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I lager degli Uiguri in Cina documentati da una grande inchiesta della BBC

I lager degli Uiguri in Cina documentati da una grande inchiesta della BBC

K metro 0 – Londra – E le chiamano “scuole”. Ma con l’educazione hanno poco a che vedere. In realtà, si tratta di “campi di rieducazione” dove la Cina ha rinchiuso più di 1 milione di uiguri e di altri gruppi etnici prevalentemente musulmani (e turcofoni) contro la loro volontà negli ultimi anni. Migliaia di

K metro 0 – Londra – E le chiamano “scuole”. Ma con l’educazione hanno poco a che vedere. In realtà, si tratta di “campi di rieducazione” dove la Cina ha rinchiuso più di 1 milione di uiguri e di altri gruppi etnici prevalentemente musulmani (e turcofoni) contro la loro volontà negli ultimi anni.

Migliaia di fotografie documentano l’esistenza di un sistema segreto di incarcerazione di massa nel Xinjiang (ufficialmente definita regione autonoma uigura). Dossier sottratti dai computer della polizia cinese locale, provenienti da un enorme deposito di dati hackerati, documentano l’esistenza di direttive di sparare e uccidere chi tenta di scappare.

E le frequenti accuse di terrorismo, in base alle quali molte altre migliaia di persone sono state rinchiuse in carceri vere e proprie, vengono smascherate come pretesto per un metodo parallelo di internamento.

La tesi ufficiale che i campi di rieducazione non sono altro che “scuole” è contraddetta dalle istruzioni interne della polizia, dai turni di guardia e dalle immagini mai viste dei detenuti.

I documenti trasmessi alla BBC forniscono alcune delle prove più evidenti fino ad oggi di una politica contro quasi ogni espressione di identità, cultura o fede islamica uigura e di una catena di comando che arriva fino al leader cinese, Xi Jinping.

La Cina è stata accusata di crimini contro l’umanità e di genocidio contro gli Uiguri e altri gruppi etnici prevalentemente musulmani nello Xinjiang.

I dossier di polizia dello Xinjiang, sono stati trasmessi alla BBC all’inizio di quest’anno. Dopo mesi per esaminarli e autenticarli, si può dimostrare che offrono nuove informazioni sull’internamento degli uiguri e di altre minoranze turcofone.

La loro pubblicazione coincide con il recente arrivo in Cina della Commissaria delle Nazioni Unite per i diritti umani, Michelle Bachelet, per una controversa visita nello Xinjiang, con i critici preoccupati che il suo itinerario resti sotto lo stretto controllo del governo.

I dati hackerati rivelano, con dettagli senza precedenti, l’uso da parte della Cina dei campi di “rieducazione” e delle carceri come due sistemi separati ma correlati di detenzione di massa per gli uiguri.

I principali gruppi per i diritti umani Amnesty e Human Rights Watch hanno pubblicato rapporti che accusano la Cina di crimini contro l’umanità.

Il governo cinese nega ogni accuse e dopo la pubblicazione dei dati degli archivi di polizia, ha affermato che la pace e la prosperità portate nello Xinjiang, come risultato delle sue misure antiterrorismo, sono state la migliore risposta a “ogni sorta di bugie”.

Negli ultimi decenni c’è stata una migrazione di massa di cinesi Han (la maggioranza etnica cinese) nello Xinjiang, presumibilmente orchestrata dallo Stato centrale.

La Cina è stata anche accusata di aver preso di mira le figure religiose musulmane e di aver vietato la libertà di culto e distrutto moschee e tombe. Ed oggi gli uiguri temono che la loro cultura sia minacciata di cancellazione.

Lo Xinjiang , ai confini con la Mongolia e il Kazakistan, è la regione più grande del paese, popolata da 12 milioni di uiguri. Non è sempre stata parte della Cina. Ma vive in quell’area da sempre, ha una propria lingua di origine turcofona e pratica principalmente la religione musulmana.

Xinkiang significa Nuova Frontiera, nome che gli fu dato quando la regione fu conquistata dall’impero cinese, a metà del 1700. Semplice colonia, fino alla fine del 1800, divenne poi una provincia dell’Impero. Con l’ascesa al potere del partito comunista, nel 1949, venne rinominata Regione Autonoma Xinkiang degli Uiguri.

Autonoma non lo fu mai, come non lo sono mai state la Mongolia interna e il Tibet, governate sempre da inviati da Pechino, e soggette a forti restrizioni da parte del governo centrale.

Nel 1953, gli Han (la razza padrona) erano soltanto il 6% della popolazione del Kinkiang. Nel 1982 eerano diventati già il 32%. Dal 2000 superano il 40%. Nonostante l’invasione, gli Uiguri hanno stentato a integrarsi con le logiche politiche imposte da Pechino e non solo linguisticamente e culturalmente, ma anche nell’aspetto fisico restano molto diversi dalla restante popolazione cinese, come dimostrano le numerose, straordinarie fotografie pubblicate nell’inchiesta della BBC.

Lo Xinjiang è una regione prevalentemente desertica e produce circa un quinto del cotone mondiale. I gruppi per i diritti umani hanno espresso preoccupazione per il fatto che gran parte dell’esportazione di cotone sia raccolta dal lavoro forzato e nel 2021 alcuni marchi occidentali hanno rimosso il cotone dello Xinjiang dalle loro catene di approvvigionamento.

Nel dicembre 2020, documenti acquisiti dalla BBC hanno mostrato che fino a mezzo milione di persone erano costrette a raccogliere cotone nello Xinjiang. Ci sono prove che nuove fabbriche sono state costruite all’interno dei campi di rieducazione.

Stati Uniti, Regno Unito, Canada e Olanda, hanno accusato la Cina di aver commesso un genocidio – definito dalla convenzione internazionale come “l’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso”.

Secondo alcuni rapporti, oltre a internare gli Uiguri nei campi, la Cina ha sterilizzato con la forza le loro donne, separando i bambini dalle loro famiglie e tentando di rompere le tradizioni culturali uigure.

Gli ultimi documenti di polizia (Xinjiang Police Files), dimostrano che, nel complesso, più di 1 milione di Uiguri e di altri gruppi turcofoni erano stati rinchiusi nei campi di rieducazione dal 2017.

Nel 2018, la BBC ha accertato che tutti i rapporti sulla situazione degli Uiguri nel Xinkiang erano stati rigorosamente controllati.

Il sentimento separatista anti-Han è cresciuto nel Xinjiang dagli anni ’90, a volte sfociando in violenze. Ma negli ultimi anni il dissenso è stato soffocato da una massiccia repressione.

Lo Xinjiang è ora coperto da una pervasiva rete di sorveglianza di polizia, posti di blocco e telecamere che scansionano qualsiasi cosa, dalle targhe ai singoli volti.

Molti vengono presi di mira per l’uso del cellulare, per aver ascoltato “lezioni illegali” o per non aver usato abbastanza i loro telefoni: un segno che l’utente sta cercando di eludere la sorveglianza digitale.

La Cina nega ogni accusa. In risposta alla pubblicazione degli archivi di polizia del Xinjiang, il portavoce del ministero degli Esteri cinese ha detto alla BBC che i documenti erano “l’ultimo esempio di propaganda anti-cinese per diffamare la Cina”.

Le autorità cinesi sostengono che la repressione nel Xinjiang è necessaria per prevenire il terrorismo e sradicare l’estremismo islamista e i campi sono uno strumento efficace per rieducare i detenuti nella sua lotta contro il terrorismo.

link: https://www.bbc.co.uk/news/extra/85qihtvw6e/the-faces-from-chinas-uyghur-detention-camps

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