K metro 0 – Kuala Lumpur – La Malaysia è a corto di polli. Non ne produce abbastanza per la sua popolazione. E dall’inizio di giugno ne ridurrà l’esportazione. L’India ha vietato le esportazioni di grano, mentre l’Indonesia ha bloccato le vendite all’estero di olio di palma. Lo spettro del “nazionalismo alimentare” dei paesi asiatici si
K metro 0 – Kuala Lumpur – La Malaysia è a corto di polli. Non ne produce abbastanza per la sua popolazione. E dall’inizio di giugno ne ridurrà l’esportazione. L’India ha vietato le esportazioni di grano, mentre l’Indonesia ha bloccato le vendite all’estero di olio di palma.
Lo spettro del “nazionalismo alimentare” dei paesi asiatici si aggira sui mercati mentre il mondo affronta la peggiore crisi alimentare degli ultimi decenni dopo l’invasione russa dell’Ucraina.
I malesi hanno visto aumentare i prezzi del pollo negli ultimi mesi, mentre alcuni rivenditori hanno posto limiti alla quantità di carne che i clienti possono acquistare. Lunedì scorso, il primo ministro malese, Ismail Sabri Yaakob, ha dichiarato che il suo paese smetterà di esportare fino a 3,6 milioni di polli ogni mese “fintanto che i prezzi interni e la produzione non si stabilizzeranno”. “Prima i malesi”, dunque, quando il cibo comincia a scarseggiare. A risentirne sarà innanzitutto la vicina Singapore, che dalla Malaysia importa circa un terzo dei polli che consuma.
La Singapore Food Agency ha incoraggiato gli acquirenti ad acquistare pollo congelato e ha cercato di scongiurare il panico.
Evidentemente ai cittadini della città-Stato della penisola malese le crocchette di carne di pollo coltivato in laboratorio a partire da cellule animali, inventate nel 2013 dal bioingegnere olandese Marc Post, e arrivate nei ristornati di Singapore nel 2020, non soddisfa più di tanto il palato…
Il divieto di esportazione di pollo in Malesia è l’ultimo sviluppo della crisi alimentare globale.
Il mese scorso, Banca Mondiale ha avvertito che l’aumento record dei prezzi dei generi alimentari potrebbe spingere centinaia di milioni di persone nella povertà e nella malnutrizione.
L’Ucraina è un importante esportatore di grano e la sua produzione è precipitata da quando la Russia ha invaso il paese.
Ciò ha causato un aumento dei prezzi globali del grano, sollevando forti preoccupazioni nei paesi che dipendono dalle sue esportazioni.
Lunedì, Yuliia Svyrydenko, il primo vice primo ministro ucraino, ha dichiarato alla BBC che la comunità internazionale dovrebbe creare un “passaggio sicuro” per consentire a milioni di tonnellate di grano bloccate in Ucraina di lasciare il paese.
Al recente World Economic Forum di Davos, David Beasley, direttore esecutivo del Programma alimentare mondiale dell’ONU, ha definito il blocco russo delle esportazioni alimentari dell’Ucraina “una dichiarazione di guerra alla sicurezza alimentare globale”.
Più di 400 milioni di persone si nutrono tradizionalmente con cibo prodotto in Ucraina. Se al blocco delle esportazioni si aggiungono i problemi dei fertilizzanti, la siccità, i costi dei generi alimentari e quelli del carburante, ecco che si profila, ha detto Beasley, “una tempesta infernale sulla terra”.
I prezzi del grano sono aumentati di nuovo all’inizio di maggio dopo che l’India ne ha vietato le esportazioni. Una decisione arrivata dopo che un’ondata di caldo nel paese che ha portato i prezzi interni a livelli record.
Con la siccità e le inondazioni che minacciavano i raccolti di altri grandi produttori, i commercianti di materie prime si aspettavano che le forniture dall’India compensassero parte della carenza dall’Ucraina.
Anche i prezzi dell’olio di palma sono aumentati nelle ultime settimane quando l’Indonesia, il principale produttore dell’ingrediente utilizzato in qualsiasi cosa, dagli alimenti trasformati al sapone, ha interrotto le esportazioni per tre settimane per abbassare i prezzi locali dell’olio da cucina. Il divieto è stato revocato lunedì.
Dalla precedente esperienza della crisi alimentare del 2007-2008, si prevede che sempre più paesi saranno in preda a questo nazionalismo alimentare, secondo Lee Kuan Yew della School of Public Policy di Singapore.
E questo aggraverà la crisi e l’inflazione dei prezzi alimentari.
Meno pessimista il professor William Chen della Nanyang Technological University di Singapore, convinto che le restrizioni all’esportazione siano solo temporanee.
“Altri paesi hanno imposto divieti all’export di prodotti alimentari, ma in seguito li hanno revocati”, ha detto Chen.
A riprova, spiega, dell’interconnesione della catena del valore alimentare, in virtù della quale nessun paese può davvero “bastare a se stesso per tutti gli alimenti necessari alla propria popolazione”.