K metro 0 – Parigi – E tre! Questa volta addio pesci. Per la terza volta, la Terra rischia di assistere a una nuova estinzione di massa, dopo quella avvenuta nell’era del Cretaceo, 65 milioni di anni, durante la quale, insieme alla scomparsa dei dinosauri, scomparve anche il 96% delle forme di vita. Ma questa
K metro 0 – Parigi – E tre! Questa volta addio pesci. Per la terza volta, la Terra rischia di assistere a una nuova estinzione di massa, dopo quella avvenuta nell’era del Cretaceo, 65 milioni di anni, durante la quale, insieme alla scomparsa dei dinosauri, scomparve anche il 96% delle forme di vita.
Ma questa volta, teatro di un’estinzione di massa saranno gli oceani, con l’estinzione di molte specie marine.
Lo sostiene uno studio appena pubblicato su Science, una delle più prestigiose riviste scientifiche internazionali, edita dall’American Association for Advancement of Science.
A spazzare via la vita sulla Terra, durante la catastrofe del Cretaceo, furono la caduta di un meteorite e le eruzioni dei vulcani. Ma adesso la responsabilità è degli esseri umani, che potrebbero scatenare un’apocalisse simile a quella dell’Era Mesozoica.
Gli autori dello studio, Justin Penn e Curtis Deutsch, hanno valutato il rischio di estinzione delle specie oceaniche in diversi scenari di riscaldamento globale.
E hanno concluso che se il global warming continuerà senza sosta, è probabile che gli ecosistemi marini in tutto il pianeta subiranno massicce estinzioni simili per dimensioni e gravità alla fine del periodo Permiano, noto come la Grande Moria (The Great Dyng), che causò la scomparsa di più di due terzi degli animali marini.
“Con l’accelerazione delle emissioni di gas serra, le perdite di specie dovute al solo riscaldamento e all’impoverimento dell’ossigeno… culmineranno in un’estinzione di massa che rivaleggia con quelle del passato della Terra”, scrivono gli autori.
Un evento che noi oggi viviamo al rallentatore, ma che potrebbe precipitare in un breve lasso di tempo, se i cambiamenti climatici non avranno una risposta rapida e drastica.
Questo è quello che succederebbe nello scenario peggiore, cioè con un riscaldamento globale di 4°C alla fine di questo secolo, paventato nell’ultimo rapporto IPCC (il Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico).
Con un global warming nei limiti dell’Accordo di Parigi (2°C), sarebbero a rischio circa il 4% delle specie marine oggi viventi. In ogni caso, però, le specie più a rischio estinzione sono quelle polari perché, semplicemente, non avrebbero altro posto dove andare per trovare un habitat vivibile (né avrebbero il tempo di adattarsi). “Ma la ricchezza biologica locale diminuisce di più ai tropici”, sottolinea lo studio di Science.
Siamo ancora in tempo, tuttavia, per evitare il peggio. Agire immediatamente contro il cambiamento climatico, fa la differenza. Anche se non può impedire che la 6° estinzione di massa, che è in corso, presenti il conto. “Invertire le tendenze delle emissioni di gas serra diminuirebbe i rischi di estinzione di oltre il 70% preservando la biodiversità marina accumulata negli ultimi circa 50 milioni di anni di storia evolutiva”.
Una conclusione, condivisa anche in un altro articolo, dagli scienziati Malin Pinsky e Alexa Fredston, della Rutgers University del New Jersey.
Prevenire la diffusa perdita di biodiversità e la sesta estinzione di massa è ormai “una priorità globale”.
“Se l’umanità affronterà il peggiore o il migliore degli scenari dipenderà dalle decisioni che le società prenderanno, non solo in merito al cambiamento climatico, ma anche alla distruzione degli ‘habitat’, alla pesca eccessiva e all’inquinamento delle coste”.
“Con un piano coordinato che affronta molteplici minacce, la vita oceanica come oggi la conosciamo ha maggiori possibilità di perpetuarsi, in questo secolo e oltre”.