le donne

K metro 0 – Zurigo – La Svizzera è pronta ad arruolare donne nell’esercito insieme agli uomini? O il paese dovrebbe prima affrontare altre aree in cui persiste la disuguaglianza di genere? Bella domanda, quella posta da Geraldine Wong Sak Hoi, che coordina il servizio Fact Checks di Swissinfo (il portale web d’informazione della SRG

K metro 0 – Zurigo – La Svizzera è pronta ad arruolare donne nell’esercito insieme agli uomini? O il paese dovrebbe prima affrontare altre aree in cui persiste la disuguaglianza di genere?

Bella domanda, quella posta da Geraldine Wong Sak Hoi, che coordina il servizio Fact Checks di Swissinfo (il portale web d’informazione della SRG SSR, l’azienda del servizio pubblico radiotelevisivo della Svizzera).

Domanda tanto più doverosa in un paese in cui le donne hanno ottenuto il diritto di voto e di eleggibilità solo nel…1971 (!): 53 anni dopo la Germania, 52 dopo l’Austria, 27 dopo la Francia e 26 dopo l’Italia.

Le donne svizzere costituiscono solo lo 0,9% del personale dell’esercito. In Norvegia, la percentuale di donne nell’esercito è salita dal 10 al 15% dopo l’entrata in vigore della coscrizione neutrale rispetto al genere, nel 2015.

Il ministero della Difesa elvetico sta valutando l’opzione di arruolare donne come parte di un più ampio sforzo per rafforzare l’esercito.

Ma cosa può imparare dalla Norvegia (il paese che ha ispirato il modello di coscrizione neutrale rispetto al genere attualmente in esame)?

Da anni ormai l’esercito svizzero prevede una futura carenza di soldati. Mancano gli uomini, dentro le donne dunque? Eppure l’idea di arruolare il sesso (ormai non più) “debole” non è mai stata considerata una soluzione politicamente popolare, fino a quando il parlamento norvegese non ha votato a stragrande maggioranza a favore dell’introduzione della coscrizione neutrale rispetto al genere nel 2013: una decisione che ha avuto ampia risonanza nella Confederazione elvetica.

Oggi il ministero della Difesa svizzero vorrebbe seguirne l’esempio. Ha tempo fino al 2024 per presentare un rapporto al Consiglio federale su questa e altre due opzioni per potenziare l’esercito, che prevede difficoltà per raggiungere l’obiettivo di 140.000 effettivi entro la fine di questo decennio.

Sullo sfondo c’è – manco a dirlo! – la guerra in Ucraina, che ha sollevato interrogativi sulla forza e la prontezza militare in Svizzera, come in altri paesi.

Ma c’è anche un dibattito pubblico sull’uguaglianza di genere amplificato negli ultimi anni da eventi come lo sciopero delle donne del 2019, contro la revisione della legge federale sull’uguaglianza tra uomini e donne del 1996 che non prevede alcuna punizione nel caso del non rispetto dell’uguaglianza salariale.

L’esperienza della Norvegia, tuttavia, suggerisce che portare – e mantenere – le donne nell’esercito richiederebbe più di un semplice obbligo legale a prestare servizio.

La Norvegia, come la Svezia del resto (che ha reintrodotto la leva obbligatoria, abolita nel 2010 da un governo di centrodestra…) sta affrontando il problema della selezione dei migliori nel quadro del sistema di coscrizione neutrale rispetto al genere introdotto nel 2015.

Tutti i diciannovenni devono compilare un lungo questionario per le forze armate, che poi invitano i candidati più idonei a test e colloqui.

Su circa 60.000 giovani, circa 10.000 vengono scelti ogni anno per il servizio, che dura fino a 19 mesi. Dopo l’addestramento di base, la maggior parte viene trasferita alla Guardia Nazionale, e può essere chiamata per una settimana di addestramento ogni anno.

Solo per numeri, la coscrizione è stata un successo: la percentuale di coscritti donne è salita dal 17% nel 2015 al 32% nel 2021.

Il fatto che solo una parte dei coscritti venga arruolata ha reso il servizio militare altamente competitivo e desiderabile, secondo Nina Hellum, del Norwegian Defence Research Establishment.

Anche il modello svizzero in esame sarebbe selettivo, poiché l’esercito recluterebbe solo le persone di cui ha bisogno. Ma quanto sarebbero motivati ​​i giovani a prestare servizio con un sistema di leva ampliato?

