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“Sillabario esistenzialista”: da Luigi Fenizi, un Decameron dei nostri tempi

“Sillabario esistenzialista”: da Luigi Fenizi, un Decameron dei nostri tempi

K metro 0 – Marche – Luigi Fenizi, scrittore e saggista marchigiano e romano “d’adozione”, funzionario direttivo emerito del Senato, collaboratore di varie testate, è già noto al pubblico anzitutto per vari saggi su autori e movimenti “controcorrente”, come Silone, Camus, il dissenso sovietico, e per penetranti “interviste immaginarie” ai grandi del passato. Esce, ora,

K metro 0 – Marche – Luigi Fenizi, scrittore e saggista marchigiano e romano “d’adozione”, funzionario direttivo emerito del Senato, collaboratore di varie testate, è già noto al pubblico anzitutto per vari saggi su autori e movimenti “controcorrente”, come Silone, Camus, il dissenso sovietico, e per penetranti “interviste immaginarie” ai grandi del passato.

Esce, ora, “Sillabario esistenzialista” (Roma, Scienze e Lettere, 2022, e. 15). Si tratta di 21 racconti brevi, ognuno dal titolo legato ad una delle 21 lettere dell’alfabeto, in preciso ordine (sull’esempio dei celebri “Sillabari” di Goffredo Parise). Al centro di ognuno di essi, l’imprevedibile, altalenante oscillare dei “leit – motiv” della vita umana: l’amore, certo, ma anche la morte, con gli eterni interrogativi sul “Dopo”, anzitutto sull’esistenza di Dio; la sofferenza, fisica e morale, il tolstoiano alternarsi di “Guerra e pace”, la pirandelliana solitudine degli anziani, l’impegno civile, la “noia” e la “nausea” già “care” agli esistenzialisti, il pavesiano “mestiere di vivere”. Troppi temi e troppi riferimenti, a troppi autori? No, perchè Fenizi – che ha adeguatamente assimilato tutti questi Autori – dipinge un grande affresco della vita umana in cui si richiama variamente a loro, ma senza mai lasciarsene condizionare: come rileva, nell’attenta postfazione al libro, la scrittrice e insegnante, anche lei marchigiana, Antonella Concetti.

Gli “eroi” e “antieroi” di Luigi – dal bambino africano che trascina la sua misera esistenza nell’inferno del Biafra fine anni ’60 a Faustino, l’anziano portiere d’uno stabile milanese cui è nato un figlio senza una manina, dall’imprenditore italiano che, nella Mosca anni ’70 di Breznev, non cade nella trappola della solita donna post-sovietica in cerca di marito a Bruno, ragazzo che nell’inverno del 1942, in una città del Nord Italia, sfugge alle attenzioni d’un vecchio, quanto acido, mutilato della “Grande guerra” – cercano, come Viktor Frankl, il senso della vita. Nell’amara consapevolezza che a volte, purtroppo, la vita si rivela anche priva di senso; e nell’altra consapevolezza che la storia, spesso, persa la sua “S” maiuscola, si riduce squallidamente – come già capito, a suo tempo, da autori pur diversissimi tra loro come Friedrich Nietzsche e James Joyce – a “merda e sangue”. Ma senza mai perdere, tutti questi personaggi, il richiamo, più o meno consapevole, a un “Bisogno assoluto di testimoniare” che ricorda veramente sia Ignazio Silone che Albert Camus, e, sull’opposto versante, Ezra Pound. in questo senso – più che nello stretto riferimento all’esistenzialismo novecentesco ,che pure non manca – va intesa la connotazione esistenzialista di questo libro di Luigi Fenizi. Che, con la sua galleria di personaggi in quotidiana lotta per la sopravvivenza, scrive, diremmo, anche un moderno Decameron: che dal grande Boccaccio riprende – anche con sana ironia – l’attenzione soprattutto per l’eterna, tragicomica, altalena della vita.

I racconti sono dedicati a tre grandi amici scomparsi dell’Autore. Tommaso, amico sin dall’infanzia con cui la vita è risultata ingiusta, Giuseppe Averardi, a lungo deputato e poi senatore del PSDI, giornalista e storico dalla costante ispirazione riformista (con Eugenio Reale. Michele Pellicani, Tomaso Smith e altri, già fra i transfughi dal PCI all’indomani del tragico 1956); e Luciano Pellicani, già direttore di “Mondoperaio”, intellettuale tra i più lucidi sostenitori delle ragioni del socialismo riformista contro le funeree realtà dei regimi del “Comunismo reale”.

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