K metro 0 – Beirut – Quasi 245.000 libanesi che vivono all’estero hanno firmato per votare alle prossime elezioni politiche. Lo ha annunciato domenica il ministero degli Esteri, dopo la chiusura dei termini per la registrazione. Il voto previsto per il 27 marzo 2022 è visto da molti come un’occasione per liberare il paese, sprofondato
K metro 0 – Beirut – Quasi 245.000 libanesi che vivono all’estero hanno firmato per votare alle prossime elezioni politiche. Lo ha annunciato domenica il ministero degli Esteri, dopo la chiusura dei termini per la registrazione.
Il voto previsto per il 27 marzo 2022 è visto da molti come un’occasione per liberare il paese, sprofondato nella sua peggiore crisi finanziaria, dalla morsa dell’élite al potere.
Il ministero degli Esteri ha precisato inoltre che gli espatriati iscritti, entro i termini, per votare alle prossime legislative sono per l’esattezza 244.442: ben più del doppio dei quasi 93.000 che si erano registrati per le precedenti elezioni politiche del 2018, quando fu concesso per la prima volta il diritto di voto ai libanesi residenti all’estero.
Si tratta in fondo di un numero piccolo rispetto alla diaspora libanese, che secondo le stime rappresenta almeno il triplo dei 6 milioni di residenti del paese. Un piccolo numero chiamato a prender parte al voto per eleggere i 128 membri del parlamento, che potrebbe tuttavia diventare l’ago della bilancia dei nuovi equilibri politici.
Tant’è vero che mentre nel 2018 il voto agli espatriati era stato scarsamente pubblicizzato, questa volta gli attivisti dell’opposizione, in patria e all’estero, hanno organizzato campagne sui social media per chiarire le procedure di registrazione. E in alcune parti d’Europa, volontari hanno istituito centri di registrazione per aiutare i connazionali a registrarsi.
La diaspora libanese rappresenta un’incognita secondo gli analisti: potrebbe manifestare infatti un rifiuto dei partiti politici tradizionali del paese. Moltissimi espatriati hanno espresso solidarietà con la mobilitazione popolare che dall’autunno del 2019 attraversa le strade e le piazze delle città del Libano al collasso economico. (Una crisi che ha fatto anche un’altra vittima illustre: il “Daily Star”, il più antico quotidiano in lingua inglese del paese che è ha appena chiuso i battenti. Un altra voce indipendente, che si spegne).
La decisione del parlamento di anticipare al 27 marzo le elezioni previste per maggio, è anche frutto della pressione di diversi gruppi di opposizione. Ma già dopo l’esplosione del porto di Beirut nell’agosto 2020, molti dei principali partiti politici avevano spinto in questa direzione, considerandola l’unica via d’uscita dalla crisi.
Anche i due movimenti sciiti, Hezbollah e Amal, avevano proposto di anticipare le elezioni a marzo, ma si erano opposti al voto per gli emigrati all’estero.
Tra gli espatriati che si sono registrati per votare, il maggior numero (75.000) è residente in Europa, seguita dall’Asia (con 61.000 elettori) e dal Nord America (60.000).
Curiosamente, in America Latina, sede di una delle più grandi e antiche comunità della diaspora del Libano, solo 6.350 persone si sono registrate per il voto.
Le prossime elezioni politiche di marzo segnano il primo importante test elettorale dall’inizio della crisi finanziaria del 2019 attribuita al nepotismo e alla corruzione della classe dirigente libanese.
E cadono in un momento in cui quasi l’80% dei libanesi vivono al di sotto della soglia di povertà o combattono per sopravvivere con redditi scarsi, fra continue interruzioni di corrente e aumenti dei prezzi.
AFP