Anni fa, un periodo nell’esercito era visto come un importante inizio di carriera. Ma da quando, negli anni ’90, è stato introdotto il servizio civile alternativo è diventato quasi di moda per i giovani svizzeri opporsi alla leva. Molti degli immatricolati non si presentano per i corsi di aggiornamento: le carriere professionali o gli studi vengono prima di tutto.

L’esercito svizzero potrebbe avere ancora più difficoltà a convincere le donne, che attualmente possono arruolarsi volontariamente e costituiscono solo lo 0,9% del personale dell’esercito. Il ministero della Difesa ipotizza che pochi finiscano nell’esercito perché ignorano ciò che ha da offrire. Così per tutti i 18enni è stato introdotto l’obbligo di presenziare a una giornata informativa. Anche le donne possono partecipare, ma per ora solo volontariamente.

Prima della coscrizione, spiega Nina Hellum, “la donna media in Norvegia non era molto interessata all’esercito” come opzione di carriera. Ma dopo, la percentuale delle donne reclutate è aumentata molto, solo illustrando le tante opportunità di formazione professionale offerte dall’esercito.

La leva femminile in Norvegia, si inserisce nel sistema di valori del paese che, come in altre parti della Scandinavia, premia l’uguaglianza di genere. Non a caso, la votazione parlamentare per estendere la coscrizione alle donne si è svolta la stessa settimana del 2013 in cui la Norvegia ha celebrato i 100 anni del diritto di voto delle donne.

In Svizzera, la leva femminile richiederebbe una modifica della costituzione, che gli elettori dovrebbero prima approvare. Il sostegno al servizio obbligatorio per uomini e donne è cresciuto di 14 punti dal 2015, raggiungendo il 67% nel 2021, stando a un sondaggio del Centre for Security Studies (CSS) di Zurigo, secondo il quale questo cambiamento potrebbe essere dovuto a un dibattito pubblico più ampio sul tema del “genere” e a un numero crescente di donne che entrano nel settore della sicurezza.

Nel 2019, la Svizzera ha assegnato per la prima volta la carica di ministro della Difesa a una donna, Viola Amherd, che ha posto come sua priorità il reclutamento di più donne nell’esercito, puntando a raggiungere il 10% degli effettivi in 10 anni.

E all’inizio di quest’anno ha proposto di rendere obbligatoria la giornata dell’informazione delle forze armate per le donne.

Il suo ministero ha adottato diverse misure per attirare più reclute donne, inclusa la nomina di un consulente per la diversità e la creazione di un ufficio che si occupa di questioni di genere.

Questo però non significa che il paese sia pronto ad accettare una coscrizione femminile obbligatoria. Obbligare le donne a partecipare a una giornata informativa non era, ha ammesso la Amherd, la stessa cosa del servizio obbligatorio per le donne.

In un sondaggio del ministero sul potenziamento dell’esercito all’inizio di quest’anno, alcuni intervistati hanno affermato che probabilmente era troppo presto per estendere la leva alle donne dato che l’uguaglianza in altri settori della società, come il lavoro e l’assistenza all’infanzia, non era stata raggiunta.

Inoltre, una modifica al sistema di leva non offre alcuna garanzia che più donne sceglieranno una carriera nell’esercito.

“Avere una legge sulla coscrizione neutrale rispetto al genere non si traduce automaticamente in una forza di parità di genere”, spiega Sanna Strand dell’Austrian Institute of International Affairs, esperta di reclutamento militare.

Anche se le forze armate norvegesi hanno una politica di parità salariale, più donne che uomini finiscono per andarsene. Entrambi i sessi hanno citato ragioni simili per la loro decisione, come studi o un nuovo lavoro, in un sondaggio del 2020.

Poche (3%) hanno citato molestie sessuali o bullismo come motivo per andarsene, anche se un altro sondaggio del 2020 mostra che il 40% del personale femminile ha riferito di aver subito una qualche forma di sessismo nei 12 mesi precedenti.

Nonostante tutti i progressi compiuti in materia di uguaglianza, in Norvegia come in Svezia, gli uomini sono ancora più propensi delle donne a trovare motivazioni per arruolarsi.

Quella del soldato, insomma, secondo Sanna Strand “è una figura che mantiene ancora connotazioni maschili”.

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