K metro 0 – Roma – “Si tratta di investire nella nostra più grande fonte di forza, le nostre alleanze, e aggiornarle per affrontare meglio le minacce di oggi e di domani. Si tratta di connettere gli alleati e i partner esistenti dell’America in modi nuovi e di amplificare la nostra capacità di collaborare riconoscendo
K metro 0 – Roma – “Si tratta di investire nella nostra più grande fonte di forza, le nostre alleanze, e aggiornarle per affrontare meglio le minacce di oggi e di domani. Si tratta di connettere gli alleati e i partner esistenti dell’America in modi nuovi e di amplificare la nostra capacità di collaborare riconoscendo che non esiste un divario regionale che separi gli interessi dei nostri partner dell’Atlantico e del Pacifico”. Lo ha affermato il Presidente USA Joe Biden.
Quanto deciso da pochi giorni con il patto trilaterale di sicurezza e difesa Australia, Regno Unito e Stati Uniti (AUKUS) potrebbe essere definito come il primo passo verso il futuro di un Occidente che per effetto della globalizzazione e degli eventi geopolitici (CV19 e Afghanistan) appare oggi più un “insieme” per valori globali condivisi che una dimensione geografia.
Si potrebbe ipotizzare che nella strategia americana, da adesso, le coalizioni di potere reale forniranno una nuova forma di deterrenza e difesa da mostrare al mondo per bilanciare, anche solo in parte, la disfatta prima diplomatica e poi militare sull’Afghanistan. AUKUS sta permettendo a Biden di spostare l’attenzione dalla disastrosa fine di una delle “guerre senza fine” dell’America, alla prevenzione della guerra futura insieme a “alleati per sempre”.
Un’altra cosa è chiara: c’è molto di AUKUS che non è ancora chiaro (forse non lo sarà mai) e non è di dominio pubblico. Quello che è confermato è che l’America fornirà all’Australia otto sottomarini d’attacco a propulsione nucleare (SSN) che sostituiranno i dodici sottomarini a propulsione diesel di classe Attack/Barracuda costruiti nell’ambito di un contratto con i francesi. Il costo per Canberra della rottura del contratto del 2016 con i francesi che valeva circa 50 miliardi di dollari australiani (circa 31 miliardi di euro) sarà di circa 2 miliardi di dollari australiani. In effetti, il programma era già in grossi guai perché” a Parigi c’è chi faceva circolare la voce: “Il governo australiano aveva perso fiducia nella capacità francese di consegnare i sottomarini in tempo. Non abbiamo svolto bene il lavoro”.
Anche la politica australiana e le sue “esigenze strategiche” sono cambiate notevolmente dal 2016, quando era stato firmato il contratto. Di fronte alla crescente forza sottomarina cinese, l’Australia è stata costretta a superare le preoccupazioni politiche sull’uso dei sottomarini a propulsione nucleare perché’ le distanze coinvolte nell’operare nell’Indo-Pacifico sono enormi, rendendo la capacità di lunga navigazione senza necessità di rifornimento un requisito vitale per la Royal Australian Navy (RAN), che ha la necessità di condurre operazioni di sorveglianza, non palese, nei pressi dei porti cinesi. In sintesi i sottomarini francesi non erano utili alle future strategie australiane.
I francesi non l’hanno presa bene e il ministro degli Esteri francese ha dichiarato: “È davvero una pugnalata alle spalle”. Avevamo instaurato un rapporto di fiducia con l’Australia, questa fiducia è stata tradita”.
Per gli americani, AUKUS è l’inizio di un nuovo capitolo nella mutevole strategia globale costruita sulla necessità di mantenere sia la deterrenza sia una credibile forza di difesa a largo raggio in tutto il mondo. In Europa, nonostante tutti i suoi travagli, la NATO rimane il centro decisionale per coordinare con gli europei una forma di difesa che sia credibile e possa oggi ridurre gli “oneri” statunitensi. La condivisione di questi “oneri” e spese sarà uno dei grandi temi del prossimo Concetto Strategico della NATO. Per la maggior parte degli europei, compresi i francesi, le rispettive difese nazionali sono rafforzate dalla presenza americana, riducendo così (per i paesi europei, Italia compresa) sia il rischio sia il costo di una difesa interamente europea. La NATO, da sempre, rafforza e rappresenta anche la legittimità della leadership americana per la difesa della democrazia nel mondo.
