K metro 0 – Intervista ad Andrea De Maria, deputato PD di Fabrizio Federici. Emiliano (di Valsamoggia, vicino Bologna), ha iniziato a militare giovanissimo nel vecchio PCI, poi (1989- ’91) segretario provinciale per Bologna della Fgci e poi della Sinistra giovanile del neonato PDS, sino a diventare, nel ’95, sindaco di Marzabotto, e in seguito Vicepresidente
K metro 0 – Intervista ad Andrea De Maria, deputato PD di Fabrizio Federici.
Emiliano (di Valsamoggia, vicino Bologna), ha iniziato a militare giovanissimo nel vecchio PCI, poi (1989- ’91) segretario provinciale per Bologna della Fgci e poi della Sinistra giovanile del neonato PDS, sino a diventare, nel ’95, sindaco di Marzabotto, e in seguito Vicepresidente della Provincia di Bologna e successivamente Segretario bolognese dei DS e del PD, Andrea De Maria è uno dei deputati del PD più impegnati sul territorio. Dopo aver collaborato, nel 2006-’07, alla nascita del Partito democratico (nel quale è stato, sino al 2010, segretario per Bologna), nel 2013 è entrato alla Camera, diventando segretario del gruppo PD, e nel 2014 è stato nominato da Matteo Renzi responsabile della Formazione politica dei quadri del partito. A marzo scorso, confermato nelle ultime elezioni nel collegio uninominale di Bologna Città, è entrato nella presidenza del gruppo PD della Camera, divenendone tesoriere.
Onorevole De Maria, Lei è dal 2014 responsabile nazionale del PD per la formazione degli iscritti. Quali iniziative ha attualmente in corso, per facilitare una migliore preparazione dei quadri del partito, in una società che muta continuamente e dove, soprattutto, mutano fortemente anche i mezzi e le forme di comunicazione?
Il PD ha ripreso fortemente a curare la formazione politica dei suoi quadri con la segreteria Renzi, ed ora con quella di Martina. Riteniamo un’adeguata preparazione prima di tutto sul piano della cultura politica indispensabile, per costruire una classe dirigente (che rappresenta il PD nelle amministrazioni locali e nelle istituzioni) che sia rinnovata ma non improvvisata, e che sia radicata sul territorio del Paese, a contatto diretto con la gente e con un preciso senso della comunità. Tutto questo, anche per avvicinare persone nuove alla politica, in un impegno che nasce dalla condivisione di ideali comuni, di una visione e di una analisi condivisa della società e delle sfide del Partito Democratico.
Quali strutture oggi, nel PD, si occupano di tutto questo?
Abbiamo dato vita ad una Scuola nazionale di formazione politica, “Classe democratica”, che stiamo costruendo anche nelle regioni e nelle singole realtà territoriali, coinvolgendo migliaia di persone in questo programma, che possiamo definire di “Educazione permanente”. Di tutto questo si parlerà a fondo in un appuntamento nazionale il prossimo 30 settembre per poi partecipare tutti alla manifestazione nazionale a Roma quel pomeriggio.
Venendo al territorio, parliamo del dopo tragedia di Genova. A suo avviso, l’idea del governo Conte di revocare la concessione alla Società Autostrade, nazionalizzando in sostanza il settore, è valida o frutto d’una scelta emotiva e affrettata? Cosa si dovrebbe veramente fare?
Direi che il modo in cui il Governo sta affrontando il dramma di Genova purtroppo rientra pienamente nel modo di procedere di questa maggioranza, che anziché affrontare i problemi preferisce strumentalizzarli per fare propaganda, sentendosi perennemente in campagna elettorale. Non è nemmeno esatto, per il “Dopo Ponte Morandi”, parlare di possibile nazionalizzazione, perché oggi la rete autostradale è di proprietà pubblica: non è mai stata privatizzata, ma data in concessione appunto alla Società Autostrade. Ora, il ministro Toninelli dice che il ponte non lo ricostruirà Autostrade, ma non precisa chi lo farà e quando. Noi abbiamo ribadito in Parlamento la necessità che anzitutto la magistratura accerti pienamente le responsabilità del crollo, e chiesta la massima chiarezza su modi e tempi della ricostruzione. È il Governo che deve rispondere a quest’ interrogativo fondamentale, che gli pongono anzitutto i cittadini di quel comune e istituzionalmente il Comune di Genova e la Regione Liguria.
Altro forte problema del territorio italiano sono le periferie: dove il degrado, spesso (come del resto, anche negli altri Paesi europei), fa da incubatore ad emarginazione, criminalità, terrorismo. Lei si è impegnato anche su questo terreno, se non sbaglio…
Sì, ho presentato, insieme ad altri colleghi e con l’impegno di tutto il gruppo parlamentare del Partito Democratico, tre emendamenti volti a ripristinare, nel cosiddetto “Mille proroghe”, le risorse per il bando periferie. Sono emendamenti che rispondono alle giuste richieste dell’ANCI e delle amministrazioni dei Comuni italiani, di tutti i colori politici. Si tratta di progetti per opere pubbliche, già finanziati dal precedente Governo ed in corso di realizzazione, fondamentali per promuovere sicurezza, sviluppo e coesione sociale nelle periferie italiane. Questo Governo sinora ha assunto un atteggiamento negativo, grave e inaccettabile. Auspico che i deputati di tutti i gruppi politici sappiano rappresentare davvero gli interessi dei loro territori, quando il provvedimento, arriverà la prossima settimana, in Aula: votando per ripristinare i finanziamenti.
