K metro 0 – Beirut – La morsa si stringe intorno a Riad Salameh. In carica dal 1993 e sopravvissuto a undici governi, il capo della Banca centrale del Libano, è stato sempre considerato intoccabile. Ma ultimamente la sua immagine si era affievolita poiché ritenuto il responsabile dei magheggi finanziari che hanno fatto precipitare il
K metro 0 – Beirut – La morsa si stringe intorno a Riad Salameh. In carica dal 1993 e sopravvissuto a undici governi, il capo della Banca centrale del Libano, è stato sempre considerato intoccabile. Ma ultimamente la sua immagine si era affievolita poiché ritenuto il responsabile dei magheggi finanziari che hanno fatto precipitare il Libano nella peggiore crisi economica della sua storia.
La Francia ha aperto un’indagine sulla sua ricchezza personale. E ora sulla sua testa pende il sospetto di associazione a delinquere e riciclaggio di denaro, come ha rivelato una fonte giudiziaria a seguito di una analoga iniziativa della Svizzera.
“La Svizzera lava più bianco”, recita il titolo di un famoso libro del sociologo elvetico Jean Zigler, che denunciava il riciclaggio di soldi sporchi provenienti da tutto il mondo nel suo paese.
E probabilmente Salameh, ex banchiere di Merryl Linch, e padrone della cassaforte della piccola “Svizzera del Medio Oriente”, aveva pensato bene di trasferire le somme sottratte alla banca centrale libanese nei sicuri forzieri elvetici.
Così con vari metodi di lavaggio, secondo il procuratore federale Joël Pahud, avrebbe accumulato in banche svizzere la bella somma di 50 milioni di dollari. In Svizzera, inoltre avrebbe fatto grossi investimenti immobiliari (a Ginevra e Morges)
Salameh era stato più volte accusato dal governo del primo ministro ad interim Hassan Diab di essere responsabile del crollo della sterlina libanese, la cui svalutazione inizia nel settembre del 2019, quando sul mercato comincia a scarseggiare il dollaro. Ancorata al biglietto verde con un cambio fisso di 1515 lire libanesi per un dollaro, la sterlina libanese è schizzata, sul mercato nero, fino a 15.000 lire e oggi fluttua fra le 12 e le 13mila lire. Pur essendo ancora agganciata al dollaro a un tasso nominale del 1.515 lire.
L’opinione pubblica libanese sospetta che lui e altri alti funzionari abbiano trasferito denaro all’estero durante una rivolta del 2019, quando alla gente comune è stato impedito di farlo. Nel 2019 le banche hanno infatti semicongelato i conti, impedendo i trasferimenti internazionali e fissando un cambio di 3.900 lire libanesi per i limitatissimi prelievi in dollari.
Da allora il Libano è stato colpito da una crisi economica che, secondo la Banca Mondiale, è una delle peggiori dal XIX secolo.
Vicino alla potente famiglia Hariri, Salameh è da mesi indagato in Svizzera con l’accusa di grave riciclaggio di denaro sporco e appropriazione indebita.
Possiede anche diverse proprietà in Francia e potrebbe aver trasferito denaro attraverso questo paese. Una delle denunce penali che hanno spinto i pubblici ministeri francesi a intervenire è arrivata dalla fondazione svizzera Accountability Now, secondo “Le Monde”.
Un altra è stata presentata dal gruppo anti-crimine finanziario Sherpa e dal Collettivo delle vittime di pratiche fraudolente e criminali in Libano, costituito da risparmiatori devastati dalla crisi post-2019.
L’iniziativa francese segna l’inizio di “una mega inchiesta universale in tutta Europa”, secondo William Bourdon e Amelie Lefebvre, avvocati di Sherpa e del collettivo di risparmiatori.
“Saranno esaminate enormi operazioni di riciclaggio di denaro, che dovrebbero aprire ogni anfratto della mafia che ha messo in ginocchio il Libano”, sperano.
La loro denuncia penale accusa Salameh e le persone a lui vicine – suo fratello Raja, suo figlio Nadi, un nipote e un assistente della banca centrale – di aver costruito in modo fraudolento una vasta fortuna in Europa.
Le associazioni dei risparmiatori sollecitano la magistratura a indagare su una massiccia fuga di capitali dal Libano dall’inizio della crisi, come pure su acquisti di proprietà sproporzionati rispetto al reddito degli acquirenti e al ruolo svolto da intermediari finanziari, paradisi fiscali e prestanomi.
Basandosi soprattutto sui rapporti del sito libanese Daraj.com e dell’Organized Crime and Corruption Reporting Project, i querelanti ritengono che la ricchezza totale mondiale di Salameh ammonti a più di 2 miliardi di dollari.
Lui contesta questa cifra, sostenendo che le sue partecipazioni derivano da eredità, dalla sua carriera bancaria e da investimenti legittimi da quando è entrato in carica nel 1993.
L’indagine dei pubblici ministeri francesi è l’ultima di una serie di inchieste su “guadagni illeciti” di leader stranieri, in particolare dall’Africa o dal Medio Oriente.
(AFP)