Oggi l’Australia è una “potenza media” importante e strategicamente situata con legami lunghi e fidati sia con gli Stati Uniti sia con la Gran Bretagna. Dato che ogni altro aspetto della vita moderna viene globalizzato, lo sono anche la sicurezza e la difesa e AUKUS fa parte di quel processo. In effetti, Australia e Gran Bretagna diventeranno perni per la proiezione di potenza americana e due basi logistico/organizzative sia dell’Atlantico sia del Pacifico. Ciò contribuirà anche a mantenere credibile la strategia politica di sicurezza nazionale USA agli occhi, in prima battuta, dell’opinione pubblica interna sfiduciata dal fallimento afghano e anche dei possibili avversari all’estero.
Tra tutte le tensioni tra Londra e Parigi negli ultimi giorni si può notare anche che, nonostante la cancellazione di un incontro tra il ministro della Difesa francese, Parly e il suo omologo britannico Wallace, Parigi non ha ritirato il suo ambasciatore da Londra e comunque ha accusato la Gran Bretagna di opportunismo. Naturalmente, la vera motivazione per cui la Francia sta percorrendo una linea non intransigente con Londra è che il rapporto militare e industriale-difesa tra Gran Bretagna e Francia rimane di vitale importanza per entrambi i paesi e deve essere preservato per il futuro. Parigi ha, quindi, solo ritirato polemicamente gli ambasciatori da Washington e Camberra. Non va infine dimenticato che Gran Bretagna e Francia collaborano positivamente anche nel Consiglio di sicurezza dell’ONU e, di solito, sono in linea con le scelte USA.
C’è chi pensa che con la presidenza francese dell’UE che inizierà a gennaio, Parigi sosterrà la necessità di un’autonomia strategica europea sulla scia del fallimento in Afghanistan e della creazione dell’AUKUS. Parigi ha ragione sulla necessità di una maggiore autonomia strategica europea perché un’Europa con maggiore capacità difensiva è vitale per il futuro sia dell’UE sia della NATO. Qualunque cosa accada nelle prossime elezioni federali tedesche, sembrano poche le possibilità che Berlino diventi presto un attore strategico di difesa degno del suo potere economico, e nessun altro stato europeo, compresa l’Italia, ha un particolare desiderio di sostenere le ambizioni francesi dopo la crisi economica causata dalla pandemia da virus di Wuhan.
Altra cosa importante è la crescente capacità di proiezione della potenza militare marittima della Cina Popolare, che sta cambiando non solo la geopolitica globale, ma anche la forma e la struttura stessa delle alleanze, delle coalizioni e dei regimi occidentali. La Marina dell’Esercito di Liberazione del Popolo (PLAN) ha ora più navi della Marina degli Stati Uniti (USN) anche se la qualità e la capacità d’impiego sono a favore USA, ma a differenza degli americani, la stragrande maggioranza della forza cinese è concentrata nell’Indo-Pacifico orientale. La competizione strategica tra Stati Uniti e Cina Popolare nell’Indo-Pacifico sarà la competizione geopolitica che caratterizzerà il ventunesimo secolo e AUKUS è il primo vero passo nel riallineare la strategia occidentale guidata dagli americani con dimostrazione di potere e capacita di deterrenza. Infatti, finché la Cina rimarrà bellicosa e prepotente minacciando, ad esempio, la democratica Taiwan, bisogna evitare che altri paesi siano tentati di allearsi con Pechino. AUKUS, anche se discutibile e non apprezzato da molti, è quindi il prodotto di un cambiamento in cui proprio il variare della strategia interagisce con la geopolitica, la storia dell’Indocina e persino la cultura asiatica. Tornando, infine, ai sottomarini va evidenziato che quello nuovo da attacco nucleare cinese (Type 095) potrebbe essere il naviglio più efficiente che Pechino abbia mai schierato. L’Australia ha bisogno di una capacità contro-sommergibile in grado di eguagliarlo e ha agito di conseguenza.
Pare proprio che “Si vis pacem, para bellum” valga anche in Oceania.
Generale Giuseppe Morabito
Membro del Direttorio della NATO Defence College Foundation