Economia: che prima valutazione si può dare del tanto discusso “Decreto dignità”?
Direi che il senso di questo decreto era soprattutto propagandistico. In realtà l’impianto resta quello della normativa precedente e uno dei primi effetti di questo provvedimento sarà, nelle scuole materne, il licenziamento, a giugno, di circa 5-6.000 docenti. Combattere la disoccupazione rendendo sempre più fiscalmente convenienti le assunzioni a tempo indeterminato, ecco cosa bisognerebbe fare.
Parlano poi tanto di vincoli europei ma il vero problema italiano, è il rapporto fra debito pubblico e PIL, che è doppio rispetto agli altri Paesi europei. Questo ci chiede grande prudenza nel governo dei conti pubblici. Continuando con la propaganda e l’improvvisazione si produrranno conseguenze gravi per la nostra economia, che, come al solito, pagheranno i ceti più deboli.
Nel partito, Lei si è occupato anche dell’organizzazione dei dibattiti della festa nazionale de l’Unità, che quest’ anno si sta svolgendo a Ravenna. Che bilancio si può trarre, oggi, di questo tipo di appuntamenti, in uso ormai da molti decenni, e, specificamente, della festa ancora in corso?
Su richiesta del segretario del partito, Martina, sono responsabile dei dibattiti alla festa nazionale dell’Unità di Ravenna, che si chiude il 10 settembre. Va detto anzitutto che a queste feste – che sino parte della mia vita sin da ragazzo, quando cominciai a lavorarci come volontario- partecipano tanti militanti tanti volontari, mettendoci tempo, impegno, passione. Il volto più bello della politica e della Democrazia. Poi, ai dibattiti, quest’ anno abbiamo invitato interlocutori delle diverse realtà della società, anche critici nei nostri confronti, per discutere insieme delle priorità del Paese.
E poi abbiamo guardato molto all’Europa e al Mondo. Con ad esempio l’ex-presidente Uruguayano Mujica il Premier portoghese, Costa, il commissario dell’UE Timmermans. Infine, abbiamo chiamato esponenti delle altre forze politiche, sempre a confronto con dirigenti del PD. Per noi un Partito sicuro delle sue ragioni non teme il confronto con gli altri, anzi ne fa un elemento di forza e credibilità democratica. La Festa nazionale di Ravenna sta andando molto bene da tutti i punti di vista. E voglio prima di tutto ringraziare quella Città ed il Partito Democratico di Ravenna.
E in Europa, da qui alle elezioni dell’Europarlamento di maggio prossimo, quale può essere il progetto vincente per contrastare le forze euro scettiche e è populiste, quantomeno impedire che possano avere la maggioranza assoluta a Strasburgo e rimettere in discussione tutta l’architettura dell’edificio comunitario?
Le prossime elezioni europee saranno davvero un punto chiave della storia dell’Europa, molto più che in passato. Tutte le forze politiche dovranno impostare la campagna sui temi europei, senza ridurre quest’ appuntamento – come spesso è stato – a una sorta di “surrogato” delle elezioni italiane. C’è oggi, in Europa, inutile nascondercelo, un forte movimento sovranista, con la Lega di Salvini come punto di riferimento. Noi, come partito che fa parte della grande famiglia del PSE, il Partito del Socialismo Europeo, dobbiamo contrastare con forza questi partiti, in nome della prospettiva opposta. Che non è – attenzione – la difesa a spada tratta dell’attuale sistema istituzionale europeo, obbiettivamente debole, fragile, spesso inefficiente: ma l’idea di riformare l’architettura istituzionale della UE rendendola capace di fare politiche sovranazionali nuove, autenticamente democratiche, che possano incidere in meglio sulla vita quotidiana dei cittadini. Rilanciare quindi l’idea dell’unità politica del nostro continente, verso gli Stati Uniti d’ Europa. È evidente che, se oggi, l’Europa tornasse a dividersi in più Stati completamente sovrani e negli egoismi nazionali le conseguenze sarebbero disastrose: quando Salvini predica la divisione della UE, in realtà va contro gli interessi nazionali dell’Italia. Si tratta, invece, di unire tutte quelle forze che vogliono veramente l’unità politica dell’Europa e l’Europa sociale, per un socialismo europeo che si unisca con tutti i riformisti e gli europeisti da Macron a Tsipras. In questo il ruolo del PD, che ha unito in un progetto comune le grandi culture popolari e riformiste che hanno costruito la democrazia italiana, può e deve avere un ruolo fondamentale.