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Libano siglato un accordo con il Fmi per sbloccare 3 miliardi di dollari

K metro 0 – Beirut – Il Libano e il Fondo monetario internazionale hanno raggiunto un accordo su un programma di riforme economiche per il paese colpito dalla crisi che potrebbe sbloccare circa 3 miliardi di dollari di finanziamenti in diversi anni. Un passo importante, dunque, arrivato dopo una visita di undici giorni di una

K metro 0 – Beirut – Il Libano e il Fondo monetario internazionale hanno raggiunto un accordo su un programma di riforme economiche per il paese colpito dalla crisi che potrebbe sbloccare circa 3 miliardi di dollari di finanziamenti in diversi anni.

Un passo importante, dunque, arrivato dopo una visita di undici giorni di una delegazione del Fmi conclusasi oggi a Beirut. L’accordo è tuttavia soggetto all’approvazione della direzione del Fmi e del comitato esecutivo, e da una serie di riforme che dovranno realizzare le autorità libanesi, tra cui la ristrutturazione del settore bancario crollato, il miglioramento dei meccanismi di trasparenza, e l’unificazione dei tassi di cambio multipli con la sterlina libanese in costante aumento.

Il Fondo monetario internazionale potrebbe così sostenere la ripresa economica della “Svizzera” del Medio Oriente con finanziamenti fino a circa 3 miliardi di dollari di diritti speciali di prelievo (DSP) per un periodo di 46 mesi. “Le autorità riconoscono difatti l’urgente necessità di avviare un programma di riforme su più fronti per affrontare queste sfide, riportare la fiducia e rimettere l’economia su un percorso di crescita sostenibile, con una maggiore attività del settore privato e la creazione di posti di lavoro”, ha detto il capo della delegazione del Fmi a Beirut Ernesto Ramirez Rigo.

Il vice primo ministro Saadeh Al Shami, che sta conducendo i negoziati con il Fmi, ha riferito ad Al Jazeera di essere ottimista sul fatto che il Libano attuerà tutte le riforme necessarie per il programma di recupero. Ha così chiesto la piena cooperazione tra tutte le parti per la ripresa dell’economia. “Il tempo è prezioso, e c’è molto da fare nei prossimi mesi; più tardiamo sulle riforme necessarie, più pesante sarà il prezzo che pagherà l’economia nazionale, e di conseguenza il popolo”.

L’economia libanese è di fatto impantanata in una crisi devastante dall’agosto 2019, dopo l’esplosione del porto che causò vittime e ferite, con la sterlina libanese crollata del 90% del suo valore, e più di tre quarti della popolazione finita in povertà. Insomma, un accordo con il Fmi è considerato vitale per il Libano per iniziare ad uscire da un tracollo economico e finanziario paralizzante che segna la sua crisi più destabilizzante dalla guerra civile del 1975-90. I funzionari libanesi stimano finora le perdite finanziarie totali nel settore bancario del paese a circa 69 miliardi di dollari.

Secondo la dichiarazione del Fondo monetario internazionale, le autorità libanesi hanno riconosciuto la necessità di implementare almeno otto riforme strutturali chiave affinché il consiglio possa considerare l’approvazione dei fondi. Le riforme includono: l’approvazione del bilancio nazionale del 2022; un audit forense della Banque du Liban, la banca centrale; la riforma delle leggi sul segreto bancario per combattere i crimini finanziari e migliorare la trasparenza; e la ristrutturazione delle banche del paese.

Nel frattempo, il bilancio statale 2022 è ancora in discussione alla Commissione finanze in Parlamento. Darwish ha affermato che il Parlamento potrebbe non ratificare il bilancio fino a dopo le elezioni generali del mese prossimo. I depositanti libanesi, i cui dollari statunitensi sono rimasti intrappolati nelle banche per due anni e mezzo, temono che il governo salvi le banche e faccia ricadere su di loro il peso delle perdite, un termine che chiamano “liraficazione”. “Il 90% dei libanesi possiede difatti non più del 20% dei depositi, mentre il 10% possiede l’80% dei depositi”, ha spiegato Darwish. “Penso che possano facilmente proteggere questo gruppo di piccoli depositanti”.

Riuscirà il Libano ad attuare le riforme richieste? I critici del governo e gli esperti sono scettici. Sami Zoughaib, un economista del think-tank The Policy Initiative, con sede a Beirut, ha descritto l’accordo come una “carta per uscire di prigione per le élite”, dopo decenni di corruzione e cattiva gestione finanziaria all’interno del suo fragile sistema settario di condivisione del potere. “Il sistema politico libanese nella sua forma attuale non sarà in grado di intraprendere le riforme critiche, poiché minerebbe le sue basi fondamentali, vale a dire gli interessi radicati delle élite e l’equilibrio dei poteri al suo interno”, spiega Zoughaib. L’economista crede che le élite libanesi sotto tiro useranno l’accordo per ottenere sostegno in vista delle prossime elezioni parlamentari del mese prossimo.

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