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La “deforestazione incorporata”. Il triste primato della Germania

La “deforestazione incorporata”. Il triste primato della Germania

L’Unione europea è il secondo più grande distruttore di foreste al mondo. E la Germania è la prima in classifica in Europa. E’ quanto emerge da un recente rapporto del WWF K metro 0 – Berlino – “Quanta foresta avete mangiato oggi?”. Non è uno scherzo, né una domanda stravagante quella che pone il WWF

L’Unione europea è il secondo più grande distruttore di foreste al mondo. E la Germania è la prima in classifica in Europa. E’ quanto emerge da un recente rapporto del WWF

K metro 0 – Berlino – “Quanta foresta avete mangiato oggi?”. Non è uno scherzo, né una domanda stravagante quella che pone il WWF nel suo ultimo Report sulla deforestazione.

Sì, perché le stragi di alberi nel mondo c’entrano qualcosa, anzi parecchio, con quel che mangiamo. La “deforestazione nel piatto”, potremmo definirla. I nostri consumi di carne, soia, olio di palma, caffè, cacao, sono tra le maggiori cause della distruzione delle foreste.

Affinché i clienti dei supermercati europei possano acquistare questi prodotti, intere foreste vengono infatti sacrificate in altre regioni del mondo. Ogni anno, per la riconversione in terreni agricoli, si fa strage di alberi e vegetazione. E sono proprio i consumi dei cittadini europei a causare il 10% della deforestazione globale.

Fra il 2005 il 2017, precisa il rapporto del WWF, il 16% della deforestazione nelle regioni tropicali in tutto il modo è stato causato dalle importazioni della UE. Ogni anno sono sparite, recentemente, aree la cui superficie è pari a quattro volte quella del grande Lago di Costanza, ai confini tra Svizzera e Germania.

Nella “classifica mondiale” dei distruttori di alberi, l’Unione Europea figura al secondo posto, dietro la Cina (24%) e davanti a India (9%) e USA (7%). E all’interno dell’UE, in cima alla lista c’è la Germania.

Tra i prodotti “a più alto contenuto di deforestazione” derivante dalle importazioni dell’UE c’è soprattutto la soia e poi l’olio di palma per la cui coltivazione sono state abbattute principalmente le foreste del Sud America e del Sud-est asiatico. Seguono la carne bovina, cacao e caffè e prodotti legnosi ricavati da piantagioni.

Secondo il rapporto, il disboscamento non è solo evidente negli ecosistemi lontani dall’Europa, ma influisce anche sul clima globale. L’UE ha causato indirettamente 116 milioni di tonnellate di emissioni di CO2 nel 2017. Ciò corrisponde a più di un quarto delle emissioni da agricoltura e allevamento dell’UE nello stesso anno. Ma queste emissioni indirette non sarebbero incluse nelle statistiche sulle emissioni dirette di gas serra.

Una nota consolante è che il rapporto mostra anche che l’UE ha ridotto del 40% la distruzione indiretta delle foreste causata dalle importazioni tra il 2005 e il 2017. Nel 2005 la quota dell’UE era ancora pari al 31% a livello mondiale. E fino al 2013 l’Europa occupava il primo posto nella “classifica mondiale dei distruttori di foreste”.

In alcuni casi, gli impegni volontari di aziende e governi avrebbero ottenuto qualche risultato. Ma l’obiettivo dichiarato dall’UE di fermare la deforestazione entro il 2020 non è stato raggiunto.

A questo scopo, bisognerebbe stabilire regole vincolanti per le aziende e il settore finanziario, che prevedano la tracciabilità dei prodotti importati e la trasparenza delle catene di approvvigionamento.

È importante inoltre rimettere in discussione, se necessario, le regole dei paesi esportatori perché, secondo le leggi locali, lo sdoganamento può apparire abbastanza legale.

L’era della distruzione della natura, deve finire, perché, ha spiegato Christine Scholl, responsabile delle filiere sostenibili del WWF, gli ecosistemi naturali come le foreste sono la nostra assicurazione sulla vita. Ed ha aggiunto che “le derrate che sbarcano sul mercato europeo non devono essere prodotte a scapito della natura e dei diritti umani”.

Ma il WWF non vuole che la responsabilità di ridurre l’entità del disboscamento sia messa sulle spalle dei consumatori. Va invece accertato che quel che finisce nei nostri piatti non sia legato alla distruzione del pianeta o alla violazione dei diritti umani, ha affermato Anke Schulmeister-Oldenhove, uno degli autori autore principale del rapporto del WWF.

Al di là di tutto, dovremmo comunque cominciare a interrogarci sui nostri consumi – per esempio di quello della carne – e sulle loro conseguenze.

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