K metro 0 – Venezia – Si percepisce una nuova sensibilità, un accentuato comune sentire, dal livello planetario giù fino a quello locale, sul complesso dei temi ambientali. Da una parte le iniziative e il dibattito delle istituzioni sovranazionali e dei governi dei singoli Stati che tentano di mettere a punto piani, necessariamente a lungo
K metro 0 – Venezia – Si percepisce una nuova sensibilità, un accentuato comune sentire, dal livello planetario giù fino a quello locale, sul complesso dei temi ambientali. Da una parte le iniziative e il dibattito delle istituzioni sovranazionali e dei governi dei singoli Stati che tentano di mettere a punto piani, necessariamente a lungo termine, per ridurre l’impatto delle attività umane sulla salute del pianeta, dall’altra le manifestazioni, i cortei, i sit-in messi in atto soprattutto dalle nuove generazioni per spingere quelle istituzioni a realizzare quanto prima i loro solenni propositi.
E chissà che a far crescere questo nuovo sentire non abbia contribuito, nel suo piccolo e nella sua realtà locale, il festival Cinemambiente di Torino (5-12 giugno alla multisala Massimo) che ora tocca la 25esima edizione. Certo è che la manifestazione torinese, la più antica d’Europa su questi temi, si è ritagliata un’attenzione cresciuta di anno in anno fin quasi a sorprendere. Ed è un fatto che oggi si contano nel mondo 40 festival dedicati all’ambiente, almeno quelli riconosciuti dalle associazioni internazionali che tengono i registri delle rassegne cinematografiche, e in gran parte sono nati mese più mese meno dopo quella di Torino. E ci sono poi molti festival generalisti che ormai riservano qualche sezione particolare anche ai film su temi ecologici.
Ed è così allora che il direttore e fondatore di Cinemambiente Gaetano Capizzi, può rilevare con misurato orgoglio che quest’anno gli sono arrivati 3.000 film tra corti, documentari e lunghi da ogni angolo del mondo, nessuno escluso. E ne ha selezionati 87 da 25 paesi, a loro volta con bandiere che coprono tutti i continenti. E con gli stessi sentimenti di soddisfazione può far notare che sono aumentati anche gli sponsor, nuove aziende semipubbliche e semiprivate, accanto alle altre da sempre vicine al festival, che hanno voluto legare il proprio marchio alla manifestazione con una munificenza anche in questo caso “misurata” eppure utilissima. E, forse complice anche l’anniversario dei 25 anni, c’è anche un significativo incremento delle risorse complessive, salite a 300 mila euro, più o meno equamente divise tra i vari sostenitori e il Museo del cinema, che promuove il festival. Un aumento che permette alla manifestazione di estendersi su 7 giorni – un paio in più delle ultime edizioni, contenute anche a causa del virus – , di invitare ospiti anche da fuori dai confini nazionali, e di organizzare eventi, incontri e dibattiti collaterali.
Tra gli ospiti che suscitano interesse e curiosità, una serata speciale è riservata ai Marlene Kuntz, che partiti da Cuneo hanno conquistato da tempo fama internazionale, i quali presentano una nuova creazione artistico-musicale, “Karma Clima”, che mette insieme musica, canto, brani recitativi, immagini, in un caleidoscopio di espressioni d’arte che, spiega il programma del festival, tocca i temi dello sviluppo economico alternaztivo, l’inclusione sociale, il turismo sostenibile e la questione ambientale. I Marlene Kuntz sono in una delle due giurie dei film in concorso, e tra gli altri nomi figurano personalità ben note a chi segue le cronache del cinema, dei festival e del dibattito attorno alle questioni ambientali.
C’è il regista viennese Werner Boote, negli ultimi anni autore di film che hanno segnato l’attenzione su temi quali la dipendenza dalle materie plastiche con Plastic Planet, sulla sovrappopolazione, Population Boom, le menzogne di una certo ecologismo finto, solo di facciata, The Green Lie. La canadese Suzanne Crocker che, lasciata la professione di medico, si è dedicata al cinema con 2 film in cui ha raccontato le sue scelte estreme: 9 mesi passati con la sua famiglia senza luce, senza acqua corrente, senza collegamenti col mondo in una baita sulle montagne canadesi; e un altro anno in cui hanno mangiato solo cibi procurati con la caccia, la pesca e gli orti da loro stessi coltivati, senza alcun legame con l’industria alimentare. Il regista Gianluca Maria Tavarelli che tra cinema e televisione ha realizzato tra le altre opere Qui non è il paradiso, Liberi, biografie del giudice Borsellino, di Maria Montessori, di Aldo Moro. Tra i giurati anche il giornalista Beppe Rovera, che per oltre vent’anni ha curato la trasmissione della Rai Ambiente Italia, realizzata dalla redazione di Torino.
E poi ancora i premiati speciali. C’è l’attivista politica, scienziata e ambientalista Vandana Shiva con le sue battaglie su tutte le tematiche legate all’ambiente: riceve il premio Dalla Terra alla Terra. Il regista bresciano Franco Piavoli, oggi ottantottenne, poeta delle immagini della natura; Piavoli proprio 25 anni fa aveva inaugurato la prima edizione del festival con l’indimenticabile Il pianeta azzurro, al quale erano seguite altre opere molto apprezzate dal pubblico e dagli addetti ai lavori del cinema e dell’ambientalismo. A Piavoli va il premio Stella della Mole. Quindi Alessandro Gassman che riceve il premio Ciak Verde per il suo impegno di attivista ambientale affiancato al suo mestiere di attore. E c’è anche il premio letteario La Ghianda per la poetessa Antonella Anedda.
Tutti ospiti che danno prestigio a un festival che nel corso degli anni ha saputo costruire il proprio documentando con rigore le emergenze ambientali che si imponevano all’attenzione e alla nostra consapevolezza, e spesso anche anticipando i temi destinati a conquistare l’interesse del pubblico e del mondo ambientalista. E anche in questa edizione Cinemambiente offre tutto il ventaglio della tematica ambientale che si ripropone suscitanto nuovi allarmi. Il cinema sull’ambiente è molto cambiato, sottolinea il direttore Gaetano Capizzi; ha affinato le sue qualità espressive, il suo linguaggio, la sua capacità di trasmettere contenuti anche complessi a una platea sempre più vasta. Nei film dunque con un rigore scientifico coniugato con la necessità della divulgazione, i cambiamenti climatici e i rischi che corrono i “generi” che popolano la natura, umanità compresa, le siccità e le inondazioni, le povertà e lo sfruttamento intensivo delle terre e delle risorse naturali, la fame e gli sprechi, l’allarme e lo sguardo poetico. C’è anche una intera sezione dedicata al cinema italiano, 33 titoli, che danno il senso della vitalità del cinema tricolore sulle tematiche ambientali.
La propensione a realizzare opere di denuncia, spiega ancora il direttore Capizzi, storicamente presente nei cortometraggi, in questa edizione un po’ si affievolisce: emerge una nuova tendenza alla riflessione sul rapporto tra uomo e ambiente, forse indotta da questi due lunghi anni di pandemia. Dalla denuncia alla riflessione, anche il cinema cerca di interrogare le coscienze.